Lunedì diciannove agosto
L’ultima offerta di Salvini. Ma il M5S lo scarica: inaffidabile. Il leghista: «Conte è ancora il mio premier». Poi avverte: i nostri ministri pronti a lasciare. I vertici dei pentastellati riuniti da Grillo: non è credibile. Di Maio: «Ha pugnalato il Paese». Il leader del Carroccio invoca la piazza.
Capriola di Salvini: “Ascolterò Conte. Ma se non mi convince si voti subito”. Il vicepremier tende la mano al premier ma avvisa: “Non voglio dargli la soddisfazione di far entrare Renzi nel governo” (Stampa p.4). La linea dura dei Cinquestelle nel vertice a casa di Grillo (Corriere p.2). E si dice pronto alla mobilitazione: “Se in Parlamento non avrò i numeri, scenderemo pacificamente in tutte le piazze. Do la mia anima e la mia vita per dare un governo serio a un popolo serio, io vado avanti. I grillini dicono che sono inaffidabile? Ma se loro sono pronti ad andare con Renzi e la Boschi. La tattica del “Capitano”: attaccare Renzi e il Pd per delegittimare i 5Stelle (Stampa p. 4). Intervistato dal Giornale il leghista aspetta il premier in Senato: “Magari mi stupisce e propone la flat tax domani… Se il deficit è fatto per investimenti e opere pubbliche con Bruxelles si potrà trattare”. Le elezioni: “Siamo in mano a una trentina di senatori renziani: pure loro sanno che non li vota più nemmeno il babbo”. L’inciucio: Pensano a un esecutivo con Renzi, Boschi e Prodi Dovranno passare sul mio corpo”. I Conti: “Vorrei che si votasse a ottobre: a novembre nuovo governo e a dicembre la manovra taglia-tasse”. Open Arms: “Non la do vinta ai compagni: resto ministro per difendere i confini. Non siamo il campo profughi Ue, basta sbarchi”. La Riforma: “Io ho accettato la sfida dei 5s di tagliare i parlamentari per poi andare al voto ma loro poi si sono tirati indietro”. L’Unione Europea: “Io il maggior pericolo per l’Europa? Con onestà e umiltà dico che vado avanti pure senza poltrone” (Giornale p. 2 e 3). Salvini grida e preme su Mattarella: “Dovrà valutare se i governi Arlecchino vanno bene”. Rifiuta la richiesta di dimettersi, ma lascia ancora aperta la porta del dialogo con i grillini (Repubblica p.2).
Il siluro 5S: Salvini inaffidabile. Grillo ricompatta i vertici. “Pd? Dipende per cosa”. Tutti i big a Bibbona nella villa del fondatore. Provocazione alla Lega: se Salvini fa un passo indietro si può ragionare. Resta l’opzione urne. I dubbi di Casaleggio sui dem. Le condizioni del comico: “Con Renzi non si tratta”. Di Maio e Dibba ricuciono (Repubblica p.3). Grillo convince i big. E vuole un contratto con i democratici. Di Maio: «Nessuno più di me ha perso la stima in Matteo». Il rammarico per gli altri leghisti (Corriere p.2). Di Maio è terrorizzato da Renzi. Il tentativo impossibile di spaccare la Lega lascia spiragli per una ricucitura. Con le urne e gli eletti dimezzati Casaleggio perderebbe introiti per Rousseau (Stampa p.5). Sì alla linea Grillo, Di Maio cede. «Ma la prima mossa tocca al Pd». Nella villa del fondatore in Toscana ci sono il vicepremier, Casaleggio, Fico e Di Battista. L’ex comico: con Matteo abbiamo chiuso ora il contratto di governo con i democrat. Il capo politico però adesso è più debole il garante coinvolge il presidente della camera (Messaggero p.3). Da pensionato a salvatore del gregge, i discepoli tornano dal padre rinnegato. Beppe Grillo celebra la svolta a sinistra e lancia un video anti carroccio «hanno accoltellato Mamma Italia». Sul Messaggero Mario Ajello (p.3)
Perché fermarlo. La tragedia di un uomo simpatico. Con la guerra anticasta, le iperboli sui costi della politica e la colpevolizzazione dei migranti la cattiva coscienza nazionale si dava una ripulita. E Salvini ne è stato l’incarnazione. Un ex buono frustrato e quindi banalmente incattivito. Più guitto che attore. Più calcolatore che leone. Chi è davvero il leader della Lega? E perché deve far paura a chi ama la società aperta? I tweet e le folle, l’insulto e il richiamo agli italiani. Conoscere Matteo Salvini, per contrastarlo. Un ritratto di Giuseppe De Filippi. Sul Foglio in prima.
