Mercoledì sei novembre

Buongiorno a tutti. C’è ancora l’Ilva sulle prime pagine dei giornali anche se l’apertura per tutti sono i tre vigili del fuoco morti in un crollo di una casa dove erano intervenuti. La manovra con la plastic tax e la tassa per le auto aziendali. Mattarella risponde a Ruini sul partito dei cattolici. Buona lettura a tutti. PS la rassegna stamattina per problemi tecnici è fatta solo con Corriere Repubblica e Stampa.

PRIMO PIANO
Ilva: Arcelor Mittal da Conte.

Parte la guerra della carte bollate. Il gruppo scrive ai commissari e al tribunale per rescindere il contratto Per il governo “non ci sono i presupposti”. Arcelor vuole anche i danni. Paolo Baroni sulla Stampa a pagina 2.

L’ultima offerta del governo.

Scudo soft e cassa integrazione e i renziani presentano un emendamento che ripristina l’immunità. Il centrodestra pronto al sì. Il piano B dell’esecutivo: se Arcelor-Mittal si sfila, spunta l’ipotesi di un super-commissario. Carlo Bertini e Ilario Lombardo sulla Stampa a pagina 3.

L’ultima mediazione.

Uno scudo che scudo non è, è l’ultima mediazione sull’immunità potrebbe essere estesa oltre l’Ilva. Monica Guerzoni sul Corriere a pagina 3.

Emiliano: l’altoforno2? È un pretesto.

Il tribunale darebbe tempo e il governo non può accettare ricatti. Un’altra cordata è possibile. Intervista al presidente della Regione Emiliano. Michelangelo Borrillo sul Corriere a pagina 2.

Cosa c’è dietro lo stop di Arcelor?

Il gruppo pronto a uscire. L’ipotesi di un sito produttivo ridimensionato e il rischio di cause legali della cordata concorrente. Con la chiusura dell’area a caldo si perderebbero 4-5 mila posti su 11 mila. Taranto perderebbe meno se pagasse i dipendenti per restare a casa. Rita Querzè sul Corriere a pagina 5.

Allarme a Bruxelles.

Il forfait del gruppo franco-indiano apre un fronte anche con la nuova Commissione europea e fa suonare un doppio campanello d’allarme a Bruxelles con le intese da rifare su ambiente e concorrenza. Marco Bresolin sulla Stampa.

Dal sogno all’incubo.

Sostiene Ignazio, 49 anni, operaio livello 4, impianto rivestimento tubi, che tutto è cambiato una mattina di sette anni fa, in via d’Aquino, la strada bene di Taranto. «Un tempo, passeggiando, era un continuo: Ignà, lo vuoi un curriculum? Ignà come deve fare mio figlio per entrare in fabbrica? Poi, un giorno un amico mi disse: Ignà, che coraggio, ancora lì lavori?». Il reportage di Giulinao Foschini su Repubblica a pagina 4.

I commenti
La fabbrica sbagliata.

Lo stabilimento siderurgico di Taranto, entrato in funzione 55 anni fa, è stato fin dall’inizio una fabbrica sbagliata. Passando di deroga in deroga, la politica come al solito ha finito per scaricare sulla magistratura l’obbligo di tutela della salute dei cittadini. Nella catena mondiale della siderurgia, la fabbrica sbagliata è diventata l’anello debole su cui una multinazionale può infierire, interessata com’è soprattutto a inibire l’espansione della concorrenza. Risultato che oggi può conseguire sia attraverso consistenti tagli occupazionali (si parla di 5 mila esuberi), sia chiudendo la fabbrica dopo aver scongiurato l’insediamento della cordata rivale. Gad Lerner su Repubblica a pagina 27.

 

Il segnale di debolezza dello Stato.

La caccia alle responsabilità altrui è aperta, e infuria. Cenni di autocritica, invece, non se ne vedono. Forse perché le non scelte che hanno portato alla rottura tra la compagnia franco-indiana ArcelorMittal e lo Stato italiano sono così diffuse da far presagire contraccolpi pesanti per tutti. Il tentativo di creare una sorta di unità nazionale anti-Arcelor Mittal sa di mossa disperata. Se questa corsa affannosa ai ripari si rivelerà fuori tempo massimo, per il governo può diventare un altro imbarazzante segnale di logoramento. Massimo Franco sul Corriere a pagina 10.

Ilva, bisogna decidere.

