Marco Palombi

Era il luglio del 2015 quando iniziammo a occuparci di quello che avremmo poi ribattezzato “Air Force Renzi”. D’altra parte la notizia, indirettamente, ci arrivava direttamente dall’interessato, che al culmine del suo potere, che – dopo il 40% alle Europee e poco prima di farsi padre costituente – amava vantarsi del mezzo di trasporto di cui aspettava la consegna. ERA L’ALLORA presidente del Consiglio, in quelle settimane, a spiegare a imprenditori, amici e interlocutori casuali la meraviglia della sua pensata: un grosso aereo in grado di fare voli “a raggio ultra-lung o” (superiori alle 12 ore) e che avrebbe avuto tutti i comfort, compresa la connessione wi-fiinvece del misero telefono vocale dei normali “aerei blu”. Stare senza internet per qualche ora era un dramma per la macchina della comunicazione renziana, senza contare che il nostro non gradiva, arrivando ai grandi vertici internazionali, il paragone coi mega-aerei degli altri leader mondiali tipo Obama o la Merkel: la flotta italiana, disse la presidenza del Consiglio, non è adeguata. Insomma, una classica questione di misure, per così dire, o un caso che allora definimmo di “invi dia dell’ala”. Quella notizia, però, non uscì a luglio, Il Fattola pubblicò solo due mesi dopo, il 12 settembre 2015. In assenza di carte e testimoni diretti, infatti, chiedemmo conferma a Palazzo Chigi e l’ufficio stampa rispose (dopo molte ore di silenzio) con un m e s s ag g i o : “Non abbiamo ordinato nessun aereo”. Una bugia, come ormai è chiaro, al posto del “no comment” che si usa in casi come questi. Poco male, la pubblicazione fu solo rimandata, ma questo particolare racconta in modo plastico la procedura particolarmente oscura adottata per l’acquisto in leasing dell’Air Force Renzi: tutto fu gestito attraverso trattativa privata e direttamente da Palazzo Chigi, senza coinvolgere l’Aeronautica militare, che gestisce gli aerei a disposizione delle alte cariche dello Stato. Zero trasparenza, nessun controllo preventivo sulla procedura (e come leggete qui accanto ce n’era assai bisogno) e pochi pure ex post: sul contratto multi-milionario con Etihad-Alitalia fu incredibilmente apposto il segreto di Stato e questo nonostante il velivolo fosse stato registrato come civile e non militare.

LO STILE DELL’UOMO, d’altra parte, è assai disinvolto. Basti dire che il giorno della pubblicazione della notizia, non contento delle polemiche sollevate dall’Air Force Renzi (persino da Enrico #staisere – no Letta), il giovine di Rignano se ne volò a New York con un aereo di Stato insieme a Giovanni Malagò (Coni), Angelo Binaghi (Federtennis) e un bel pezzo del suo staff per godersi dal vivo la finale degli Us Open di tennis tra Flavia Pennetta e Roberta Vinci.