Salvini: «Meglio in galera che governati dal Pd». Pioggia di denunce: vogliono processare Matteo come Milosevic per “crimini contro l’umanità”. Ma più che permettere ai migranti di sbarcare l’obiettivo è far arrivare in porto l’esecutivo giallo-rosso. Renato Farina su Libero (p.3).
Zingaretti sul pressing anti-urne: sì, ma in Aula ci vogliono i numeri. Vigilia spartiacque tra i democratici. Pesa l’invito di Prodi al patto con i 5Stelle. Gentiloni: mi basta che il governo vada via (Corriere p.6). L’ex ministro dell’Interno Marco Minniti intervistato da Luca Telese sulla Verità: «Per fare un governo noi e i pentastellati da soli non bastiamo. ll Colle vuole soltanto maggioranze ampie. Ma la storia di amore tra Lega e grillini può ricominciare» (Verita p.6).
Il Pd pronto a valutare il bis di Conte. Nel negoziato cade il tabù. L’altro fronte della trattativa è il veto su Di Maio al governo. I 5Stelle non possono accettarlo (Corriere p.5). Prodi apre ai 5Stelle Zingaretti frena: teme la scissione renziana. L’ex premier per un governo “Ursula” allargato a Fi. Il segretario vuole Renzi nel futuro esecutivo. In pista Letta, Cantone e il Professore. Tra i nomi per Palazzo Chigi anche Giovannini (Repubblica p.4). Renzi vuol fare il commissario Ue. L’obiettivo segeto del Bullo è arrivare a Bruxelles. Maurizio Belpietro sulla Verità in prima.
Intervista al capogruppo al Senato Andrea Marcucci: “Un’intesa per l’interesse nazionale. Fico? È imparziale, mi ha impressionato. Inaccettabile un veto su Renzi. Comunque lui non entrerà in nessun governo. L’idea di un partito di Matteo non c’è mai stata. Ma dipende da quello che succederà (Corriere p.6). Francesco Boccia a Repubblica: “No al patto con M5S, ma se lo facciamo davvero Boschi sia ministro. Meglio andare al voto. Penso sia più giusto sfidare Salvini a viso aperto. Un eventuale accordo con i grillini solo dopo nuove elezioni (Repubblica p.4). Spunta l’ipotesi Boschi ministro per sminare le trappole di Renzi. Il rischio paventato da Calenda: Matteo crea il suo partito e poi fa cadere il governo. Prodi vede Zingaretti e lancia la “coalizione Ursula” di chi ha votato la von der Leyen (Stampa p.6). Debora Serracchiani, vicepresidente e deputata del Partito democratico “Parliamo col M5S senza pregiudizi. Conte si è ricavato uno spazio politico. Sediamoci a un tavolo e scriviamo nero su bianco i temi su cui possiamo condividere un percorso” (Stampa p.6).
Percorso lungo e pieno di ostacoli Palazzo Chigi, ipotesi Conte o Fico. Il Pd vuole un tecnico, ma il presidente della Camera lascerebbe il posto a un dem. La possibilità che la nuova coalizione si saldi in Senato durante il voto sulla risoluzione M5S (Messaggero p.5). Contratto giallo rosso: Possibili punti di accordo, ma con molte differenze programmatiche aggravate dalle aspre liti del passato. Grandi opere: Il braccio di ferro sulla Gronda dopo l’ok alla Tav. Legge di bilancio: Linee divergenti su deficit e regole europee. Giustizia: I contrasti più duri sui termini della prescrizione. Taglio deputati: I dem puntano a una riforma di un altro tipo. Il caso del salario minimo: Il Pd ha un progetto ma vuole comunque difendere la negoziazione (Messaggero p.7).