L’Ilva è l’ennesimo brutale inciampo per una classe politica ondivaga e stonata. Rischia di innescare una crisi lunga e difficile, durante la quale non bisognerebbe dimenticarsi di chi produce, di chi lavora, di chi respira. Servirebbe una decisione presa nell’ambito di una strategia industriale seria e moderna, concertata, credibile e mantenuta nel tempo. Se non ci piace dove stiamo, esiste sempre la facoltà di cambiare posto. Siamo uomini, mica ciminiere. Marco Zatterin sulla Stampa in prima.

Un partito trasversale contro l’immunità.

L’unica novità degna di nota è l’emergere di un partito trasversale anti-scudo penale, in grado di condizionare o di bloccare qualsiasi soluzione di compromesso il governo abbia intenzione di proporre. Al vertice di questo partito c’è l’ex-ministro grillino per il Sud Lezzi, che capeggia un sottogruppo di 17 senatori capaci di azzoppare qualsiasi maggioranza a Palazzo Madama. Ma se Arcelor-Mittal si impunta sullo scudo, la reazione potrebbe essere dura, visto che il contratto non lo prevede e Conte non è in condizioni di riproporlo. Marcello Sorgi sulla Stampa a pagina 5.

I grillini d’acciao schiacciano il Pd.

Barbara Lezzi si è guadagnata il suo quarto d’ora di celebrità e forse ha posto le basi per un rilancio della sua carriera politica, magari come candidata alla presidenza della Regione Puglia. Nessuno meglio di lei incarna l’inesistente classe dirigente espressa dal M5S: inesistente e priva di competenze, ma in grado di contaminare in negativo il Pd. Che di fronte ai grillini è cedevole e remissivo in forme sorprendenti. Doveva essere il Pd, con la sua tradizione ed esperienza, a fagocitare gli inesperti 5S fino a rendere convincente l’alleanza a due proprio sul terreno dei contenuti e delle riforme. Ma sta accadendo proprio l’opposto. Stefano Folli su Repubblica a pagina 27.

POLITICA
Il piano per dimezzare la plastic tax.

Si lavora al rinvio, anche sulle auto aziendali. Gentiloni: all’Italia serve ancora disciplina di bilancio. Mario Sensini sul Corriere a pagina 3.

Auto aziendali, salve quelle in uso.

Dopo l’intesa per ammorbidire l’impatto sull’imponibile dei dipendenti con benefit di veicolo (30% auto elettriche o ibride, 60 per le auto standard e 100 per le super inquinanti) il Tesoro pensa a limitare l’aumento dell’imponibile al nuovo parco auto esentando dal rincaro le auto già in uso. Di fatto un forte ridimensionamento. Roberto Petrini su Repubblica a pagina 10.

Voglio i 3 miliardi per la scuola.

Non cedo. Tre miliardi o lascio il posto a un altro. Intervista al ministro dell’Istruzione Fioramonti. Guai ad amministrare il Paese con la paura di perdere consenso Pretendo di essere coinvolto, non posso scoprire le decisioni su Internet… Corrado Zunino su Repubblica a pagina 10.

Dall’esecutivo danni incalcolabili.

Nessuno verrà più a investire da noi dice il presidente di Confindustria Lombardia Bonometti. Alle imprese solo promesse. Sergio Bocconi sul Corriere a pagina 6.

L’Italia resta in stagnazione. Ma Bruxelles la promuoverà.

L’Italia è in stagnazione, ancora fanalino di coda d’Europa con una crescita nel 2019 pari allo 0,1%, stima identica a quella del governo. Nel 2020 invece il Pil salirà dello 0,4%, di due decimali inferiore ai calcoli di Roma. Lo certificheranno domani le previsioni economiche d’autunno della Commissione europea. Che però, a differenza dello scorso anno, non saranno drammatiche per il Paese e per la sua tenuta sui mercati. Alberto D’Argenio su Repubblica a pagina 10.

Regge infatti il deficit: se il governo per il 2020 lo fissa al 2,2%, per Bruxelles sarà più alto in misura minima: 2,3%. Uno scostamento inferiore ai 2 miliardi che non pregiudicherà il via libera finale alla manovra previsto per il 20 novembre, quando la Commissione pubblicherà le opinioni sui paesi della moneta unica. Grazie a una flessibilità monstre da 14 miliardi strappata dal ministro dell’Economia Gualtieri, Bruxelles si limiterà a parlare di rischi significativi di scostamento rispetto alle regole dell’euro, ma senza affondare il colpo. Una nuova verifica sui conti italiani arriverà a maggio-giugno del 2020. Un quadro positivo se paragonato a quello dello scorso anno e al compito di sterilizzare 23 miliardi di Iva. Ma perché regga, la manovra e i suoi saldi non dovranno essere stravolti in Parlamento.

