Camilla Mozzetti
Riscoprire le regole dell’etica in politica, nel giornalismo, tra le imprese, e seguirle laddove i dettamideldiritto inunambitodaidifficili equilibri,come ilmondodei socialmediae leripercussionicheun loroutilizzogeneranosullareputazione individuale, non riescono a segnare una strada da seguire. È questo l’invito lanciato ieri dalla professoressa Paola Severino, vice presidente dell’ateneo Luiss – GuidoCarli al termine dell’incontro “Il rischio reputazionale nell’era dei socialmedia”.Unconvegnocheha chiamato a raccolta esperti di economia,Ceodi grandiaziende –perché anche le società maturano fatturatio implodono inbaseallabuona o cattiva reputazione che plasmanodi fronte agli stakeholders – ma ancheuomini e donnedel giornalismoedellagiustizia,comeGiuseppe Pignatone, già Procuratore capo di Roma e ora presidente del TribunaleVaticano. «C’è gente che lavora tutta una vita per costruirsi una reputazione – ha detto la Severino – ma basta pochissimo per vederla compromessasoprattuttoquandoadiffonderenotizie lesive sono i socialnetworko glistrumentidelweb».Una campagna pubblicitaria che altera la natura di un prodotto, una sentenza di assoluzione che non viene riportata sui giornali a fronte di precedenticolatedipiombosull’inchiestaacaricodiun individuo:come fare a difendere la reputazione – individuale o di un’azienda – cercando di evitare che si trasformi in disprezzo e arginando la minaccia della diffamazione? Le aziende hanno capito che la difesa della reputazione èqualcosadi imprescindibile.Dati allamanosu 800 aziendequotateemonitoratedal2007al 2018 quelle che avevano investito sul capitale intellettuale sono cresciute tra il 3 e il 3,4%.Piùcomplessa l’analisi legata al rapporto reputazione-informazione-social media emersa nel corso del secondo panel dell’incontro, moderato dal direttore de Il Messaggero Virman Cusenza, a cui hanno preso parte oltreall’exProcuratorecapoPignatone e alla vice presidenteLuiss Severino, anche le giornaliste Silvia Barocci, Fiorenza Sarzanini (Corriere della Sera) e il sostitutoprocuratore generale della Corte di Cassazione Giuseppe Corasaniti. È la cronaca, principalmente giudiziaria, il terreno più friabile quando si parla di reputazione anche e soprattutto quando i protagonisti sonodonne. I CONFLITTI «Esiste un conflitto di interessi – haspiegatoPignatone –privodisoluzioni ideali, tra quattro diritti costituzionalmente garantiti: il diritto alla privacy, quello all’informazione, il diritto della magistratura di compiere le indagini e il diritto alla difesa». L’equilibrio vacilla nel momento in cui avviene una fuga dinotizienonpiùcoperte dasegreto. Che uso si fa di queste informazioni? «Notizie che in altri paesi – conclude Pignatone – non vengono date, in Italia entrano nel frullato della grande lotta politica». Ne è un esempio «l’uso distorto – ha aggiunto ildirettoreCusenza–dell’avviso di garanzia da parte della politicastessa».E inun’epoca dove tutto diventa fruibile – proprio attraverso i socialmedia – il livello di attenzioneper tutelare lapubblicareputazionedeveesseresempremolto alto. «I social – ha spiegato il sostituto Corasaniti – sono un giacimentodi falsitàperché è impossibile un riscontro professionale». Bisognadunque «interveniredeontologicamenteconunanuovaprofessionalità–haconclusoCorasaniti– tra i singoli attori coinvolti». E riscoprire proprio quell’etica oggi in partedimenticata.