Il premier e il giorno più lungo: seguirò il Quirinale. I contatti con il capo dello Stato. Dopo il dibattito in ogni caso Conte salirà al Colle (Corriere p.5). Il premier sfida Matteo: «Ministro delle assenze, adesso devi sfiduciarmi». I dubbi di Conte sul bis: «Non sono uomo per tutte le stagioni». L’ipotesi Ue. Mattarella è pronto alle consultazioni, annoterà i sì al governo di legislatura. Il capo dell’esecutivo ha chiesto ai 5stelle di scrivere una risoluzione «invotabile» per il Carroccio (Messaggero p.6). Conte si riscopre di sinistra per restare a Palazzo Chigi. Il premier pronto ad attaccare il suo vice Salvini per accreditarsi col Pd. E Casalino aizza i giornalisti (Giornale p.5). Conte non pensa a ll’Ue e nominerà il commissario. Il premier nega di essere interessato ad un posto a Bruxelles: “Presto il nome scelto sarà pubblico”. Tutti gli offrono la poltrona, lui declina.
Alla Concorrenza, andrà un europeista, apprezzato dall’establishment e dalle cancellerie (Fatto p.3).
Il Colle vaglia due ipotesi. Governo politico o istituzionale per evitare il voto. Se gli verrà chiesto del tempo per il negoziato il presidente lo darà. Ma non permetterà il gioco dei due forni adottato dal M5S nel 2018 (Corriere p.4). L’attesa del Quirinale è che domani sera il premier si dimetta. Il timore di Mattarella: una crisi senza fine dominata dai tatticismi. Il presidente non ha preferenze sulle soluzioni, ma vuole tutelare le istituzioni (Stampa p.7).
Cresce la voglia di maggioranza in Forza Italia. Berlusconi per ora prende tempo. La tentazione di creare un gruppo di responsabili. I contatti con Renzi che continua a elogiare il Cav (Messaggero p.4). Il ritorno di Letta (Gianni): “Sganciamoci da Salvini”. L’ex sottosegretario, aiutato da Tajani, spinge Berlusconi verso il sì alla coalizione Ursula. Ma in Forza Italia la fronda leghista guidata da Ghedini e Ronzulli è ancora forte (Repubblica p.6). Il Capitano si perde l’ex Cavaliere: Letta e i forzisti che trattano coi dem. Il braccio destro di B. propone al Pd i possibili premier (Fatto p.2). Ma non basta votare Ursula per essere un’alleanza. Il commento di Stefano Cappellini su Repubblica (p.6). Forza Italia non cede: un governo giallorosso è alleanza innaturale. Gli azzurri attendono gli eventi. La linea: centrodestra o esecutivo di unità nazionale (Giornale p.8). Toti intervistato dalla Verità: «Voglio un centrodestra dei sì per un piano di grandi opere». Il leader di Cambiamo: «Fi che sostiene l’accordo Pd-5 stelle sarebbe imbarazzante Salvini spiazzato dai poltronari. L’esecutivo di sconfitti non è sintonizzato con il Paese» (Verita p.7). Brunetta in un’intervista a Qn: «Governo dei responsabili. Con la Lega. Abbiamo bisogno di tutti per salvare il Paese. Visioni inconciliabili con democratici e 5 Stelle ma è l’ora dell’unità» (Qn p.9).
Ottimati contro barbari. Galli della Loggia sul Corriere in prima. Una marcia indietro senza alcun decoro. Pierluigi Battista sul Corriere (p.29). La buona politica e i grandi camaleonti. Ezio Mauro su Repubblica in prima. La mossa di Prodi e un patto difficile. Stefano Folli su Repubblica (p.27). Una democrazia per caso. Ilvo Diamanti su Repubblica (p.26). Una vigilia con tre punti fermi. Francesco Bei sulla Stampa in prima. L’Uomo Cadrega. Marco Travaglio sul fatto in prima. Che cosa significa dare pieni poteri a Salvini. L’ha spiegato lui stesso, e vengono i brividi. Le cinquanta sfumature di anti salvinismo possono sembrare più o meno pazze, e tuttavia se il leader della Lega non ha cambiato idea rispetto alle promesse di due anni fa, contrastarlo non è un’opzione ma una necessità inderogabile. Claudio Cerasa sul Foglio in prima. Evviva il Risorgimento del sindacato in politica. Sorprese dell’estate. Il segretario della Cgil Maurizio Landini è in vacanza a Gabicce Mare e da lì rilascia interviste: senza megafono, realiste e intelligenti su tutto. Giuliano Ferrara sul Foglio in prima.
