Giovanna Vitale
«Sull’immigrazione vedo troppe timidezze. Un’ambiguità di fondo che non riguarda solo Conte, bensì una parte rilevante del Pd: mi sembra stia prevalendo l’idea che la discontinuità sia una scelta impopolare. Ma una grande forza politica non rinuncia ai propri principi perché impopolari, semmai fa una battaglia per farli diventare popolari». Di fronte agli ultimi casi di navi Ong costrette a vagare nel Mediterraneo — la Alan Kurdi svuotata solo nel pomeriggio grazie a un’intesa con Malta, la Ocean Viking che continua navigare in area Sar libica con 84 profughi a bordo — Matteo Orfini ha deciso di non tacere. E di lanciare un allarme sulla vaghezza degli impegni assunti dai giallo-rossi, di cui non si conoscono né tempi né modalità di attuazione, per smontare «gli atti disumani» dell’ex ministro leghista. Segno di un malessere che, sotto la cenere del potere ritrovato, seguita a covare nell’ala sinistra della nuova maggioranza. Che il segretario Nicola Zingaretti cercherà di placare a sera: «La Ocean Viking per me deve entrare, senza se e senza ma» ha tagliato corto in tv il leader dem. «Cacciare Salvini e tenersi le sue politiche non mi pare geniale », aveva twittato al mattino Orfini, chiedendo al governo di aprire i porti e «correggere questo errore». Per nulla tranquillizzato dall’appello lanciato dal premier in Senato: «Chiedo a tutte le forze politiche di evitare di concentrarci ossessivamente sullo slogan porti aperti-porti chiusi», aveva esortato Conte, riepilogando la strategia messa a punto dai demo- stellati per sterilizzare le leggi salviniane. Ovvero, stringere accordi bilaterali con i paesi di origine e di transito per contrastare i flussi clandestini e rafforzare i rimpatri; modificare il trattato di Dublino per una più equa distribuzione dei nuovi arrivi; rivedere i decreti sicurezza in base ai rilievi del capo dello Stato. «Un elenco di buone intenzioni, per lo più generiche, e non si parla più di abrogazione», insiste però Orfini. «Dinnanzi alla barbarie degli ultimi 14 mesi sarebbe servito più coraggio. Dire la verità: non c’è nessuna invasione, salvare vite in mare è un dovere, le Ong non sono nemici».
Parole mai pronunciate dal premier. E nemmeno dai vertici dem. Pronti tuttavia a bollare la polemica come «prematura». Intanto «il governo deve ancora essere completato: solo dopo la nomina dei sottosegretari si potrà iniziare a lavorare all’attuazione del programma, di cui i migranti — proprio perché non c’è emergenza — sono solo uno dei punti. Prima vengono il lavoro, la manovra, la crescita », elencano al Nazareno. E poi adesso al Viminale non c’è più Salvini, bensì la prefetta Luciana Lamorgese: una garanzia per tutti. «Mi pare che siamo in buone mani», ha confermato non a caso ieri il neo-ministro grillino allo Sviluppo Stefano Patuanelli. «Il nostro obiettivo è modificare l’impostazione data finora alle politiche sull’immigrazione, ma va fatto un passo per volta». Abiurare, in fondo, richiede tempo.
E c’è pure dell’altro. «I decreti sicurezza non obbligano il ministro dell’Interno a chiudere i porti e a negare l’approdo dei profughi, glielo consentono soltanto, di concerto con i titolari di Trasporti e della Difesa », precisa Marina Sereni, responsabile migranti del Pd. «Una possibilità di cui Salvini ha abusato». Difficile da replicare con la nuova maggioranza: ora alla guida di quei ministeri-chiave ci sono Paola De Micheli e Lorenzo Guerini. Elisabetta Trenta è fuori, Danilo Toninelli “degradato” a senatore semplice. Conta perciò poco che lui non abbia cambiato idea: «Faremo rispettare le regole», ha più volte ribadito a m argine del dibattito sulla fiducia. Anzi. L’orizzonte indicato dal capogruppo dem alla Camera, Graziano Delrio, è ancora più ambizioso: «Mettere mano, come previsto dal programma, a una nuova legge quadro che superi la Bossi-Fini, persegua la lotta all’immigrazione clandestina e affronti i temi dell’integrazione ». Ma bisogna avere fede. Come diceva il vecchio saggio: chi vivrà vedrà.
Matteo Orfini e Graziano Delrio sulla Sea Watch 3