Alessandro Trocino
Il focoso militante campano placca Nicola Morra: «Presidente, mi fa una firma qui?». E solleva la maglietta sul ventre prominente. Luigi Di Maio fende la folla. Donne in delirio, bimbi che volano sulle teste per il bacio di rito. Giuseppe Conte è portato in trionfo («Uno di noi, Giuseppe uno di noi!»), mentre una ragazza sventola la tshirt sul mojito anti-Salvini. Assenti e lamenti I napoletani ci sono e sanno dare calore. Ma il problema sono i politici. Molti sono restati a casa in polemica: al lungo elenco (Di Battista, Paragone, Lezzi, Giulia Grillo) si è aggiunto Danilo Toninelli. Ma anche chi c’è storce il naso, fa distinguo, mugugna, evoca il malessere di un Movimento che arrivato a dieci anni si scopre precocemente invecchiato. Luigi Gallo, deputato movimentista vicino a Roberto Fico, di Torre del Greco, apprezza la riorganizzazione, ma fino a un certo punto: «Le decisioni sono prese sempre dall’alto. Sei persone dell’organizzazione e della comunicazione le sceglierà direttamente Di Maio. I dodici facilitatori saranno eletti, ma i loro nomi devono passare dal suo vaglio preventivo. I referenti regionali saranno votati su Rousseau, ma poi sarà Di Maio a scegliere tra i più votati. E chi le ha proposte queste regole? Di Maio». Messaggio chiaro. Come è chiaro che non basterà questa riorganizzazione. Francesco Silvestri, in corsa per fare il capogruppo alla Camera, spiega: «Un riassetto era necessario ma è in ritardo di anni». Paola Taverna difende Di Maio, ma in controluce la tesi è un’altra: «Gira e rigira è sempre colpa sua. Per questo non serve una condivisione di potere, quanto una redistribuzione di responsabilità. Bisogna tornare sui territori». L’abbraccio del Pd Se lo scorso anno più di uno faticavaaingoiare l’alleanza con la Lega, quest’anno il rospo da baciareèil Pd. La Taverna alla domanda se apprezza l’idea di Nicola Zingaretti di un patto politico ampio tra M5S e Pd, si paralizza per dieci secondi. Poi la mette così: «Viviamo nel momento». L’ex ministro Alberto Bonisoli, invece, argomenta: «Nel marzo del 2018 dicemmo che avremmo fatto un governo con la Lega o con il Pd, quindi siamo coerenti. Ma l’alleanza la facciamo sui temi». Il mantra è declinato un po’ più nel dettaglio da Morra: «Alleanza con il Pd? Dobbiamo fare una riflessione tutti. Se riusciamo a contagiarli sui nostri temi, se loro fanno passare l’acqua pubblicaela riforma della giustizia, con la prescrizione, allora possiamo ragionarci». Come al solito dialogante, Emilio Carelli: «Perché no? Se qualcuno mi tende una mano, non gliela mordo». Dal palco il leader politico ribadisce la natura «post ideologica» del M5S e sventola il «libretto giallo»: da Mao a Di Maio è un attimo. Sul modello dei vecchiradicali (ma su obiettivi e valori spesso antitetici), i5Stelle non si pongono come un partito tradizionale, ma lottano su obiettivi specifici. E sono pronti a schierarsi con chiunque li appoggi. Lega e Pd sono la stessa cosa, dicono in molti. «Per raggiungereinostri obiettivi baceremmo anche il diavolo», dice un militante. Le Regioni e la Calabria Se abbracciare l’ex nemico di Bibbiano è complicato, andarci a braccetto nei territori è ancora peggio. Perché qui entra in gioco una sofferenza più profonda. Prendiamo la Calabria. Francesco Sapia, deputato di Corigliano Calabro, è categorico: «Alleanza con il Pd? Non se ne parla. Io combatto da anni la malasanità in Calabria e il governatore Mario Oliverio è stato il massimo rappresentante della mala politica. Non accetto accordi. Siamo commissariati dal 2009, abbiamo un debito di oltre 220 milioni di euro e infiltrazioni mafiose, non abbiamo sanità, raccolta rifiuti, trasporti. Siamo in totale emergenza. Sulla mia linea ci sono tutti i parlamentari». Di sicuro è sulle stesse posizioni Dalila Nesci, che ieri ha visto il garante Beppe Grillo, e che si è autocandidata a governatrice, prendendosi rispostacce da suoi: «Perché dovrei tirarmi indietro? Ci sono le regole, mi dicono, ma io sono adulta: vedo anche le eccezioni, come dimostra il caso Cancelleri». La linea scelta dal Movimento è quella di candidati civici, appoggiati da Pd e5Stelle: «Ma come si fa a sostenere una maxi lista civetta del Pd? Se fosse così, mi vergognerei con i miei elettori». D’accordo Morra: «Insieme in Calabria? Lasciamo perdere». Dal palco di Napoli, Di Maio seppellisce i dieci anni passati: «Finora siamo stati arrabbiati, ora basta». Vero, non è più tempo di Vaffa Day. Il Movimento è cambiato, ma ancora non sa in che modo. E i prossimi dieci anni sono tutti da scrivere.