Carlo De Benedetti si offre di ricomprare il controllo di Gedi spa, il gruppo editoriale a cui appartiene Repubblica. Ma la holding Cir, cui fa capo la società, rigetta l’offerta, che ritiene «manifestamente irricevibile in quanto del tutto inadeguata a riconoscere a Cir spa e a tutti gli azionisti il reale valore della partecipazione», oltre che «ad assicurare prospettive sostenibili di lungo termine a Gedi spa, aspetto sul quale Cir spa è da sempre impegnata». In serata Rodolfo De Benedetti, presidente di Cir, aggiunge: «Sono profondamente amareggiato e sconcertato dall’iniziativa, non sollecitata né concordata, presa da mio padre il cui unico risultato consiste nel creare un’inutile distrazione, della quale certo non si sentiva il bisogno». Amarezza espressa anche «rispetto al lavoro delle tante persone impegnate quotidianamente a garantire un futuro di successo al gruppo Gedi, che da anni opera in un settore dei più sfidanti». «I miei fratelli ed io, come azionisti di controllo del gruppo Cofide-Cir – conclude il presidente di Cir – continueremo a dare il nostro pieno supporto al management in questo percorso». Carlo De Benedetti ha presentato venerdì alla capogruppo che fa capo ai figli Edoardo, Marco e Rodolfo De Benedetti (43,78% del capitale ordinario) un’offerta in contanti sul 29,9% delle azioni Gedi, al prezzo di giovedì di 0,25 euro ad azione. L’offerta, tramite la Romed da lui controllata al 99%, ha un corrispettivo di 38 milioni, ed è subordinata a due condizioni: «Che i componenti il cda di Gedi di nomina Cir rassegnino le dimissioni entro due giorni lavorativi dal trasferimento delle azioni, ad eccezione dell’ingegner John Philip Elkann e del dottor Carlo Perrone; e che, per le residue azioni che resteranno di sua proprietà, Cir s’impegni a distribuirle ai soci entro un anno». Sia il presidente di Fca – tramite la holding Giovanni Agnelli Bv – sia Perrone, oltre a Giacaranda Falck, sono azionisti Gedi con quote poco sopra il 5%. Reazioni anche dai cdr di alcune testate coinvolte. I comitati di redazione di Repubblica e L’Espresso «vigileranno per salvaguardare l’identità, i valori e il lavoro dei giornalisti». L’iniziativa pare un tentativo dell’ex patron del gruppo di sostituirsi al primo azionista Gedi, la Cir oggi controllata dalla Fratelli De Benedetti dei figli, cui anni fa lo stesso Ingegnere girò le quote; un passaggio suggellato in giugno 2017 dalle sue dimissioni da presidente di Gedi, carica allora assunta da Marco De Benedetti. «La mia iniziativa è volta a rilanciare il gruppo al quale sono stato associato per lunga parte della mia vita e che ho presieduto per 10 anni, promuovendone le straordinarie potenzialità – si legge in una lettera –. È chiaro che conoscendo bene il settore, mi sono note le prospettive difficili, ma credo che con passione, impegno, consenso e competenza, il gruppo possa avere un futuro coerente con la sua grande storia». Sempre nella lettera, l’offerente chiede a Cir di «sottoporre la proposta al prossimo cda, rimanendo la presente offerta irrevocabile efficace fino al secondo giorno di Borsa aperta successivo allo stesso». Ma la risposta della holding è stata a più stretto giro; anche perché, avendo Cir azionisti di minoranza in crescita sopra il 40% (quando a gennaio andrà a regime la fusione con la controllante Cofide), sarebbe stato arduo accettare un’offerta che non paga premio sui prezzi di Borsa. Lo stesso Carlo De Benedetti ha fatto riferimento all’ipotesi di una vendita, tornando in serata ad attaccare: «Trovo bizzarre le dichiarazioni di mio figlio Rodolfo. È lo stessa persona che ha trattato la vendita del Gruppo Espresso a Cattaneo e Marsaglia. La gestione sua e di suo fratello Marco hanno determinato il crollo del valore dell’azienda e la mancanza di qualsiasi prospettiva, concentrandosi esclusivamente sulla ricerca di un compratore, visto che non hanno né competenza né passione per fare gli editori». La proprietà, dal canto suo, ha sempre smentito ogni voce di vendita.