Fiorenza Sarzanini

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Richieste congiunte di «ricollocazione» dei migranti presentate all’Unione Europea. La svolta sulla distribuzione di chi sbarca in Italia arrivata dieci giorni fa — quando Germania, Francia e Malta hanno indicato a Bruxelles la cifra di stranieri che avrebbero accolto — è ormai operativa per tutti gli approdi delle navi. Vuol dire che nel momento in cui da bordo viene chiesto il via libera all’attracco nei porti, scatta la divisione per quote tra i governi. Una ripartizione preventiva che evita le estenuanti trattative condotte nei mesi scorsi quando il braccio di ferro con l’ex ministro Matteo Salvini le costringeva a stare per giorni in mezzo al mare. Risultato, esclusi minori e donne incinte: l’82 per cento di chi è già stato registrato andrà via. L’accordo—rimasto finora riservato anche per evitare l’ostruzionismo degli altri Stati Ue in attesa dell’insediamento della Commissione guidata da Ursula von der Leyen —èdunque «a regime». Agevolato certamente dal calo degli arrivi che in un anno sono più che dimezzati: dai 23.370 del 2018 si è passati ai 10.882 del 2019. Sono in aumento gli sbarchi autonomi, un fenomeno che rimane preoccupante anche perché le partenze sono dalla Libia, ma anche dalla Tunisia, però la cifra complessiva è al minimo rispetto agli ultimi quattro anni. E questo sta spingendo altri Paesi ad offrire la propria collaborazione, compresa la Spagna. I tre sbarchi Ong Dopo il patto siglato a La Valletta a settembre, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha continuato a tessere la tele dei rapporti bilaterali con i partner europei per renderlo stabile, ma soprattutto per far passare il principio che la distribuzione diventasse «automaticaepreventiva». Una richiesta accolta con freddezza da numerosi Stati del Nord Europa e definita «irricevibile» da quelli del blocco di Visegrad (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Slovacchia). Al fianco dell’Italia si sono invece schierati diversi Paesi e ciò ha consentito di raggiungere l’obiettivo per gli ultimi tre sbarchi delle navi delle Ong che hanno così ottenuto subito il Pos per entrare in porto e sono approdate. Il 24 novembre è giunta a Messina la Ocean Viking con 212 migranti, due giorni dopo la Open Arms ha portatoaTaranto 62 stranieri (11 erano stati prelevati prima) e sempre il 26 novembre la Aita Mari ha attraccato a Pozzallo con 78 persone. In tutti i tre casi è stato applicato l’articolo 80 del Trattato di fondazione dell’Unione che sancisce il principio di «solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri». Ed è scattata la divisione: la Germania ha accettato 69 richiedenti asilo, mentre 90 andranno in Francia. A loro si sono aggiunti la Spagna con 25 stranieri, il Portogallo 20 e l’Irlanda 6. Il percorso è avviato e adesso si sta trattando con Cipro, Lussemburgo e Grecia, ma anche con la Romania per ampliare la rosa di chi accoglie. Via 57 persone al mese Secondo i dati forniti dal Viminale «nel 2019 sono stati trasferiti con ricollocamenti 262 migranti, 172 di quali dopo il 5 settembre», dunque dopo l’insediamento del governo Conte2el’uscita di Matteo Salvini dal Viminale. Negli ultimi tre mesi «i trasferimenti con ricollocamento sono stati 172 (57 al mese) che comprendono anche le quote offerte precedentemente dai Paesi Ue». Una media molto più alta di quella registrata tra giugno 2018 e agosto 2019 quando «i migranti trasferiti con ricollocamento sono stati 238 (16 al mese)». Le cifre danno conto della situazione e soprattutto dei problemi da affrontare. Dopo la cifra record di 119.369 sbarchi nel 2017, il 2018 ha mostrato un drastico calo con 23.370 arrivi che si sono ridotti ulteriormente quest’anno con 10.882 stranieri registrati. Rimane però sempre alto il numero di chi arriva a bordo di gommoni e barchini direttamente sulle spiagge o nei porti. Se nel 2018 erano stati 5.999, negli ultimi undici mesi siamo già a 7.926 migranti.