Andrea Tarquini

Elezioni politiche decisive per l’Europa oggi in Polonia, con i sovranisti strafavoriti. Negli ultimi sondaggi il PiS vola fino al 48 per cento, contro il 26-28 di Koalicja, l’alleanza liberal, il 10-14 della sinistra, e i Contadini tra il 5 e il 7. Se anche andassero bene sono opposizioni eterogenee, una loro coalizione sarebbe difficile. Ascoltiamo il veterano della rivoluzione del 1989 e del dissenso, storico e giornalista Adam Michnik. Che cosa è in gioco per la Polonia, la democrazia, l’Europa? «Col partito di maggioranza di Jaroslaw Kaczynski vincerebbe la Polonia xenofoba, omofoba, chiusa alla vita moderna occidentale, con il forte appoggio della Chiesa. E allora ci incammineremmo verso qualcosa come la “democrazia illiberale”di Orbán. Se il PiS otterrà una maggioranza parlamentare abbastanza forte da consentirgli di governare da solo, o peggio in grado di cambiare la Costituzione, avremmo allora esattamente la situazione che si sarebbe creata in Italia con il partito di Salvini come forza di maggioranza». Perché 30 anni dopo il 1989 della libertà il PiS è cosí forte? «Non è solo una questione polacca. Nazionalisti populisti e antieuropei oggi sono forti in tutta Europa. È il risultato di un’ondata politica che ha investito ogni Paese, e poi c’è un elemento polacco. Il PiS guadagna consenso con la polarizzazione della società. Grandi e medie città sono contro il PiS, ma la gente della campagna lo appoggia. Hanno poi un fortissimo appoggio della Chiesa cattolica e del tradizionale conservatorismo esteuropeo». Con quali valori? «Xenofobia da un lato, omofobia dall’altro. E la convinzione che i cambiamenti sociali avvenuti in occidente, che hanno l’appoggio di molti giovani polacchi, siano uno shock culturale. “Il matrimonio è unione tra un uomo e una donna, non ha altre forme”, è quanto molti pensano nelle campagne. Queste convinzioni godono di un appoggio immenso da parte della Chiesa cattolica. Il terzo elemento è la politica sociale e di welfare del PiS: voglio dire spendere e spendere». Non sarebbe anche necessario per i ceti piú poveri, forse dimenticati dalle città? «A breve termine è molto efficace, ma a lungo termine potrebbe rivelarsi estremamente pericoloso per l’economia. A ciò possiamo aggiungere una specie di istinto naturale di paura della democrazia come sistema che porta a rischi non necessari. Molta gente, specie nei Paesi postcomunisti, preferisce vivere senza rischi, una vita dove uno Stato paternalista si prende cura di te, a spese del pluralismo politico e delle libertà personali. Anche questo non è un fenomeno unicamente polacco». Una vittoria del PiS quanto rafforzerebbe Salvini e i suoi altri alleati europei? «Un PiS trionfante sarebbe un immenso aiuto a tutti i nazionalisti antieuropei in Europa, come la vittoria di Trump in America è stata positiva per il PiS mentre la sconfitta dei nazionalisti in Slovacchia è stata per loro negativa». La Polonia resterebbe democrazia o diverrebbe come la “democrazia illiberale”´di Orbán in Ungheria? «Se il PiS vincerà queste elezioni possiamo essere sicuri che ci dirigeremo verso quella via. È difficile dire a quale stadio di questo processo di mutamento istituzionale siamo ora. Furono necessari alcuni anni per introdurre appieno l’idea di un aperto stalinismo dal 1945 al 1949, ma oggi nella prospettiva attuale ogni giorno ci porta piú vicino a quello sbocco indicato dalla sua domanda. Le cose stanno semplicemente così».