Il presidente del Senato Casellati al Meeting: “Aiutare le famiglie”. Oggi parla Bassetti, presidente della Cei.
La Spagna offre porti ai migranti. Open Arms: «È troppo lontano». Salvini: «Rifiuto inaccettabile». Parigi: ne accogliamo 40. I 107 naufraghi sulla nave da 18giorni. Il pm attende gli sviluppi, stop all’indagine. La Ong: «Non conteniamo più la disperazione». Dopo il no ad Algeciras, nella notte spunta l’ipotesi delle Baleari (Corriere p.8). Open Arms, in cinque si buttano in mare. “A bordo panico e litigi, fateci scendere” Alcuni volontari li hanno seguiti e riportati sulla nave. La storia di Hikma: “Tre anni di torture in Libia”. Il portavoce della Ong: «Cosa dobbiamo aspettare, che muoia qualcuno?». A ogni micro-sbarco seguono discussioni e tensione tra i migranti. Lo psicologo di Emergency: “Passano in continuazione dalla rabbia alla depressione. Tra scabbia, tubercolosi e ferite da arma da fuoco il dolore di queste ore riacutizza i traumi del passato”. Conte ha la disponibilità delle Comunità evangeliche per accoglierli. Sanchez: L’inconcepibile risposta di Salvini di chiudere i porti ha portato la Spagna a guidare ancora una volta la risposta alla crisi umanitaria (Stampa p.2 e 3). Intervista a Richard Gere. «Vorrei incontrare il vostro vicepremier. Fare leva sulla paura è cattiva politica». L’attore: la sfida è globale, va affrontata con generosità (Corriere p.9). Da Sanchez a Macron la doppia morale dei leader Ue: solidali, ma non a casa loro (Messaggero p.8). Sbarchi fantasma. A terra in 57, erano su un barchino. Nuovo sbarco sull’isola di Lampedusa sabato sera. I migranti soccorsi dalla Guardia di Finanza, che li ha intercettati vicino all’isolotto di Lampione. Dovrebbero essere tutti di nazionalità tunisina: subito trasferiti all’hotspot (Stampa p.3).
La criminalità non arriva con i barconi. SoundCheck. Tra gli stranieri, la maggior parte dei reati è commessa da chi migra all’interno dell’Europa. E dagli irregolari. Ecco perché, riducendo le possibilità di integrazione, Salvini sta scoraggiando molti richiedenti asilo a rispettare le regole (Foglio p.IV).
Le urla ai bimbi di Bibbiano «Vai via, non ti voglio più». Nelle intercettazioni i rimproveri alla minore che si rifiuta di accusare i genitori naturali (Messaggero p.13).
Speranza finita nel burrone la tragica agonia di Simon. Il corpo dell’escursionista francese ritrovato dal soccorso alpino. Aveva 27 anni. Probabilmente è scivolato in un canalone, era scomparso il 9 agosto (Messaggero p.14). La tecnologia poteva salvarlo. Come funziona e dov’è attiva (Corriere p.14). “Ancora due anni per geolocalizzare le chiamate urgenti” (Repubblica p.17). Chiedere giustizia per Simon. Il commento di Ottavio Ragone su Repubblica (p.26).
Le famiglie che devono procurarsi i libri scolastici e i quaderni per i figli troveranno ad aspettarli aumenti medi dell’1,3%, che non sembrano altissimi ma sono più del triplo dell’inflazione rilevata venerdì scorso dall’Istat per il mese di luglio: appena lo 0,4%. Si tenga presente questo parametro nel valutare anche tutti gli altri rincari. Più care spiagge e luce elettrica. Sconti sul metano e i carburanti. Per i servizi balneari un +4,4% (Stampa p.17).
