Barbara Fiammeri

Non bastava l’opa di Matteo Salvini e Giorgia Meloni sul fronte destro. Adesso Forza Italia deve fare i conti anche con la mossa di Matteo Renzi. Lo spariglio del senatore di Rignano sull’Arno ha provocato più di un sussulto nel partito di Silvio Berlusconi. Al momento non c’è il rischio di un approdo in massa di parlamentari forzisti nei nuovi gruppi renziani. Lo stesso Cavaliere ha fatto un check tra i suoi e in particolare con i parlamentari più insofferenti il cui responso è stato rassicurante. Alla fine potrebbero essere solo due i senatori azzurri a confluire nel nuovo contenitore renziano (Donatella Conzatti, che sul governo si è astenuta, e il toscano Massimo Mallegni) e qualche deputato. Il problema non è l’immediato, ma il futuro prossimo. La nuova avventura politica dell’ex leader del Pd è una minaccia concreta perché si rivolge a quel centro dell’elettorato che è lo stesso di Forza Italia, lo stesso di Carlo Calenda e lo stesso a cui guarda anche Giuseppe Conte. Così la pensano in molti. «Per la prima volta Fi rischia di dover competere nell’area dei moderati con un soggetto politico guidato da un leader di grande visibilità e proveniente da una tradizione diversa», avverte Mara Carfagna, che ieri sera ha organizzato una cena con una cinquantina di senatori e deputati azzurri in un ristorante ai Parioli per fare il punto. «Non nasce una corrente, né un gruppo organizzato, né nulla che possa impensierire il coordinamento nazionale di Fi», assicura l’esponente azzurra che ha parlato con lo stesso Berlusconi. Eppure è proprio l’atteggiamento poco lineare del Cavaliere a impensierire i forzisti. Il forcing di Salvini, dopo l’incontro con Berlusconi a Milano, per portare anche Fi a spingere per una legge elettorale maggioritaria viene letta come l’ennesimo tentativo del leader della Lega per costringere alla resa il partito del Cavaliere. Una prospettiva che atterrisce e che potrebbe determinare il big bang tra gli azzurri. Di qui il forcing di Carfagna per una «ripresa d’iniziativa» che però viene guardata con sospetto: «Cene, aperitivi e socialità vanno benissimo, purché poi di politica si parli nelle sedi opportune», attacca la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini che non minimizza la nascita dei gruppi renziani «ma allo stesso tempo – sottolinea – sarebbe sbagliato legittimarli»