Il suicidio politico.

I governi camminano sulle gambe del Paese. O cadono. Il governo ha tagliato 26 miliardi di tasse (23 del disinnesco dell’Iva e 3 del cuneo fiscale): non una cosa da poco, ma il Conte 2 passerà alla storia per la tassa sulle merendine, che poi non ha messo, e per quella sulla plastica, che forse dovrà ridurre (o «rimodulare») ben al di sotto del miliardo previsto. Questa débâcle del «Fisco percepito», come lo ha brillantemente definito Daniele Manca sul Corriere, non è solo frutto di una cattiva comunicazione, ma di una cattiva politica. Il presidente del Consiglio deve prendere nelle proprie mani quelle redini che già nella sua esperienza precedente gli sfuggirono. Non siamo sicuri che ne abbia ancora il tempo: ma di certo ne ha il dovere democratico. Antonio Polito sul Corriere in prima.

Il premier: «Su Fiber io corretto».

Alla Camera Conte cita l’ex vice: fu lui a presiedere il Consiglio dei ministri sul caso. Anche il M5S accusa Salvini, lite in Aula. Marco Galluzzo sul Corriere a pagina 8.

La sfida dei pareri.

Non c’è solo quello del premier. Sono diversi i pareri stilati sull’acquisizione. Tra i libici e Mincione per Retelit e la «golden power». Federico Massaro sul Corriere a pagina 8.

Fondi da Parnasi, politici verso il processo. L’inchiesta sull’ex tesoriere pd Bonifazi e quello della Lega Centemero: «Così il costruttore finanziava i partiti». Il renziano accusato anche di falsa fattura per lo studio realizzato dalla fondazione Eyu. Il dirigente del Carroccio nei guai per spot pagati su Radio Padania ma ritenuti dai pm «fittizi». Fiorenza Sarzanini sul Corriere a pagina 9.

Altolà di Zingaretti.

«Basta con chi vuole metterci in difficoltà». Matteo? Contro di noi azione di basso livello. Il segretario spiazzato da Di Maio. E vorrebbe più interventismo da parte di Conte. C’è chi ha il compito di mediare e non di tenersi defilato. Maria Teresa Meli sul Corriere a pagina 10.

Zanda licenzia Anzaldi e Nobili.

I due deputati passati con Renzi sono dipendenti pd in aspettativa. I due erano rimasti dipendenti del Pd mentre i lavoratori dei gruppi passati con Italia Viva erano stati costretti a dimettersi. Claudio Bozzo sul Corriere a pagina 10.

Il no di Mattarella a Ruini.

Replica indiretta al cardinale che è favorevole all’apertura di un dialogo tra la Chiesa e Salvini: “La fede autentica è vissuta in modo laico”. Elogio dei cattolici sociali “Politica non sia disumana”. Giovanna Casadio su Repubblica a pagina 11.

Mattarella e l’impegno dei cattolici.

«La politica non sia disumana». Le parole del presidente (dopo quelle di Ruini). Elogio di una tradizione da Sturzo a Moro. Marzio Breda sul Corriere a pagina 11.

L’arresto del portaborse. Gli sms smentiscono la deputata.

Contatti con Nicosia fino a 7 giorni fa. Il 29 ottobre scorso, l’esponente dei Radicali Italiani Antonello Nicosia (arrestato lunedì) era a casa di uno dei fedelissimi del latitante Matteo Messina Denaro. Mentre si rallegrava per la sua scarcerazione, mandò un sms alla deputata Giusy Occhionero: «Ti aspetta Santo Sacco». E lei, per nulla sorpresa, rispose: «Ma è uscito dal villaggio?». Il “villaggio”, ovvero il super carcere di Nuoro. La deputata all’epoca di “Liberi e Uguali” oggi di “Italia Viva” sembrava aver capito perfettamente chi fosse Santo Sacco che le mandava i saluti e che chiedeva di incontrarla.

