Alberto D’Argenio
La Germania di Angela Merkel e la Francia di Emmanuel Macron stoppano la vendita di armi alla Turchia di Erdogan. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, annuncia che domani alla riunione dei ministri degli Esteri dei Ventotto chiederà che «tutta l’Unione» proceda con l’embargo. Fonti di governo fanno sapere che in caso di inazione europea, l’Italia procederà autonomamente come hanno già fatto Olanda, Finlandia, Norvegia e appunto ieri Francia e Germania. Ecco che con la drammatica escalation sul terreno siriano si inasprisce la posizione diplomatica delle capitali del Continente verso la Turchia, in settimana pronte a «condannare» esplicitamente l’azione turca (finora si sono limitate a chiedere lo stop delle operazioni militari). Tuttavia non è detto che alla fine riusciranno a lanciare ritorsioni davvero capaci di colpire il Sultano di Ankara. Mentre Erdogan avanza nel suo progetto di sostituzione etnica nel Nord della Siria, dove intende cacciare i curdi e impiantare 2 dei 3,6 milioni di profughi siriani sunniti che ospita nel suo Paese, l’Europa stenta a trovare quella posizione comune invocata anche dal premier Conte. Fondamentale per capire cosa l’Unione possa davvero fare sarà l’incontro di questa sera tra Merkel e Macron. Domani poi toccherà ai ministri degli Esteri Ue riunirsi nel Lussemburgo, ma decisivo sarà il vertice dei capi di Stato e di governo di giovedì a Bruxelles. Francia (che definisce l’offensiva in Siria «un attacco che mette in pericolo la sicurezza degli europei»), Italia, Svezia, Olanda, Danimarca e Lussemburgo chiederanno misure contro Erdogan. Sul tavolo tre diverse opzioni: l’embargo alla vendita di armi, sanzioni legate alle trivellazioni illegali turche in acque cipriote in gestazione da mesi e sanzioni direttamente correlate all’azione militare in Siria. La situazione è fluida ed è impossibile stabilire con certezza che cosa succederà nei prossimi giorni. Dipenderà anche dal grado di drammaticità dell’evoluzione in Siria e dalla posizione degli altri attori internazionali. Al momento certo è che gli europei sono spaccati. Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Bulgaria frenano. Sono terrorizzate dal ricatto di Erdogan di riversare ai loro confini milioni di rifugiati siriani che ospita dal 2016 in cambio di 6 miliardi versati dagli europei. Tuttavia media e opinioni pubbliche premono. Ecco perché ieri Berlino ha annunciato il blocco delle armi. Ma si tratta di un embargo solo su quelle terrestri, che poco male fa al terzo esercito della Nato. Gli europei discuteranno se trasformarlo in uno stop comune. Al momento però non c’è l’unanimità per sanzioni legate all’invasione della Siria sulle quale medita Parigi: scatenerebbero l’ira di Erdogan con il rischio della temuta riapertura della Rotta balcanica e milioni di migranti in marcia verso l’Europa centro-orientale. La terza opzione sono le sanzioni per le perforazioni turche in acque cipriote che assumerebbero una valenza politica anche rispetto alla Siria. Se la Germania era contraria, con il passare delle ore il suo “no” diventa sempre più difficile da sostenere. Ma dietro l’angolo potrebbe esserci un (poco glorioso) compromesso. L’esito potrebbe essere che i leader venerdì diano mandato a Federica Mogherini di studiare in tempi rapidi uno schema di sanzioni legate a Cipro (quindi non immediatamente operative) che colpirebbe le società impegnate nelle trivellazioni e bandirebbe dall’Europa i loro responsabili. Allo stesso tempo, per soddisfare le richieste di Berlino e delle altre capitali che affacciano sulla Rotta balcanica, gli europei potrebbero suggerire alla Commissione di preparare una nuova tranche di soldi per finanziare l’accoglienza dei siriani che resteranno in Turchia anche dopo l’invasione siriana. Se Erdogan per il 2020 chiede un terzo assegno da 3 miliardi, gli europei potrebbero concedere almeno un miliardo nella speranza di placarlo.