nove marzo

Nove marzo

 

Nomine. Libero vede dubbi e ostacoli sulla conferma di Descalzi all’Eni. Unica voce fuori dal coro il giornale di Sallusti registra malumori nella maggioranza per l’incontenibilità della poltrona dell’ad del cane a sei zampe.

 

Nomine. Giorgia Meloni vuole un’amministratrice delegata per Enel. Serve una ricognizione. Dice Giovanni Tria: il problema esiste, voi non immaginate quanto siano severi gli americani. Ogni volta che c’è un panel economico esigono la presenza femminile. Alla fine abbiamo costituito un gruppo di donne che l’Accademia indica e che ormai in questa disciplina tutti contattano. Bisogna accelerare, avere più nomi. Le donne in economia sono più brave. Basta andare nelle università per accorgersene. Ma esistono le bancarie ad? Una donna che In Italia si è occupata di credito è Marina Natale, in Unicredit, e oggi ad di Amco. Banca Intesa e Unicredit hanno uomini al loro vertice, sono poche le donne nella City e poche nei fondi privati. Anche al cinema, a Wall Street, c’è ancora Gordon Gekko e non Giorgia Gekka.

Sul tavolo della Meloni ci sono cinque nomi: uno è quello di Cristina Scocchia ad di Illy caffè. Un’altra figura stimata dal centrodestra è Giovanna della Posta, ad di Invimit, la società del Mef che si occupa di valorizzare gli immobili dello Stato. Alla guida di Nokia Italia siede Giuseppina di Foggia. Ornella Barra, ligure, dirige la Walgreens Boot Alliance, un gigante della farmaceutica da 450.000 dipendenti. Nel settore delle telecomunicazioni Monica Mandelli è managing director di Kkr. Donne di impresa sono Francesca Bellettini, ad di di Yvs Saint Laurent, in passato in Goldman Sachs. Di nomine se ne occupa il Mef e il suo direttore generale, Riccardo Barbieri. A proposito, Il nome che vorrebbe adesso Fratelli d’Italia al posto di Antonino Turicchi, il famigerato direttore delle partecipate, che non vuole fare il direttore delle partecipate, è Alessandro Daffina, ad di Rothschild.

Carmelo Caruso sul Foglio

 

Carissimi nemici. Boeing si allea con Airbus per gli elicotteri di Sua Maestà. La guerra in Ucraina ridisegna la geopolitica mondiale della difesa. Si formano alleanze inedite, i nemici di ieri diventano gli amici di oggi e vecchie amicizie si rinforzano. È il caso del Regno Unito, dove Italia e Stati Uniti si contendono gli elicotteri militari dell’esercito di sua maestà. Da quasi due anni c’è in ballo una grossa e importante commessa militare: il governo inglese vuole dotare le sue forze armate di un elicottero da guerra di nuova generazione che dovrà sostituire i vecchi Puma punto il contratto vale un miliardo di sterline, cifra che già di per sé è ragguardevole, ma ancor di più lo è il valore strategico: fornire elicotteri a uno degli eserciti più prestigiosi al mondo, come dimostra l’attuale impegno nel conflitto ucraino con Londra in prima fila, è una vetrina enorme. In gara, gli italiani di Leonardo, i Franco tedeschi di Airbus e gli americani di sikorsky. La novità è che sono scesi in campo anche gli altri americani, quelli di Boeing, con una cordata eretica: si sono alleati con il concorrente Airbus.

 

112 del mare. Si chiamerà dispositivo interministeriale integrato per la sicurezza marittima il 112 del mare. Monitorerà senza sosta le imbarcazioni nel Mediterraneo, mobiliterà i soccorsi in tempo reale per chi ne avesse bisogno. In realtà il 112 del mare già esiste fu lanciato nel 2007 dal governo Prodi ma non sono mai arrivati i decreti attuativi Mai diventato operativo.