E, adesso, questi sms, intercettati dai carabinieri del Ros, lanciano nuove ombre sulla parlamentare che aveva ingaggiato come collaboratore un condannato a dieci anni per traffico di droga, impegnato nella battaglia per i diritti dei detenuti, ma solo alcuni, quelli vicini alla primula rossa di Cosa nostra. Gli sms smentiscono la prima dichiarazione della deputata Occhionero, che dopo il blitz di Guardia di finanza e Carabinieri aveva detto: «La collaborazione durò solo quattro mesi, la interruppi quando mi accorsi che si spacciava per docente e studioso dei diritti dei detenuti». Ma a fine ottobre, come testimoniano i messaggi, Occhionero e Nicosia erano ancora in contatto. E i toni continuavano ad essere confidenziali. Ieri, la deputata è stata sentita per due ore in procura. «Ho sbagliato tutto — ha messo a verbale — Mi sono fidata di lui, mi era stato presentato dai Radicali». Quando poi i pm Guido, Ferrara e Dessì le hanno chiesto come fosse stato possibile assumere come collaboratore un condannato per droga, ha risposto candidamente: «Alla Camera non c’è alcun controllo, perché avrei dovuto farli io?».

Radicali, infiltrati e sciacalli.

In prigione entrava come assistente di una deputata (non indagata) della sinistra di Pietro Grasso, ma era iscritto a Radicali italiani. Perché questa medaglia, che abbaglia più dell’antimafia dello stesso Grasso, lo rendeva sacerdote della libertà, arbitro dei diritti e dei doveri del detenuto. E quando trafficava, anche in piccole tv libertarie, con i valori radicali, nessuno si accorgeva che c’era troppo inferno in quella maschera transgenica. Si sa che la fiducia regge il mondo. E i radicali sono sempre stati affidabili. Lo sciacallaggio in Italia è ormai una banalità ma, se i radicali non fossero ridotti così male nessuno si permetterebbe di volare tanto basso, con l’idea che gratta gratta, dietro Nicosia c’era la banda Bassotti dei garantisti, e che in fondo anche Pannella era solo un complice di Al Capone. Francesco Merlo su Repubblica a pagina 26.

I tempi della giustizia.

L’indagine che sfiorò Lupi, e che lo costrinse a dimettersi anche se non indagato, finisce in archivio. Fraintesa l’intercettazione chiave: così si chiude a Milano lo stralcio dell’inchiesta fiorentina su «Palazzo Italia». A sei anni dai fatti Brescia attende ancora il vaglio del gup, Roma deve decidere se processare 14 persone. Luigi Ferrarella sul Corriere a pagina 20.

Segre: «Salvini? Gli offrirò un caffè».

Striscione di Forza Nuova contro di lei Milano, la senatrice apre all’ex ministro. “Io non odio, lo incontrerò”. Messaggio di Forza Nuova contro Sala davanti al teatro dove parla la senatrice a vita sopravvissuta ad Aushewitz. Premiata per l’impegno civile. E gli studenti intonano “Bella ciao”. Matteo Pucciarelli su Repubblica a pagina 15.

Campania, Salvini ci crede.

Matteo Salvini già pensa alla Campania, dove si voterà in primavera. Ma ha un problema che, per la verità, vorrebbero avere gli altri leader di partito: la lunga fila di persone che bussano alla sua porta. “Mandiamo De Luca ai giardinetti” e apre al nome della Carfagna. Amedeo Lamattina sulla Stampa a pagina 9.

“Lega, sui 49 milioni la truffa c’è stata”.

Lo dice la Cassazione. Anche se il processo che ha originato l’ormai celebre caccia ai 49 milioni della Lega si è concluso con la prescrizione “ai fini della confisca, come anche in questo caso correttamente affermato dai giudici di merito, il partito non può essere considerato estraneo al reato”. Su Repubblica.

Lo si legge nelle motivazioni della Cassazione relative al processo che ha visto andare prescritti l’ex leader della Lega Nord Umberto Bossi e l’ex tesoriere del partito Francesco Belsito. I giudici hanno però sottolineato come non ci siano dubbi sulla sussistenza del reato di truffa aggravata che aveva portato a condanne in primo e secondo grado e aveva fatto scattare la confisca dei 49 milioni che il Carroccio restituirà a rate, come concordato con la procura di Genova.

Giorgetti Matteo e l’Ilva.

L’Ilva uno dei tre motivi principali della crisi d’agosto assieme al caso Tav e ai nuovi inceneritori dice Giorgetti. “Ora anche il Pd sa chi sono i 5S, dovrebbe scappare”. Carmelo Lopapa su Repubblica a a pagina 6.