Da Tim a Vodafone a Wind Tre, gli operatori telefonici annunciano rialzi di 2 o 3 euro al mese nei piani tariffari. La stangata viaggia col cellulare Le chiamate costano il 50% in più (Stampa p.17).
Dalio (Bridgewater): sempre più probabile una crisi dell’economia americana entro le elezioni presidenziali del 2020. Commercio, Argentina, India e Cina: ecco i focolai della recessione globale
L’industria cinese è salita del 4,8%, il dato peggiore degli ultimi 17 anni (Stampa p.20). I mercati mondiali adesso temono la crisi: «L’Italia è un rischio». I media internazionali hanno lanciato l’allarme. E a breve ci sono 90 miliardi di Btp da piazzare (Giornale p.6).
Ex Ilva, ok allo scudo legale per i vertici il 26 al Mise summit con ArcelorMittal. Oggi la pubblicazione in gazzetta ufficiale delle norme che tutelano i manager dell’azienda sul fronte del piano ambientale (Messaggero p.7).
Iva, 80 euro e pace fiscale: il rompicapo della manovra. La riduzione del prelievo sui redditi e sugli immobili è al centro del dibattito, ma occorrono coperture strutturali. Il primo scoglio è trovare 23,1 miliardi per evitare l’aumento Iva (Sole p.4).
Iva, la cambiale in scadenza. Dal 2011 si discute delle clausole di salvaguardia, ma quest’anno gli aumenti possono scattare davvero. Corriere Economia.
L’aumento dell’Iva, che potrebbe costare fino a 750 euro a famiglia, scatterà davvero se si arrivasse a un esercizio provvisorio del Bilancio, visto come una sorta di Armageddon della finanza pubblica. Disinnescarlo è la nuova priorità. Occorrono 23,1 miliardi solo per il 2020, e non sono spiccioli. Peccato che la clausola esista dal 2011 e che nessun governo negli ultimi otto anni, sia di destra sia di sinistra, abbia trovato la forza per attaccare seriamente l’evasione o per puntare sugli investimenti produttivi che l’avrebbero resa inutile. Ferruccio De Bortoli su Corriere Economia (p.2).
Si chiamano clausole di salvaguardia, ma quelle sugli aumenti dell’Iva previste per le leggi di Bilancio dal 2011 e che ogni anno ci si attende siano disinnescate sono, in verità, una cambiale nascosta. «È un’invenzione bizantina e ingannevole — scrive Ferruccio de Bortoli sull’Economia del Corriere della Sera, in edicola domani gratis con il quotidiano —. In realtà sono come dei “pagherò”, delle cambiali emesse per spese già fatte. E al momento di doverle onorare, sostituite con altre cambiali. Nuove.Ascadenza più lontana». Ma «prima o poi il conto arriva», dice de Bortoli. E quest’anno, vista anche la crisi di governo a ridosso della Finanziaria, la cambiale probabilmente andrà onorata. È salata: fino 756 euro all’anno per una coppia con due figli, è il calcolo. A meno di trovare 23,1 miliardi (limitandosi al 2020) per evitare l’aumento dell’Iva (dal 22 al 25% l’aliquota massima e dal 10 al 13% l’intermedia). «Chi eviterà il rincaro?Ecome?», si chiede de Bortoli. Eppure basterebbe che tutti pagassero le tasse. Secondo l’Ocse in Italia «l’evasione Iva nel 2018 è di 26 miliardi, un quarto dell’evasione totale. Sarebbe bastato avere un tasso di evasione in linea con quello europeo e non avremmo avuto la lunga e interminabile stagione delle clausole di salvaguardia». Ma la lotta all’evasion
L’incertezza politica ha un costo alto: 5 miliardi d’interessi extra sul debito. È l’esborso aggiuntivo che, a causa dell’instabilità, il Tesoro ha pagato quest’anno e pagherà nel prossimo su tutti i titoli di Stato emessi durante il Governo gialloverde (Sole p.5).
