Alessandro Di Matteo

Pd e M5s tentano l’affondo su Marcello Foa, già nei mesi scorsi dai 5 stelle erano arrivati segnali di insofferenza verso il presidente Rai ma adesso i neo-alleati di governo provano sul serio ad ottenere la testa dell’uomo voluto da Matteo Salvini ai vertici di viale Mazzini. Dopo l’intervista di ieri sulla Stampa a Primo Di Nicola, M5s, è il renzianissimo Michele Anzaldi a dettare l’ultimatum: «Foa non ha più la maggioranza in commissione di Vigilanza. Si dimetta subito». In teoria, potrebbe essere il ministero dell’Economia a revocare Foa, ma in realtà per ora Pd e M5s provano ad offrire a Foa la possibilità di una resa con l’onore delle armi. Spiega un parlamentare di maggioranza: «Foa può anche restare nel Cda, per quanto ci riguarda. L’importante è che si dimetta da presidente». A quel punto il successore andrebbe scelto tra gli attuali consiglieri, ovviamente «escludendo Igor De Biasio e Giampaolo Rossi», eletti rispettivamente da Lega e Fdi. Se poi Foa dovesse fare resistenza, allora «sarebbe una sfida e il Cda potrebbe sfiduciarlo». Fonti di maggioranza spiegano che si stanno studiando le carte proprio per preparare il terreno ad una eventuale sfiducia del Cda, che poi verrebbe confermata in Vigilanza. Le cose però non sono così semplici, come avverte Rita Borioni, consigliere in quota Pd: «Attenzione, la cosa è molto più complicata di quanto qualcuno possa pensare, leggi e regolamenti alla mano». Soprattutto, una volta sfiduciato Foa c’è da eleggere un nuovo presidente capace di ottenere i voti dei due terzi della commissione di Vigilanza, come prevede la legge. E M5s e Pd da soli non arrivano a quella soglia. In altre parole, non basta sfiduciare Foa, serve un accordo politico almeno con una forza di opposizione per eleggere un nuovo presidente. Francesco Verducci, Pd, non ha dubbi: «La presidenza Foa è figlia di uno strappo che abbiamo sempre considerato illegittimo e ha dimostrato di non essere di garanzia. La prima cosa è lasciarsi alle spalle questa pagina nera per la Rai». Ma, appunto, al momento non è chiaro «come fare», come ammette un altro esponente di maggioranza e secondo Lega e Fi non è da escludere che alla fine si arrivi a mettere in discussione anche l’a.d. Salini. Qualche avvisaglia c’è. Ieri la Vigilanza ha discusso del codice etico che si vuole introdurre per evitare che i giornalisti Rai eccedano sui social, dopo il caso del caporedattore di Radio Rai che ha attaccato Salvini. Pd e M5s si sono divisi, con i democratici che hanno votato insieme a Lega, Fi e Fdi, di fatto scegliendo un’altra strada rispetto a quella suggerita da Salini. Ma i 5 stelle si sono astenuti e, secondo alcuni, questo atteggiamento è un segnale di freddezza rispetto all’a.d. Rai. Sempre secondo fonti di opposizione, poi, il Pd avrebbe nel mirino anche il direttore di Rai Uno Teresa De Santis. D’altro canto, Fi per ora non sembra aprire al dialogo. Dice Giorgio Mulè: «Se il buongiorno si vede dal mattino, Pd e M5s non avranno nessun tipo di visione comune sulla Rai e questo si rifletterà anche sulla governance». E Massimiliano Capitanio, Lega, aggiunge: «Foa ha esercitato il suo ruolo di presidente super-partes in maniera inequivocabile. Poi, se i 5 stelle vogliono rimettere in discussione tutto il cda – compreso l’ad – parliamone. Ma non crediamo che questo sia l’obiettivo». Per Paolo Tiramani, sempre della Lega, «si sente già aria di restaurazione».