CONDONO PD
Balotelli in Nazionale?

Mancini ispirato dal presidente della Federcalcio Gravina ci pensa. Intanto curva chiusa per il Verona che daspa il suo ultrà fino al 2030. Carlos Passerini sul Corriere a pagina 48.

Tre vigili del fuoco morti per una vendetta.

Il timer, l’esplosione. Alessandria, salta in aria una cascina: uccisi i soccorritori arrivati dopo un primo scoppio. Tre i feriti. Il proprietario: “Mi hanno fatto un dispetto”. La pista della lite familiare. Repubblica a pagina 8.

Il coraggio del dovere.

L’esempio dei tre giovani pompieri che hanno sacrificato la propria vita, però, ci dice e ci insegna che ci sono ancora ideali cui rendere testimonianza con il proprio impegno, il proprio lavoro, e eventualmente il proprio sacrificio; e i veri eroi sono persone come loro, persone che, senza cedere al fascino di qualche “mi piace” ottenuto sui social, mostrano la loro grandezza e il loro eroismo con la coerenza e il coraggio della propria condotta. Michela Marzano su Repubblica a pagina 26.

ECONOMIA
Fca-Psa, verifica su conti e cessioni.

In vista dell’ok dell’Antitrust. Oggi a Parigi è previsto il primo incontro tra i manager. Peugeot vuol vendere Faurecia e l’impianto cinese di Ds. Tavares studia “nuove strategie” per il mercato asiatico. Leonardo Martinelli sulla Stampa a pagina 16.

Patto per l’acqua

Un piano da 8 miliardi. Investire su idrovore e canali. I consorzi riuniti nell’Anbi gestiscono 800 idrovore e 200 mila chilometri di canali. Sergio Bocconi sul Corriere a pagina 30.

In Italia un gigante con 7 mila dipendenti tiene all’asciutto buona parte del Paese, che altrimenti sarebbe sott’acqua, con circa 800 idrovore. E provvede all’irrigazione collettiva di 3,3 milioni di ettari, pari più o meno ad altrettanti campi di calcio, attraverso 200 mila chilometri di canali, equivalenti a 5 volte il giro del mondo. È il network dei 142 consorzi di bonifica riuniti nell’Anbi, associazione nazionale nata nel 1928 che copre oltre metà del territorio.

Il dilemma dello Stato: risparmiare sugli affitti?

Lo Stato vuole risparmiare sui costi degli immobili che le amministrazioni occupano in affitto. Vorrebbe anche fare cassa dismettendo gli immobili che possiede e che sono occupati dall’amministrazione. Ma se risparmia sull’affitto poi deve vendere a meno perchè il valore dell’immobile è proporzionato al reddito da affitto. Gino Pagliuca sul Corriere a pagina 29.

Alitalia

Cala il conto del salvataggio. Per la compagnia “solo” 850 milioni. Domani arriva la proposta Lufthansa. Delta aspetta ma non si è ritirata dalla competizione. Lucio Cillis su Repubblica.

Carta Europea
Intesa Mediaset Vivendi

“Pronti a cambiare lo statuto Mfe”. Prove d’intesa fra i colossi dell’audiovisivo. Il Biscione è disposto a eliminare alcuni articoli indigesti ai francesi. Dal giudice tempo fino al 22 novembre, poi ci saranno le assemblee. Francesco Spini sulla Stampa.

ESTERI
Di Maio e la Via della Seta.

«Faremo i conti nel 2020». Siglato l’accordo su Trieste. L’impossibilità per i Paesi europei (ma anche per gli Stati Uniti) di rinunciare a un mercato di 1,4 miliardi di consumatori è l’asso di Xi nel poker della globalizzazione. Di Maio vuole restare al tavolo e per valutare i benefici economici e i costi politici chiede di fare i conti nel 2020. Guido Santevecchi sul Corriere a pagina 17.

Dal Pireo alla Liguria.

Così il Dragone è sbarcato nei porti. Una storia di successo se si guarda all’enorme sviluppo logistico del porto del Pireo, ma anche una spina nel fianco, se è vero che le imprese locali non riescono a intestarsi nemmeno un contratto d’appalto mentre le merci cinesi hanno trovato un ampio porto d’approdo nel Mediterraneo. Antonella Baccaro sul Corriere a pagina 17,

Il patto Macron-Xi.