Turismo, cala la spesa degli italiani. «La classe media non va in vacanza». Lettini e spiagge con molti spazi vuoti, segnali d’allarme dalla Toscana alla Sardegna. Federalberghi: «Resiste il settore del lusso ma la crisi ora ferma tedeschi e inglesi» (Corriere p.17). Basta ombrelloni segnaposto. Per i furbi ondata di sequestri. Arrivano in spiaggia all’inizio della vacanza e piantano l’attrezzatura in prima fila per tutte le ferie. Ma le liti con gli altri bagnanti spingono Comuni e Guardia costiera a intervenire. Multe di 200 euro (Repubblica p.23).
Intervista all’ex presidente della Bce Jean-Claude Trichet: “Riforme o la crisi vi colpirà duro. L’Italia ci ha abituati a stare col fiato sospeso. Il vostro Paese, per le economie avanzate, è una specie di esperimento da laboratorio. Con la guerra commerciale di Trump dobbiamo essere preparati a tutto compresa una recessione negli Usa che avrebbe pesanti effetti in Europa” (Repubblica p.8).
Il sommerso che non vediamo. Non chiudiamo gli occhi: è così. C’è una responsabilità collettiva che produce l’economia sommersa così estesa, uno scarso senso civico, una carenza di solidarietà, una miopia disarmante. Editoriale di Roberto Menia su Repubblica (p.27)
Galassia Agnelli. Fca al bivio, Elkann studia le alleanze. Riprende il toto-nozze: Renault o Psa? Iveco, intanto, torna a guardare agli Usa (Giornale p.16).
Durigon difende Quota 100. «Pur di attaccarci M5S mente sulle pensioni». Per il sottosegretario al Lavoro è merito del provvedimento voluto dalla Lega se in 124mila hanno trovato un posto in 3 mesi. «Chi lo critica è in malafede o peggio ignorante, perché i numeri circolati in questi giorni riguardano addirittura il 2018» (Libero p.7).
“Non ci arrendiamo”. Hong Kong sfida le minacce di Pechino. Un milione e 700 mila per le strade, la più alta partecipazione da giugno. Una marea pacifica per denunciare le violenze della polizia (Repubblica p.13). Anti-maoisti e teenager Il popolo di Hong Kong sfida Xi senza violenza. Una marea umana di 1,7 milioni di persone al sit-in nonostante la pioggia. Famiglie, imprenditori, studenti con magliette nere simbolo della protesta. Il primo obiettivo dei manifestanti resta l’archiviazione della legge sull’estradizione. La chiesa locale dopo aver sposato la rivolta ora tiene un basso profilo. Fra i cattolici che pregano invocando Desmund Tutu: ora tre mesi di tregua (Stampa p.8). La marcia vincente di Hong Kong. Nell’undicesimo weekend consecutivo di protesta, quasi due milioni di persone occupano il centro dell’ex colonia. E la polizia si fa da parte (Corriere p.11).
Schiaffo a Pechino di Trump che vende 66 caccia F-16 ai nazionalisti di Taiwan. Con un valore di 8 miliardi di dollari si tratta della commessa per singolo armamento più ricca di sempre destinata a sollevare le ire della Cina che definisce la fornitura una violazione della sovranità nazionale e un’interferenza interna agli affari del Paese (Stampa p.9).
Taiwan è di fatto uno Stato a sé dal 1949, la sua indipendenza è riconosciuta e sostenuta dagli Usa, mentre Pechino la considera una «provincia ribelle» ed è convinta che ci sarà presto la sua riunificazione alla Cina. Anche con la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Washington e Pechino negli anni Settanta, gli Usa si sono impegnati a rifornire Taiwan di armamenti e apparecchiature per la difesa del territorio nell’ambito del Taiwan Relation Acts approvato dal Congresso nel 1979. Stampa p.9
Kabul, l’Isis rivendica l’attentato alle nozze. “Abbiamo punito i soldati afghani traditori”. Dopo il massacro nel centro commerciale con 63 vittime. Il governo tratta con gli Usa il ritiro delle truppe Nato (Stampa p.11). A Trump serve la pace per vincere le elezioni. L’Afghanistan è la guerra più lunga della storia degli Stati Uniti: portare a casa i soldati darebbe al presidente un forte vantaggio elettorale. Federico Rampini su Repubblica (p.12). Il rompicapo afghano, tra stragi, isis, talebani e i rischi del ritiro Usa. Franco Venturini sul (Corriere p.26).
