Alessandro Trocino
Lo chiama «team del futuro», perché «segreteria di partito» fa troppo vecchia politica. Eppure, di fatto, la riorganizzazione del Movimento rischia di trasformare la creatura originaria di Grillo e Casaleggio, magmatica e fluida, in una macchina burocratica non troppo dissimile dai vecchi partiti. Con qualche controindicazione in più. Perché, se da una parte Di Maio proverà a usare la sua longa manus per controllareeinfluenzare la scelta dei componenti, dall’altro non sarà facile farlo e i dodici apostoli prescelti, i «facilitatori», rischiano di diventare una mina nei delicati ingranaggi che regolano il rapporto tra gli eletti e i vertici, tra i gruppi e i membri del governo. Dopo mesi di impasse, visto il livello crescente di malumore, Di Maio dà un’accelerata alla riorganizzazione interna. Il modello finora era verticistico, con il capo politico (Di Maio) che decideva tutto o quasi, delegando la condivisione dei temi alla democrazia diretta stile Rousseau (spesso usato in modo plebiscitario) e alle infinite e spesso sterili assemblee di gruppo. Ora si cambia. Arriva una squadra di un’ottantina di persone. Sei scelte direttamente da Di Maio, che aiuteranno nella organizzazione e nella comunicazione. Dodici «facilitatori» nazionali, cioè responsabili di settore per il Movimento, che dovranno raccogliere le istanze dei parlamentari e fare da filtro con l’esecutivo. E 60 referenti regionali, che dovrebbero fare da collettore sul territorio e la cui assenza si è fatta molto sentire durante le elezioni locali. Tutti saranno eletti on line a dicembre. L’idea viene prontamente bocciata da Nicola Morra: «I facilitatori? Non vanno in direzione di una vera orizzontalità, io ho un’altra idea di organizzazione. Più che da 80 persone, ci serve ripartire dai meetup, dagli incubatori e dalla messa in circolo delle idee attraverso Rousseau». Tra i critici anche Luigi Gallo, che non apprezza lo strapotere del capo politico anche in questa fase: «È sempre Di Maio ad avere il diritto di scelta». Eppure anche Fico dice no ai meetup e sembra benedire la svolta: «Dobbiamo guardare avanti». C’è tempo fino al 30 novembre per presentare il progetto e una squadra collegata. Non si possono candidare né membri del governo né presidenti di commissione. Per ora non c’è alcuna candidatura ufficiale, ma si fanno già i primi nomi. Per la Sanità potrebbe presentarsi Massimo Baroni, psicologo e membro della commissione da diversi anni. Lo conferma lui stesso: «Sto pensando di presentare la mia candidatura. In settori tecnici come la sanità è importante avere un referente unico, anche per fare il debunking di molte proposte strampalate». All’Ambiente dovrebbe farsi avanti Giampiero Trizzino, deputato siciliano. E girano i nomi di tre «trombati» nel sottogoverno: Gianluca Vacca (Cultura), Davide Crippa (Lavoro) e Simone Valente (Sport).