Anais Ginori
Le gru vicino alla cattedrale sono ferme, solo ogni tanto s’intravedono gli operai muoversi intorno al cratere sul tetto coperto da un immenso lenzuolo di plastica. Sono passati sei mesi e l’impalcatura da cui è partito l’incendio è ancora lì, un groviglio di tubi sempre più pericolante, 250 tonnellate di ferro che potrebbero cadere da un momento all’altro e provocare nuovi danni. Dopo le fiamme, ora è la burocrazia che minaccia di uccidere Notre-Dame. «Siamo bloccati, tutto procede a rilento» dice sconsolato Didier Durant, titolare di una delle ditte appaltatrici. Doveva essere il cantiere dei record. «Ricostruiremo insieme questa cattedrale in cinque anni» aveva promesso Emmanuel Macron la notte del 15 aprile. I fondi non mancano, oltre 850 milioni di euro di donazioni di cui già un terzo stanziati. E invece i lavori di consolidamento hanno già accumulato tre mesi di ritardo. Della ricostruzione non si è neppure cominciato a parlare. «Prima dobbiamo ancora essere sicuri di aver salvato Notre-Dame» spiega Durant. Capelli bianchi, occhialini, un nonno italiano immigrato in Francia durante il fascismo, l’imprenditore ricorda l’emozione dei primi interventi fatti in urgenza qualche giorno dopo il crollo della guglia. Da allora le parti laterali della cattedrale sono state rinforzate con strutture in legno. Alcune delle preziose vetrate sono state smontate. «Abbiamo fatto tutto nello slancio iniziale» spiega Durant. «Poi sono cominciati i problemi». Il primo stop è arrivato a luglio quando il Prefetto ha ordinato di sospendere il cantiere. La guglia ottocentesca che si è fusa nell’incendio ha rilasciato trecento tonnellate di piombo nell’area. Anche se i primi prelievi erano rassicuranti, le autorità hanno improvvisamente deciso di effettuare nuovi accertamenti dopo che alcune associazioni hanno denunciato una sottovalutazione del pericolo sanitario. Le scuole dei dintorni sono state controllate, gli abitanti dell’Ile de la Cité hanno fatto esami del sangue, come tutti gli operai del cantiere. Non sono stati riscontrati livelli allarmanti e a metà agosto, il cantiere di Notre-Dame ha riaperto ma con procedure di sicurezza molto più rigide. Il perimetro dei lavori è stato diviso tra una “zona pulita” e una “zona contaminata” da cui si esce solo dopo aver fatto una doccia. Gli operai indossano maschere e scafandri con guanti che rendono molto più lunghi e complessi gli interventi. L’Ispettorato del Lavoro ha mandato una funzionaria che vigila su ogni dettaglio, in rotta con gli altri responsabili del cantiere, come l’architetto della Sovrintendenza, Philippe Villeneuve, che ha ripetuto come il piombo, diversamente dall’amianto, non si diffonde nell’aria ma si deposita. «Per essere contaminati bisogna leccare una zona coperta di piombo» ha spiegato Villeneuve. Alle nuove regole per la sicurezza, si sono aggiunte le lentezze burocratiche. Ogni intervento deve superare l’approvazione della Sovrintendenza, con pareri spesso contraddittori. I bandi seguono il normale iter senza tenere conto dell’urgenza della situazione. Lo smantellamento dell’impalcatura sul tetto non è cominciato perché da mesi si aspetta che arrivino i montacarichi. L’interno della cattedrale ormai è vuoto. La montagna di detriti nella navata centrale è stata finalmente portata via, le opere d’arte e reliquie sono al sicuro, anche i banchi per la preghiera sono stati rimossi. Ci sono ancora l’altare con il crocifisso in oro e la madonnina che il rettore, monsignor Chauvet, ha scoperto miracolosamente intatta dopo l’incendio. Ma non resta molto altro a testimoniare la vita in questo monumento ferito. «È triste no?» chiede André Finot, il portavoce di Notre-Dame, mostrando le immagini della cattedrale desolata. Monsignor Chauvet farà martedì una conferenza stampa per rilanciare l’appello a riaprire una parte del sagrato per installare una copia della madonnina in modo che i pellegrini possano raccogliersi in preghiera. «Ci avevano detto che sarebbe stato possibile già qualche mese fa» ricorda il portavoce di Notre-Dame. A tardare è anche l’insediamento del commissario straordinario nominato dal governo, il generale Georgelin. Tra un mese, forse, sarà finalmente operativo. Georgelin dovrà dimostrare che Notre-Dame potrà risorgere nei tempi promessi dal governo, anche se ormai molti dubitano che sarà così.