Lancio di missili da Gaza, entra in azione lo scudo di difesa nel Sud. Tre palestinesi intercettati e uccisi al confine con la Striscia. Hamas, razzi e commando per colpire Israele Netanyahu: “Stop o guerra”. Se Hamas non si calma, siamo pronti a scatenare un nuovo conflitto. Potrà accadere anche durante le elezioni (Stampa p.11).
Respinta la richiesta Usa di fermare la nave iraniana. H a cambiato nome e bandiera, e forse è riuscita a evitare l’ultima secca (Stampa p.18).
La superpetroliera iraniana bloccata da oltre 40 giorni a Gibilterra ha ricevuto il via libera per la partenza. Le autorità della Rocca ieri hanno respinto la richiesta di una corte Usa di prolungare il sequestro, in base a una legge degli Stati Uniti. I giudici accusavano la nave di aver violato le sanzioni nei confronti dell’export di petrolio verso la Siria e sul finanziamento dei Pasdaran. Ma le autorità della Rocca hanno risposto che i provvedimenti in questione non erano applicabili sul territorio della Ue. «Le sanzioni europee – ha spiegato in una nota il governo locale – hanno un ambito molto più ristretto rispetto a quelle applicabili negli Stati Uniti». La Grace 1
Stampa p.18
Operazione zigolo giallo. È il nome di un dossier del governo britannico: in caso di una Brexit senza accordo, sarà il caos (Corriere p.10). Dossier segreto di Downing Street rivelato dal «Sunday Times». Brexit, Londra senza cibo e medicine. Il rapporto: con «no-deal» sarà il caos (Giornale p.11). Brexit più vicina. Firmata la legge che cancella le norme europee. La Brexit è più vicina. Il governo britannico ha emesso un decreto che mette fine dal prossimo 31 ottobre (o comunque dal giorno dell’effettiva uscita britannica dal consesso europeo) a tutte leggi dell’Ue in vigore in Gran Bretagna (Stampa p.19).
Fra Macron e Putin un summit per farsi da sponda. Stefano Stefanini sulla Stampa (p.21). Macron riceve l’ospite Putin, «indispensabile» su Iran e Siria. Nella residenza di Brégançon (Corriere p.10).
Via il ministro liberista e pacchetto anti-crisi. Macri prova a risalire. In Argentina aumento dei salari minimi e taglio di tasse. La preoccupazione è il voto del 27 ottobre: l’opposizione peronista è in vantaggio. Lascia Dujovne che aveva negoziato l’accordo con l’Fmi, al governo entra Lacunza.
E il campionato mondiale di tango non si ferma (Corriere p.12). Argentina a rischio default. Si dimette il ministro del Tesoro garante degli aiuti da 56 miliardi. Dujovne esce dal governo. Macrì sconfitto alle primarie (Giornale p.16).
Nella villa di Epstein una scala a chiocciola verso l’inferno. Due piani, stanze spartane, un corridoio con le foto delle ragazze nude. È la residenza in Florida dove il miliardario pedofilo suicida attirava le vittime. Le prime denunce nel 2005. “Ma lui donava un sacco di soldi e nessuno voleva indagare”, raccontano i vicini. Un luogo insipido ma appartato. C’è un corridoio pieno di immagini erotiche delle ragazze che porta alle stanze da letto (Repubblica p.15).
Quel pericolo giustizialista dietro l’asse dei rosso-gialli. L’editoriale di Carlo Nordio sul Messaggero in prima affronta nel dettaglio due questioni. La prima il salvataggio di Salvini sul caso Diciotti. E la seconda il rischio che in caso di governo giallorosso i dem siano costretti ad abdicare al loro garantismo a scapito del giustizialismo dei grillini.
