Carlo Bertini

Meglio chiarirlo subito, prima di entrare nei tormenti dei due partiti di maggioranza sullo scoglio numero uno, capace di far franare ogni governo: Pd e 5Stelle hanno già un accordo di massima sulla legge elettorale. Che andrà in porto non prima di un mese, anche perché il premier – a quanto dicono in casa Dem – non intende correre a perdifiato, per non stressare il Pd alle prese con un tornante non da poco come l’abbandono della cosiddetta «vocazione maggioritaria». Taglio parlamentari a ottobre I grillini aspetteranno dunque un mese per incassare il taglio dei parlamentari, poi si procederà con la riforma dei regolamenti delle due Camere e poi con quella del sistema di voto. Riforma su cui c’è un’intesa di massima, per il proporzionale puro. «Non ci impicchiamo sui tempi, questo deve essere il governo della fiducia reciproca», tende la mano Graziano Delrio. «A ottobre si può procedere con il taglio dei parlamentari, a patto si trovi un accordo su un testo condiviso di legge elettorale». E questo accordo potrebbe comportare una novità: ovvero una legge con soglia di sbarramento al 4%, che produrrebbe un doppio effetto. Il primo, un ingresso di Leu nel Pd. Il secondo, una torsione in senso maggioritario superiore – a detta dei tecnici – del Rosatellum oggi in vigore. Perché uno sbarramento al 4% dei voti produrrebbe il cosiddetto effetto «disproprozionale». Inducendo gli elettori a votare per i partiti più grandi, semplificando il quadro politico e tagliando via i “cespugli”. Il fattore Renzi è un problema Ma come spesso avviene in politica, sono gli avversari ad accendere i riflettori sulle magagne degli altri e quindi è utile sentire cosa dice il salviniano Igor Iezzi in un corridoio della Camera, mentre al Senato il suo leader spara contro «l’inciucio a vita» inseguito da Pd e 5Stelle contro chi, come lui, propugna la tesi del «chi prende un voto in più governa». «Mica è così semplice per loro fare un accordo per passare al proporzionale puro: se mettono una soglia di sbarramento sopra il 4% – fa notare Iezzi – rischiano di non avere i voti dei piccoli partiti, che al Senato sono essenziali. Se la mettono troppo bassa, il Pd rischia di favorire la scissione di Renzi, dandogli qualche speranza di far eleggere qualcuno…». Ecco il dilemma del Pd ben squadernato, al punto che a sentirselo ripetere mezz’ora più tardi davanti il portone di Palazzo Madama, prima di entrare alla riunione sul tema con Marcucci e gli esperti Dem, Delrio non può far altro che allargare le braccia, come a dire, lo so bene…Nessuno si nasconde infatti che col 4% si aprirebbe un problema con Renzi, che viene dato in uscita dal Pd per costituire propri gruppi parlamentari e in futuro una sua formazione, quotata per ora dai sondaggisti proprio intorno al 3-4%. Per non dire del problema numero uno: chi convincerà i fondatori, Prodi, Veltroni, Parisi che sia giusto abbandonare il maggioritario che faceva parte del Dna del Pd? Con la formula della soglia alta i Dem proveranno a tacitare i malumori. Lotta contro il tempo Insomma, dice bene Iezzi, non è semplice la partita e infatti alla prima curva la macchina si incaglia. Un problema di tempi ce l’hanno infatti i grillini, che non possono dare troppa corda al Pd sulla legge elettorale tutta da costruire, perché se ritardano troppo a sbloccare il taglio dei parlamentari con l’ultimo voto atteso alla Camera, potrebbero venir subissati di attacchi sui social. E quindi per loro è cruciale la lotta contro il tempo. I capigruppo Pd ieri si sono confrontati in vista di una probabile riunione allargata agli altri partiti della maggioranza. Gli esperti Dem, Marcucci, Delrio, Parrini, Migliore hanno fatto una prima ricognizione sui tempi e sulle varie riforme istituzionali in cantiere. I grillini hanno la garanzia che il taglio dei parlamentari sarà fatto a ottobre, il resto è tutto da costruire.