L’Europa apre alla flessibilità sui conti italiani. E lo fa con la voce di un falco come Valdis Dombrovskis: «È incoraggiante che Roberto Gualtieri mi abbia delineato l’intenzione di stare nelle regole del Patto, ha detto che sta guardando alla flessibilità ma dobbiamo ancora fare un’analisi approfondita, non posso trarre conclusioni ora». Insomma, per il vicepresidente della Commissione il negoziato tra Roma e Bruxelles può partire. A differenza dello scorso anno non sarà segnato da minacce e intemperanze italiane, ma da un dialogo sottotraccia. Non per niente l’ex premier lettone parla di «collaborazione costruttiva». Salutata anche dal ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz: «Abbiamo una buona base per un lavoro comune». Aggiunge il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno: «Il nuovo governo è proeuropeo e non vediamo alcun problema». Il battesimo del fuoco di Roberto Gualtieri nei panni di ministro dell’Economia italiano alla due giorni europea di Helsinki parte bene. Vuoi perché il ministro conosce già gli interlocutori di Eurogruppo ed Ecofin per essere stato presidente della commissione economica dell’Europarlamento. Vuoi perché il ritrovato galateo pro Ue promette un negoziato più sereno. Che comunque è solo agli inizi, visto che il Tesoro non dispone ancora dei numeri necessari a impostare la strategia sui conti 2020. Tuttavia il risultato che appare già acquisito, e non è poco, è che Roma una volta coperta l’Iva (23 miliardi) non dovrà fare altre correzioni di bilancio. A giugno gli europei avevano chiesto una riduzione dello 0,6% del deficit strutturale. Con la copertura dell’Iva il Paese lo migliorerebbe dello 0,1% e di questo si accontenteranno a Bruxelles. In gergo europeo si chiama “conformità di massima” con le regole. Uno sconto quasi 10 miliardi. Il punto ora è trovare una flessibilità extra, creativa, per alleggerire il compito sull’Iva. Sia il governo italiano – sostenuto da diversi partner, come la Francia – che la Commissione pensano a nuove clausole sugli investimenti, in particolare “verdi”, ma i lavori sono in fase embrionale e il nuovo di team di Ursula von der Leyen chiamato a portare le eventuali novità si insedierà solo il primo novembre, a pochi giorni dal giudizio sulla manovra. Far combaciare i tempi è difficile. Ecco perché per cautela negoziale ieri Gualtieri ha sottolineato che i momenti della manovra e dello scorporo degli investimenti dal deficit «sono diversi». Comunque per ribadire la determinazione del governo sulla green economy, ieri il titolare dell’Economia ha portato l’Italia nella Coalizione dei ministri finanziari per la lotta al cambiamento climatico, un gruppo di 40 paesi che punta a investire 26 trilioni di dollari e creare 65 milioni posti di lavoro entro il 2030. Proprio gli investimenti sono stati l’argomento centrale dell’Eurogruppo, con i ministri che hanno pressato i paesi con i maggiori surplus – Germania in testa – a spendere per rilanciare la crescita del continente. Esigenza espressa in pubblico anche dall’ortodosso Dombrovskis: «C’è preoccupazione per il rallentamento globale, chiediamo a chi ha spazio di bilancio di investire». Tra i ministri più espliciti anche il francese Le Maire, per il quale «chi ha più spazi di manovra deve favorire la crescita». Lo stesso ministro di Parigi si è detto scettico sulla riforma del Patto di stabilità: «Sono molto prudente, sarebbe un dibattito difficile, lungo e incerto». E per “incerto” leggi il rischio che alla fine su spinta nordica le regole potrebbero diventare ancora più dure.