Di Maio a Shanghai per rafforzare il protocollo della Via della Seta, ma la Francia è protagonista: “Abbiamo bisogno che la Cina si apra su clima e commercio” dice il presidente francese. E il patto fra Macron e il presidente cinese mette in ombra l’Italia. Francesca Sforza sulla Stampa a pagina 8.

Spagna. Lo «tsunami» degli anarchici.

Barcellona bloccata. Si discute che fare alla vigilia del voto: fermare la città? Il rischio è favorire la destra. Dicono i manifestanti: ci sono in azione agenti provocatori. Vogliono far credere all’Europa che siamo violenti. E noi vogliamo mostrare il volto della repressione di Madrid. Aldo Cazzullo sul Corriere a pagina 19.

L’ambasciatore Usa imbarazza Trump.

Si complica l’inchiesta per l’impeachment del presidente Trump, ora che il suo alleato e ambasciatore presso l’Unione Europa Gordon Sondland ha cambiato la propria versione, confermando che il do ut des con l’Ucraina era avvenuto. “Lo sambio di favori sul caso Ucraina ci fu”. Paolo Mastrolilli sulla Stampa a pagina 14.

Messico, sterminata una famiglia di mormoni.

Strage dei narcos al confine con gli Usa. Nove morti, colpi di mitra contro i bambini. Il governo: “Scambio di persona”. Trump: mando l’esercito. Paolo Mastriolilli sulla Stampa a pagina 10.

Catturata la sorella di Al Baghdadi.

Lotta al terrorismo. I turchi arrestano Rasmiya Awad in Siria, a pochi chilometri dal rifugio dell’ex califfo. La donna è considerata dagli 007 una “miniera d’oro” di informazioni. Giordano Stabile sulla Stampa a pagina 11.

Al fianco di Haftar 200 mercenari di Mosca.

Mercenari russi combattono al fianco di Khalifa Haftar nella guerra contro il Governo di accordo nazionale riconosciuto dalla comunità internazionale. Lo scrive il «New York Times» confermando quanto anticipato da «La Stampa», ovvero che «emergono indicazioni secondo cui negli aeroporti di Al Jufra (Fezzan) e Al Watiya (Tripolitania) sono giunti uomini, mercenari, mezzi e velivoli di nazionalità russa appartenenti a un’agenzia di sicurezza che collabora o appartiene al governo di Mosca». Francesco Semprini sulla Stampa a pagina 11.

Macron accelera sull’immigrazione. Pronte le quote per le professioni.

Oggi il Governo francese presenterà una ventina di misure per riformare la politica migratoria, tra cui l’introduzione di quote per l’immigrazione di tipo economico. Leonardo Martinelli sulla Stampa a pagina 15.

In vista delle presidenziali del 2022, dove al momento attuale si prevede la solita sfida tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, l’attuale presidente non vuole lasciare alla rivale il monopolio sul delicato tema dell’immigrazione. Macron intende agire, anche in maniera innovativa e presenta il progetto sulle quote. Era stato un cavallo di battaglia di Nicolas Sarkozy alle presidenziali del 2007. Una volta eletto, ci aveva provato. Ma due anni dopo, l’organismo pubblico, che doveva introdurle, le aveva giudicate «inefficaci, irrealizzabili e senza interesse». Argomento «di destra», costantemente osteggiato dalla sinistra, lo stesso Macron le aveva escluse durante la sua campagna alle ultime presidenziali. Ora, invece, le riesuma. E Yannick Jadot, leader dei Verdi e nuova speranza della gauche, ha detto che le quote «possono mostrare che l’immigrazione è anche una chance nel nostro Paese». Come spiegato ieri dalla ministra del Lavoro, Muriel Pénicaud, ogni anno (a partire dalla prossima estate) si fisseranno per decreto quote di immigrati che potranno regolarmente entrare in Francia, se avranno le competenze e la disponibilità a svolgere una professione per la quale nel Paese non si trova manodopera. Già si rilascia questo tipo di permessi di soggiorno, ma sono stati solo 33 mila nel 2018 sui 260 mila totali, mentre 150 mila posti di lavoro restano vacanti ogni anno per mancanza di personale. Si va da professioni qualificate, come l’ingegnere informatico, a mestieri di livello molto più basso, nel settore della ristorazione o nell’edilizia. Si creerà un sistema informatico per effettuare il calcolo dei posti da riempire in tempo reale, sulla base delle indicazioni fornite dai partner sociali le regioni, gli uffici di collocamento. Comunque, le venti misure sull’immigrazione presentate oggi comprenderanno anche restrizioni ai flussi, come i limiti al ricongiungimento familiare (e una lotta più dura contro chi froda, padri che riconoscono come figli dei bambini solo per permettere loro di raggiungere la Francia). Poi, sarà riconosciuto il diritto all’assistenza sanitaria universale solo tre mesi dopo l’arrivo, per limitare il «turismo sanitario», che spinge a emigrare in Francia per farsi curare gratuitamente.

