Alberto Mingardi

Sui contenuti della Nota d’aggiornamento al Def che verrà presentata oggi, il ministro Gualtieri ha gettato acqua sul fuoco. Il successore di Tria ha annunciato una “componente di revisione della spesa” ed escluso un ritocco dell’Iva. Scongiurare l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto è la ragion d’essere di questo esecutivo, perlomeno così l’ha battezzato Matteo Renzi. Ma per evitare che scattino le clausole di salvaguardia qualcosa andrà pur fatto. Per ora, si sente parlare di una ridda di provvedimenti il cui esito principale sarà ingarbugliare ancora di più l’indistricabile matassa del fisco italiano. Pd e M5S cercano l’intesa su misure che tocchino tasti cari all’elettore di sinistra. Si pensi ai tanti squilli di tromba che annunciano iniziative finalmente efficaci per la lotta all’evasione. La lotta all’evasione fa parte del catalogo di buone intenzioni di qualsiasi governo italiano, da un quarto di secolo a questa parte. La novità giallo-rossa consisterebbe in rocamboleschi aggravi selettivi dell’Iva, per settori ritenuti “a rischio evasione”, ma esclusivamente per i pagamenti in contanti, a cui si accompagnerebbe un bonus per gli acquisti con carta di credito. Non è difficile prevedere che gli esiti potrebbero essere ben diversi da quelli auspicati. In linea generale, tassare i prelievi o i pagamenti in contanti avrebbe con tutta probabilità l’effetto di disincentivare i depositi, di contante. C ol bel risultato che chi, per qualsiasi motivo, disponga di cartamoneta preferirà tenersi i suoi bei biglietti, e tenderà a scambiarli con beni e prestazioni non gravati da Iva. Se si offre uno sconto a chi già usa la carta, il primo effetto sarà un ammanco di gettito, che andrà compensato in qualche altro modo. Come? Verosimilmente con altre tasse. Non a caso, di nuove tasse è fatto il dibattito di queste settimane: a cominciare dalle imposte “etiche” su voli aerei e merendine. L’obiettivo dichiarato è quello di riorientare i comportamenti individuali, allineandoli alle aspirazioni della generazione Greta. L’obiettivo reale è più prosaicamente quello di rastrellare quattrini senza destare scandalo e irritazione, come farebbe l’aumento dell’Iva. Il nostro è già un fisco enormemente complicato, oltre che esoso, e da anni non c’è esecutivo che non prometta una qualche semplificazione. E invece sembra che ancora una volta siamo a destinati a prendere la direzione opposta. La speranza della maggioranza è che, disinnescato almeno per un po’ il problema Salvini, l’Europa possa dimostrarsi più tollerante con la nostra spesa in deficit. Prevale ormai l’idea che affinché l’economia riparta serva spendere quattrini in più. Ma i grandi problemi italiani stanno “sul lato dell’offerta”: la crescita asfittica deriva da anni di bassi incrementi di produttività, che qualcosa hanno a che fare con la persistenza di bardature corporative e con un’intermediazione pubblica che sfiora la metà del Pil. Il governo dovrebbe rispondere a una semplice domanda: perché l’Italia dovrebbe crescere di più, se è lo Stato e non il singolo contribuente a decidere che fare con i suoi soldi? La necessità del Pd e del Movimento Cinque Stelle di trovare un punto d’accordo “a sinistra” (ma che dirà e che farà il partito di Renzi?) rischia di regalarci una manovra con scarse ambizioni, ma con una chiara direzione di marcia. E’ lo statalismo dei piccoli passi, un aiuto lì, una tassa lì. Nulla di nuovo sotto il sole: la politica italiana negli anni Settanta e Ottanta era grosso modo questo. Solo che all’epoca c’era l’eredità del boom da dissipare, e quella ormai si è esaurita da un pezzo.