La Diciotti e il salvataggio di Salvini. Se c’era un punto sul quale Conte, Di Maio e Salvini erano indissolubilmente uniti, era proprio quello della disciplina migratoria. Lo erano politicamente, perché tutti avevano stragiurato di condividere la rigorosa linea comune, e soprattutto lo erano giuridicamente, perché nel caso della Diciotti avevano testimoniato per iscritto, davanti alla Commissione, che la decisione di impedire lo sbarco dei profughi era stata collegiale. Questa affermazione, è utile ricordarlo, aveva prodotto due conseguenze decisive: la prima, di presentare come “concorrenti” nell’eventuale reato i tre vertici dell’esecutivo; la seconda, ancor più importante, di indurre la Commissione ad applicare l’esimente costituzionale che aveva determinato l’archiviazione dell’inchiesta di Agrigento. Ora Conte, con un acrobatico scambio di ruoli, smentisce tutta la precedente strategia, obbligando Salvini ad accettare il sostanziale ripudio di una scelta che, pur tra tante polemiche, aveva ridotto il numero degli sbarchi e dei morti, e aveva costretto l’Europa a prender atto di un problema non solamente italiano. Un ennesimo giro di valzer che ci screditerà davanti ai nostri partners più di uno sforamento di deficit, perché nulla in politica è più pernicioso della volatilità programmatica interna e internazionale. Messaggero Carlo Nordio in prima.
Garantismo giustizialismo. Ora la Giustizia si rivela di nuovo come fonte di conflitti insanabili. E questo ci induce a un’altra considerazione. Noi non sappiamo se e come si possa costituire una coalizione tra Pd e pentastellati. Ma sappiamo che, se ciò accadrà, i grillini dovranno cedere sulla legge finanziaria, che costituisce l’unico alibi di Renzi (ed eventualmente di Zingaretti) per evitare le urne. I grillini dovranno pagare il prezzo di una manovra economica rigorosa, certamente incompatibile con le loro precedenti promesse assistenziali, che invece erano state assecondate da Salvini in cambio della sua politica migratoria. Ma poiché anche i democratici dovranno pagare un prezzo, vi è il rischio che esso consista anche nel ripudio di quella timida tendenza garantista che in questi ultimi anni il Pd era andato assumendo proprio sulla Giustizia. Lo stesso Renzi, che aveva sperimentato sulla pelle sua e dei suoi vicini le aberrazioni del connubio tra stampa ostile e toghe motivate, aveva impresso un chiaro indirizzo sulla disciplina delle intercettazioni, dell’abuso della carcerazione e più in generale su quegli aspetti civili che trovano fortunatamente attenzione anche in buona parte del suo partito. Il quale ora rischierebbe di regredire a un nuovo medio evo, se, come tutto lascerebbe supporre, i pentastellati avessero mano libera in questo settore delicato, che ha fatto cadere tante teste. Messaggero Carlo Nordio in prima.
Contratto giallo rosso. Possibili punti di accordo, ma con molte differenze programmatiche aggravate dalle aspre liti del passato.
I contrasti più duri sui termini della prescrizione. Due visioni molto diverse sulle garanzie e sul sistema giudiziario da cambiare. Giustizialisti i pentastellati, garantisti i dem. È sul tema della giustizia, o meglio della sua riforma, che potrebbero emergere le maggiori differenze tra le due formazioni politiche. La questione della prescrizione è una nota dolente. La sua riforma, peraltro già realizzata, è ancora oggetto di un acceso dibattito: unico caso al mondo, la norma prevede che l’orologio del processo si blocchi con la sentenza di primo grado. Una polemica che i grillini avevano affrontato anche con gli ormai ex alleati del Carroccio. Di fatto i tempi sulla nuova prescrizione sono legge dal gennaio 2019, tuttavia i leghisti si erano messi di traverso sin dal primo momento, e con la minaccia di bloccare l’intera legge, erano riusciti a vincolare l’entrata in vigore della prescrizione al gennaio 2020. Ebbene su questa materia così delicata anche il Pd è fortemente critico rispetto alla nuova norma. Per i dem l’approccio “tutti colpevoli” non è accettabile. E dunque, per molti parlamentari del Pd sarebbe imbarazzante dare il voto favorevole ad altri progetti del ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede (Messaggero p.7).