Federico Fubini
L’anno scorso Joerg Kukies è entrato nel governo tedesco direttamente da Goldman Sachs, che dirigeva in Germania e Austria, per diventare numero due nel ministero delle Finanze. Kukies, a 51 anni, rappresenta una nuova generazione di dirigenti tedeschi pragmatici e convinti che Berlino non abbia interesse a distribuire lezioni al resto d’Europa. Neanche ora che dall’Italia si chiede una revisione delle regole sui conti pubblici. La Germania, pensa Kukies, ha i propri problemi da risolvere e le proprie proposte per l’Europa. Quanto è grave la frenata tedesca? «Di certo c’è nell’export: paghiamo le guerre commerciali e la vicenda Brexit — dice Kukies in una pausa del Forum Ambrosetti — Ma il settore domestico tiene bene, con l’occupazione ai massimi. Gli accordi salariali stanno sostenendo il potere d’acquisto. Anche il governo sta compiendo uno sforzo: ha ridotto le tasse e dato accesso libero all’università pubblica perle famiglie a basso reddito, ha reso gratuita la scuola materna. L’idea che non sosteniamo abbastanza la crescita non è corretta». Il problema della Germania è passeggero o ha cause più profonde? «Non credo sia così biancoonero. C’è un aspetto ciclico che ha a che fare con il commercio estero. Poi c’è un lato strutturale. L’industria dell’auto ha di fronte una transizione tecnologica; il Paese sta abbandonando il nucleare nel 2022 e il carbone nel 2038; nel frattempo l’industria bancaria è in trasformazione. Sono settori dai un milione di posti». Non sarebbe il caso di aumentare gli investimenti pubblici per aiutare la domanda? «Prima di tutto, le nostre leggi di bilancio hanno aumentato gli investimenti del 6,5% l’anno scorso e del 7% quest’anno. E poi dobbiamo avere un po’ di realismo su ciò che possiamo fare. Siamo già al limite della capacità produttiva, con la piena occupazione. Se aumentiamo gli investimenti in lavori pubblici troppo in fretta,rischiamo di arrivare a dei colli di bottiglia». Sergio Mattarella chiede che l’Ue riformi il patto di stabilità. Che ne pensa? «Non sono sicuro che il difetto del patto di stabilità sia una mancanza di flessibilità. La permette, e ne è stata applicata molta. Alcuni in Germania direbbero persino troppa. Prevedere nuove eccezioni per gli investimenti rischia di rendere le regole di bilancio più complicate, quando ci sarebbe bisogno di semplificarle. Ciò detto, la qualità della finanza pubblicaèqualcosa da valutareec’è ragione di cercare di spostare la spesa su voci o riforme che aumentano il potenziale di crescita: l’istruzione o il sostegno a misure che accorcino i tempi della giustizia». Cosa si aspetta dal nuovo governo ? «Non tocca a me giudicare, ma sono felice per Roberto Gualtieri (il nuovo ministro dell’Economia, ndr). È davvero un caro amico. Abbiamo lavorato insieme quando era presidente del comitato economico e finanziario dell’Europarlamento e si è dimostrato molto competente ed efficace». Si parla di un’Europa più «muscolare» per resistere in un mondo segnato dal sovranismo di Stati Uniti e Cina. Le pare abbia senso? «All’Europa è sempre convenuto parlare con una voce sola. Perché l’Unione divenga più muscolare però dobbiamo fidarci che le sue istituzioni difendano i nostri interessi. Dobbiamo anche essere aperti e multilaterali all’interno dell’Unione stessa». Che intende dire? «Non prendiamoci in giro: ci chiediamo perché non abbiamo una Google o un’Amazon europea, ma non ce l’avremo mai finché il mercato finanziario è così frammentato su linee nazionali. Ci serve un’unione del mercato dei capitali per gli investimenti azionari o non colmeremo mai il ritardo. Come Ue abbiamo un’economia grande più o meno come gli Usa e un mercato azionario che, messo insieme, vale un quarto». Quali passi servono? «Dobbiamo completare l’unione bancaria con un approccio più attivo per ridurre i rischi nei bilanci, con un’assicurazione comune sui depositi, un regolatore europeo del mercato dei capitali e regime fallimentare comune».