 

Cina. La relazione fra Mosca e Pechino non è destinata a evaporare, anzi il rapporto diventerà sempre più profondo anche se non raggiungerà il grado di alleanza che c’è fra i paesi della Nato. È la convinzione dei servizi americani. Lo scenario tratteggiato è una costante minaccia per gli Stati Uniti che verrà portata sotto diverse forme. Se Pechino, infatti, punta a rafforzare la sua egemonia nel Pacifico, Mosca intensificherà i rapporti con soggetti americani per tentare di interferire nuovamente nel processo elettorale. Non cambia l’approccio cinese verso Taiwan e nel 2023, secondo il report degli 007 Usa, continueranno i sorvoli sui cieli di Taipei.

 

Inflation Reduction Act. La battaglia transatlantica che si è aperta per la produzione di batterie agli ioni di litio è uno scontro a somma zero: quel che vincono gli Stati Uniti lo perde l’Europa. E viceversa. Biden prevede di destinare 150 miliardi di dollari per sussidiare la costruzione, negli Stati Uniti, di impianti per la produzione di batterie, necessarie alle auto elettriche. Volkswagen sta riconsiderando un investimento in un paese dell’est per sostituirlo con uno in Nord America attratta da 10 miliardi di sovvenzioni. Interessata anche l’Italia che perderebbe gli investimenti destinati a Scarmagno, un sito ex Olivetti a Nord di Torino.

 

Piano europeo. Il 14 Marzo la commissione europea presenterà il suo contropiano. In sostanza finanziamenti pubblici da opporre a quelli americani. Una battaglia transatlantica di sussidi. In sostanza Stati Uniti e Unione europea hanno stabilito che bisogna passare all’auto elettrica in tempi brevi ma non hanno la capacità produttiva della super sussidiata Cina in fatto di batterie. Quindi, entrambe copiano Pechino e si scontrano fra loro. Capitano cose così quando i governi pensano di sostituirsi ai mercati.

 

Ucraina. Il segretario generale della Nato Stoltenberg sostiene che una sconfitta nella regione di Donetsk non si tradurrebbe in una svolta nel conflitto anche se Mosca non va sottovalutata e si dice convinto, appunto, che Bakhmuth possa cadere nei prossimi giorni. Stoltenberg ha stimato che in questo anno di guerra gli alleati hanno garantito all’ucraina aiuti per 50 miliardi di euro di cui 65 di aiuti militari. La Nato dovrebbe approvare a breve le nuove linee guida della gestione delle scorte di munizioni fra i paesi membri. L’alleanza ha finora formato 11.000 soldati ucraini in particolare nell’uso di carri armati. La cifra salirà a 30.000 entro la fine dell’anno.

 

Esche gonfiabili. Ci sono anche i carri armati gonfiabili nelle armi che l’Ucraina usa per vincere la guerra. Esche per far sprecare al nemico tonnellate di proiettili. L’azienda cecoslovacca che li produce ha visto aumentare il fatturato del 30% nell’ultimo anno ed è in grado di creare la riproduzione esatta dei sistemi lanciamissili americani Himars, oltre ai carri armati e ai veicoli da combattimento, di fanteria, veicoli corazzati e perfino caccia. Queste esche hanno dimensioni reali sono realizzate in seta sintetica e richiedono da due a quattro persone per essere maneggiate sul campo di battaglia. Sul quale risultano molto efficaci poiché in grado di ingannare droni, satelliti e altri strumenti di ricognizione nemica. La somiglianza con gli originali è impressionante ma il costo è ben diverso. Ed è di grande soddisfazione sapere che spesso il nemico,  per distruggerli, utilizza un missile che costa 20 volte il prezzo di un gonfiabile. Grazie a questo stratagemma nell’ultimo anno l’esercito russo ha esultato per aver distrutto numeri irreali di veicoli ucraini, perché un terzo di questi erano in realtà dei semplici gonfiabili.

