Walter Rauhe

Sabato scorso nell’elegante quartiere residenziale di Altona ad Amburgo. Alcune centinaia di studenti – fra loro anche un nutrito gruppo di giovani ed esuli di Hong Kong – manifesta pacificamente di fronte al consolato generale della Repubblica Popolare Cinese in segno di solidarietà con gli attivisti delle proteste anti-governative che da mesi scendono in piazza nell’ex colonia britannica per lottare a favore della democrazia, del pluralismo e della libertà d’espressione. Improvvisamente spuntano una decina di cittadini cinesi che senza preavviso si scagliano contro i manifestanti, li spintonano, insultano, gli strappano di mano striscioni e cartelli e li fotografano minuziosamente. Prima ancora che la polizia riesca ad intervenire il gruppo di provocatori riesce a fuggire facendo perdere ogni traccia. Episodi di questo genere sono ormai all’ordine del giorno in Germania, come ha confermato ieri lo stesso governo di Angela Merkel rispondendo ad un’interrogazione parlamentare presentata dal partito dei Verdi. «In seguito all’ondata di proteste a Hong Konk le autorità cinesi esercitano in modo crescente forti pressioni nei confronti dei loro connazionali residenti in Germania, in modo particolare contro quelli originari dell’ex colonia britannica», si legge nella risposta scritta diramata dal Ministero degli Interni a Berlino. Le intimidazioni Agenti dei servizi segreti cinesi, la famigerata Guojia Anquan Bu, considerata come la più grande e spietata agenzia d’Intelligence del mondo, terrebbero sotto costante osservazione in Germania tutti coloro che in qualche modo hanno espresso simpatie nei confronti del movimento di protesta di Hong Kong sorvegliando e intercettando le loro comunicazioni telefoniche e digitali, pedinandoli o schedando i loro nomi e trasmettendoli poi al quartier generale a Pechino. Ma le operazioni degli agenti segreti cinesi non si fermano qua. Studenti e uomini d’affari che si trovano in Germania solo temporaneamente grazie a permessi di studio e di lavoro, vengono contattati anche direttamente dall’Intelligence che in modo molto esplicito e diretto minaccia il ritiro del permesso di rientro in Cina e a Hong Kong nel caso dovessero solidarizzare col movimento di protesta democratico. Quelle rese note ufficialmente dal governo di Angela Merkel sono pratiche che violano in modo eclatante tutti i trattati internazionali e la stessa sovranità della Germania. Pratiche che i servizi segreti tedeschi del Bnd stanno osservando con crescente preoccupazione e che sono in grado di mettere a rischio la sicurezza interna e la convivenza all’interno della comunità tedesco-cinese. Il nodo degli affari In Germania vivono attualmente 212mila cinesi, di cui circa 16mila sono originari di Hong Kong. Gli scambi commerciali tra Germania e Cina raggiungono un volume di affari pari a 170 miliardi di euro, di gran lunga superiore a quello fra la Germania e gli Stati Uniti. Dati che da soli bastano a spiegare la pragmatica prudenza e titubanza della cancelliera tedesca nell’affrontare con i suoi interlocutori cinesi il delicato tema dei diritti umani. Nel corso della sua recente visita in Cina la cancelliera si è così limitata ad auspicare una «soluzione pacifica e non violenta delle proteste a Hong Kong». A esporsi di più e a mandare su tutte le furie le autorità cinesi è stato invece il Ministro degli esteri Heiko Maas (Spd) che ha «osato» addirittura incontrare il dissidente di Hong Kong Joshua Wong facendosi anche fotografare con lui. Per Pechino, che ha subito convocato l’ambasciatore tedesco, si è trattato di «un’inaccettabile ingerenza in questioni di politica interna» e una «mancanza di rispetto» nei confronti della Cina che avrà «conseguenze pesanti» sui rapporti bilaterali.