Aldo Cazzullo

L’impatto emotivo sulresto della Spagna è grande: il sovrano che i manifestanti considerano un usurpatoreèun simbolo di unità per milioni di spagnoli. Ed è solo l’inizio. Gli indipendentisti annunciano una mobilitazione per sabato, il giorno del silenzio elettorale. Ad aprile, quando i socialisti hanno vinto—ma non abbastanza —, gli elettori avevano avuto più paura degli estremisti di destra di Vox che dei nazionalisti catalani. Domenica potrebbero avere più paura dei nazionalisti catalani che degli estremisti di Vox. Ieri era il giorno della prima visita di Felipe a Barcellona dopo le condanne inflitte ai leader della secessione. Ed era il primo discorso pubblico importante dell’erede al trono, la principessa delle Asturie Leonor, dopo il breve intervento della settimana scorsa a Oviedo («guapa!» le hanno urlato dal pubblico; «muchas gracias» ha risposto la quattordicenne destinata, se tutto va bene, a essere la prima donna a regnare sulla Spagna dai tempi di Isabella di Castiglia). Dentro il palazzo dei congressi, nessun problema. Una piccola folla di unionisti ha accolto Felipe — accompagnato dalla regina Letizia e dall’altra figlia Sofia — al grido di «Viva el rey!». Fuori però i manifestanti lo bruciavano in effigie. Alcuni erano giovani anarchici mascherati, gli stessi che hanno devastato la città nei giorni scorsi. Ma molti erano uomini e donne di mezza età, con le braccia alzate, decisi a resistere agli agenti che dai megafoni avvertivano: «Andatevene o carichiamo». Tra poliziotti e uomini della Guardia Civil, lo schieramentoèlo stesso del primo ottobre 2017, il giorno del referendum e delle manganellate. Per proteggere il re però sono mobilitati in particolare i Mossos, i poliziotti catalani. Due settimane fa gli anarchici non hanno esitato ad attaccarli con l’acido. Ieri sera non si sono viste scene di violenza. Ma le foto del rogo hanno oscurato quelle del dibattito tra i candidati dei cinque principali partiti. Quelli di destra — Santiago Abascal di Vox, Pablo Casado dei Popolari, Albert Rivera di Ciudadanos — hanno puntato sul pericolo di disgregazione del regno, in una gara a chi faceva la faccia più feroce. Abascal è arrivato a chiedere di arrestare il presidente catalano Quim Torra. Il capo del governo, il socialista Pedro Sánchez, è apparso più volte in difficoltà, anche se ai catalani non ha offerto nulla, tanto meno l’amnistia per i condannati. L’unico ad aprire al dialogo è stato Pablo Iglesias di Podemos; ma la sua è apparsa una mossa per distinguersi, più che un realistico piano di un eventuale governo di sinistra. Nel frattempo Barcellona era paralizzata. La polizia ha bloccato la Diagonal, l’arteria che collega le due parti della città, e ha circondato l’albergo delre, che porta il nome di suo padre: hotel Juan Carlos I. Il dibattito tra i leader, durato fino all’una di notte, avrebbe anche conciliato il sonno; ma gli indipendentisti si sono portati pentole, coperchi e altri attrezzi da cucina da battere sulle ringhiere della metropolitana, per non far dormire il povero Felipe