Chiara Bruschi sul Messaggero

 

Cina. Da anni La Cina spia nei nostri atenei per rafforzarsi. 2014, incontro a porte chiuse fra funzionari del governo americano e del governo cinese. Spiega Un’assistente segretario del dipartimento della difesa americana: spiare va bene, noi spiamo, voi spiate, tutti spiano, ma è per scopi politici e militari. E per la sicurezza nazionale. Quello che contestiamo è il vostro spionaggio economico. Un colonnello dell’esercito Popolare di liberazione, risponde: un momento, noi non tracciamo il confine fra sicurezza nazionale e spionaggio economico come fate voi. Tutto ciò che costruisce la nostra economia è positivo per la nostra sicurezza nazionale.

L’aneddoto, raccontato ieri sul New Yorker riassume alla perfezione quello che già quasi dieci anni fa sapevamo: La Cina non si muove secondo regole che conosciamo che diamo per scontate in un clima di pacifica convivenza fra potenze. La rapidissima ascesa cinese è per gran parte una conseguenza di un metodo di spionaggio industriale, militare ed economico che per anni la comunità internazionale ha ignorato. Il dibattito sugli istituti Confucio riguarda soprattutto il soft Power. Molti paesi occidentali hanno già limitato gli accordi delle università con gli istituti Confucio. Ma il problema vero è lo spionaggio che è difficile da individuare, non è un pallone aerostatico che vola sulle teste degli americani. Secondo l’Aspi, oggi la Cina è leader in 37 delle 44 tecnologie di settori tecnologici che servono la difesa, lo spazio, la robotica, l’energia, l’ambiente, le biotecnologie, l’intelligenza artificiale. Questo è potuto accadere anche grazie a un sistema di collaborazioni con istituti universitari e accademici che hanno permesso a Pechino di accedere a una rete globale di conoscenza. L’Italia ha 1012 accordi in vigore fra le università cinesi e quelle italiane. C’è da preoccuparsi?

Giulia Pompili sul Foglio

 

 

 

Decreto migranti. Salvini è furibondo con Mantovano che con un orecchio oltre Tevere ha evitato di costruire un decreto fotocopia dei decreti sicurezza di Salvini poi smantellati dal Conte due. Il compromesso fra l’anima solidarista europea di Meloni e quella rigorosa di Salvini è dietro l’angolo. Benché il rumore di fondo del braccio di ferro fra i due maggiori partner del governo abbia tenuto banco per tutto il giorno la sensazione è che si tratti di teatro. Salvini sa benissimo di non poter ottenere la riproposizione dei suoi decreti del governo giallo verde che prevedevano, oltre alla contestata dottrina dei porti chiusi, un regime di espulsioni per i clandestini formalmente duro ma in realtà irrealizzabile. Meloni era convinta che il suo desiderio di presentarsi a Cutro con un messaggio di apertura e solidarietà per le persone che hanno diritto di essere accolto, non poteva passare senza qualche concessione alla Lega e al suo elettorato ancora sensibile alla linea dura di Salvini. Di qui un decreto a due facce che uscirà dal Consiglio dei ministri in trasferta in Calabria.

 

Qatar. Cambiano gli equilibri di governo al vertice della monarchia ereditaria assoluta del Qatar, l’emirato retto dalla famiglia Al Thani dal 1825 e travolto dallo scandalo delle eurotangenti svelato dalla procura di Bruxelles. In sostituzione del premier Khalid bin Khalifa Al Thani è stato nominato Mohammed bin Abdullahman Al Thani, già ministro degli Esteri dal 2017 e ritenuto lo stratega diplomatico che ha contribuito ad affermare la potenza dell’emirato Nel Golfo ricco di gas. Da ministro degli Esteri il nuovo premier ha svolto un ruolo di rilievo nel dibattito internazionale fra il Qatar e i paesi europei sulla fornitura di gas naturale liquefatto, dopo che l’invasione russa dell’Ucraina ha sconvolto i mercati energetici. Attraverso il nuovo premier il Qatar ha aiutato gli Stati Uniti nelle operazioni di evacuazione dall’Afghanistan nel 2021. E sarebbe anche fra i registi dell’operazione di maquillage in favore del Qatar, per addolcire le contrarietà politiche dell’unione europea legate alla gestione dei lavoratori, considerati i 6500 manovali morti nei cantieri del mondiale.