Giovanni Belardelli

Il governo nella nota aggiuntiva al Def ha promesso una seria lotta all’evasione fiscale. Ma ci possiamo credere? I dubbi paiono ampiamente giustificati alla luce del fatto che questo obiettivo è stato presente in tutti i programmi di tutti gli esecutivi, ogni volta però con risultati scarsi o nulli. È diventato così un elemento cardine, più che dell’azione effettiva di un governo, della sua retorica politica, non diversamente dalla spending review o dalle privatizzazioni. Ilrischio che anche questa volta la storia si ripeta sembra confermato dalla stessa, poco credibile cifra che il governo Conte ha inserito tra le entrate del prossimo anno come frutto del contrasto all’evasione: oltre 7 miliardi di euro, una cifra che ricordaifantastilioni del Paperino di Disney. Se finisse così anche questa volta, con la lotta all’evasione utilizzata soprattutto per coprire (per lo più sulla carta) con entrate presunte delle spese effettive, sarebbe davvero un peccato, poiché la discussione e le proposte circolate negli ultimi giorni o settimane sembravano indicare un largo consenso — anche dell’opinione pubblica—attorno a qualche soluzione tecnica sulla quale il nuovo esecutivo intenderebbe puntare con decisione. Si era inizialmente parlato di tassare in qualche modo i prelievi di contante oltre una certa cifra, ma la misura — in cui, nonostante l’avesse inizialmente presentata il Centro studi di Confindustria, si percepiva l’eco di un certo giustizialismo grillino — sembra sia stata saggiamente accantonata: avrebbe infatti tassato del denaro onestamente guadagnato solo per la forma materiale che esso veniva ad assumere. Molto si intenderebbe puntare invece, sulla scia dei buoni risultati prodotti dalla fatturazione elettronica, sull’incremento dei pagamenti con carte/bancomat per contrastare transazioni e redditi sottratti al Fisco. In questi casi c’è sempre chi grida al pericolo di una limitazione della nostra libertà ed evoca lo Stato di polizia. Ma non è un’obiezione seria, visto che la maggior parte dei Paesi europei usa tranquillamenteemolto più di noi i pagamenti elettronici anche per importi minimi (a chi scrive è appena capitato di stare un’intera settimana in Svezia senza aver cambiato, e neppure mai visto come son fatte, le corone svedesi). Ma forse, in tema di evasione, sarebbe anche necessaria una vera discussione che andasse oltre le misure tecniche e la necessità di far quadrare i conti della legge di bilancio in un modo tanto facile quanto poco verosimile. La questione infatti non riguarda soltanto le casse dello Stato, bensì la qualità della vita associata, il patto implicito di cittadinanza che ne è a fondamento. Da tempo una parte degli italiani ha la sensazione che un’altra parte—una minoranza, ma non certo insignificante — quel patto non lo rispetti, sottraendosi al versamento di quanto dovuto al fisco; quella parte di italiani pensa, con qualche ragione, di essere tartassata anche perché c’è chi riesce a sottrarsi ai propri obblighi di pagamento. Ecco, una delle conseguenze più negative del fenomeno dell’evasione consiste nell’alimentare in milioni di italiani un malessere diffuso, che incrina un sentimento di appartenenza alla comunità nazionale già piuttosto fragile. Senza un efficace contrasto all’evasione fiscale, anche la lotta alle diseguaglianze sociali continuamente evocata da ogni governo rischia di diventare un semplice costrutto retorico. Su cosa mai può fondarsi una politica di welfare se non sul reddito individuale o familiare? Ma se la certificazione di questi redditi non corrisponde al vero l’intervento pubblico non solo diventa meno efficace ma può perfino aumentare le diseguaglianze, togliendo a finti ricchi (ricchi solo perché non vogliono o possono sottrarsi agli obblighi fiscali) per dare a finti poveri(che a quell’obbligo si sottraggono con successo). Lamentiamo in continuazione di avere uno scarso senso civicoeuna percezione spesso elastica della legalità. Ebbene, più dell’educazione civica nelle scuole — che ancora nessuno sa bene in cosa dovrà consistere, con il rischio che si occupi di tutto, dall’ambiente all’Europa — favorire comportamenti di lealtà fiscale equivarrebbe a un’importante opera di vera educazione civica rivolta a ogni fascia d’età. Implicherebbe anche, in alcune zone del Paese, un’azione di bonifica del territorio. Se, in certe località del Mezzogiorno, quando stiamo per saldare il conto scopriamo che il pos è «momentaneamente scollegato» e ci viene chiesto di pagare in contanti non è presumibilmente per motivi tecnici, ma perché siamo di fronte a un’attività che si svolge almeno in parte in nero. Un’attività che, si potrebbe perfino dire, a volte deve essere in nero per sopravvivere, poiché paga già una «tassa» illegale alla camorra o a qualche altra organizzazione criminale. I principi della convivenza democraticael’eguaglianza dei cittadini, il controllo del territorio e la politica sociale: la lotta all’evasione fiscale implica questioni del genere e perciò dovrebbe stare davvero al centro dell’azione politica, non lasciando che venga evocata retoricamente da ogni nuovo governo per mettere in bilancio entrate che presumibilmente non ci saranno.