Alessandro Trocino

Il Movimento di lotta e di governo, già sovranista e ora quasi socialista, si raduna nell’annuale raduno identitario, con un programma a base di autoanalisi, agorà tematiche, punti ricaricaecomizi motivazionali. Per provare a far passare in secondo piano le assenze importanti e i molti fronti di malumore, Luigi Di Maio fa precedere il suo arrivo a Napoli, alla mostra di Oltremare che ospita Italia 5 Stelle, dall’annuncio di due annunci: uno su una riforma per il Paese e uno sulla riorganizzazione interna, lanciata molti mesi orsono e mai decollata. A Napoli e nella Campania, nonostante il tracollo di una decina di punti alle Europee, i 5 Stelle restano i più votati. Una terra d’elezione anche perché Di Maio e Roberto Fico arrivano proprio da qui. E per questo si prova a festeggiare, anche se il clima non è dei migliori. Il governo logora chi ci sta, soprattutto se le truppe dietro scalpitano, in parte disorientate per il repentino cambio di fronte politico, in parte per l’inevitabile drappello di delusi, restati a secco di poltrone e di onori. Molte le grane da sminare. Tra queste c’è la nomina dei capigruppo. Sembrerebbe un incarico formale, e invece è di grande importanza politica, economica e simbolica. Le regole dei 5 Stelle, elezione a maggioranza assoluta, rendono più impervia una soluzione lineareefacilitano giochi di potere e alleanze tra correnti. Il primo voto è stata una fumata nera. Ma soprattutto ha evidenziato gli scarsi consensi per Di Maio. La lealista Anna Macina, che potrebbe decidere di lasciare, ha portato a casa un bottino scarso di 33 voti. Meglio è andata a Francesco Silvestri, i cui consensi sono stati però rinforzati dai dissidenti che fanno capo al suo vice, Riccardo Ricciardi. Impressionano i 61 voti racimolati da Raffaele Trano, esponente critico. C’è poi la grana restituzioni. Si è scoperto che non solo uno su cinque non ha dato i 1.500 euro di donazione per Napoli, ma non ha neanche fatto le restituzioni previste a Rousseau. Qualcuno evoca cause legali e persino pignoramenti. Ma la rivolta sarebbe dietro l’angolo. Difficile colpire duramente un numero così consistente di inadempienti. Così come difficilmente si potranno mettere sotto il tappeto documenti critici come «la carta di Firenze», gli attacchi a Rousseau eimugugni. Una decina di parlamentari resta con un piede fuori e uno dentroeanche in assenza di un progetto politico vero, ilrischio è che l’emorragia di deputati e senatori continui. Si attende l’intervento di Grillo, non proprio in un momento di grande sintonia con Di Maio. Del resto anche l’anno scorso al Circo Massimo non finì benissimo, con Grillo che prese in giro il leader, sventolando una «manina» di plastica (quella che secondo Di Maio aveva modificato il dl fiscale). Alla fine dello show, il fondatore richiamò stizzito sul palco gli altri big, che tardavano a tributargli i dovuti onori.