Ambiente Protocolli
SEGNALAZIONI
Il libro di Vespa…

Se comprate una ricca mazzetta di giornali oggi vi ritrovate fra le mani, senza passare in libreria, il libro di Bruno Vespa. Un capitolo per ogni testata è l’inveterata abitudine del conduttore di Porta a Porta di fare promozione sui quotidiani. «Perché l’Italia diventò fascista (e perché il fascismo non può tornare)», è il titolo del libro in uscita oggi per Mondadori/Rai Libri.

Sulla Stampa. I timori del segretario dem raccontanti nel nuovo libro di Bruno Vespa. Zingaretti e l’alleanza col M5S: “Non sia una guerra continua”.

Sul Corriere. Conte e la bufera d’agosto. «Quando Matteo mi disse che voleva correre da solo» Nel nuovo libro diVespa i giorni della crisi gialloverde.

…e quello della Ferrante.

Ma oggi esce anche La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante. Recensioni e anteprime su tutti i quotidiani. Paolo di Stefano sul Corriere. Masini su Repubblica, Michela Tamburrino sulla Stampa, con anteprima.

Da Copernico a Bezos, cinque «cattive notizie». Tutto iniziò con il Sole e con Copernico. Fino a quando non arrivarono Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e Larry Page: al centro non ci siamo noi, ma un algoritmo. Dove scapperemo ora?

Massimo Sideri sul Corriere a pagina 35.

Tutto ebbe inizio con Niccolò Copernico. L’uomo si stava crogiolando al centro dell’Universo grazie alle verità aristotelico-tomiste quando a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento arrivò la prima «cattiva notizia»: al centro, mi dispiace, c’è il Sole. L’uomo allora si rifugiò nella Natura trovando in essa il nuovo epicentro esistenziale. La soddisfazione durò in effetti oltre tre secoli, fino a quando un laureato in Teologia all’università di Cambridge — un uomo il cui padre aveva sentenziato su di lui: non concluderà mai nulla di buono nella vita — non veicolò la seconda cattiva notizia. Era Charles Darwin. A lui il merito di averci ricordato che non siamo nemmeno al centro della Natura ma anzi ne siamo forse un’eccezione, una singolarità, un sassolino caduto diversamente nella lunga strada dell’evoluzione. Cosa fece l’uomo dopo aver perso la centralità dell’Universo e della Natura? Lo si scopre anche leggendo «L’arte del romanzo» dove Milan Kundera ci porta dall’epoca dei grandi racconti cavallereschi di Cervantes a Kafka: l’homo sapiens diventò «homo psychologicus» e si rifugiò nella mente. A portare la terza cattiva notizia fu Sigmund Freud che ci ricordò come anche questa centralità fosse illusoria: siamo il risultato dell’inconscio e dei problemi insoluti con le nostre madri. A disegnare questo geniale percorso fu lo stesso Freud il cui fine, nemmeno tanto nascosto, era quello di indicare agli altri il proprio contributo fondamentale nella comprensione dell’essere umano. Non meno geniale è stato Luciano Floridi, filosofo che insegna all’Università di Oxford, a cui si deve la quarta cattiva notizia. Persa la centralità anche della mente l’uomo si ritrasse nella tecnologia, credendo di poterla domare. Fino a quando Alan Turing non decise di iniziare con una domanda un famoso articolo pubblicato nel 1950 nella rivista Mind: le macchine possono pensare? L’uomo a questo punto — ed è questo il mio piccolo contributo — vagò qualche decennio nell’incertezza fino a quando non arrivò Internet. Wow. Fu qui che l’essere umano scoprì di potersi ricostruire una centralità nell’infosfera, un nuovo equilibrio aristotelico. Fino a quando non arrivarono Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e Larry Page: al centro non ci siamo noi, ma un algoritmo. Dove scapperemo ora?