Carmine Fotina

Movimento 5 Stelle e Partito democratico, con l’aggiunta dei renziani, hanno confermato l’accordo raggiunto giovedì scorso sopprimendo le tutele legali per ArcelorMittal, gestore dell’ex Ilva. Le commissioni Industria e Lavoro del Senato hanno infatti approvato l’emendamento soppressivo, firmato da 17 senatori grillini, al decreto “salva imprese”. Il provvedimento arriva oggi in Aula dove con tutta probabilità il governo ricorrerà al voto di fiducia. La novità è l’approvazione anche di un ordine del giorno Pd-Italia Viva-Autonomie che in realtà – più che fare riferimento a una nuova formulazione dell’ “immunità” – richiede al governo di impegnarsi per spingere perché si arrivi a un nuovo corso basato sulla dercarbonizzazione della produzione, nella salvaguardia dei livelli occupazionali. Il tema delle prospettive per i lavoratori, fa filtrare il Pd, è tenuto in grande considerazione dopo l’arrivo improvviso al timone di ArcelorMittal Italia di Lucia Morselli, nome che da subito ha messo in agitazione i sindacati per il curriculum in cui spicca la dura ristrutturazione di Acciai speciali Terni. Anche il clima di scontro tra M5S e Pd di qualche giorno fa sembra evaporato e a sorpresa ha lasciato in superficie quella che sembra un’intesa per chiedere all’azienda un cambiamento radicale del business. Ed è chiaro che in questo gioco di assist incrociati gli autori dell’odg si rimettano ora alle parole del ministro grillino dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, che oggi interverrà in Aula al Senato. Uno dei firmatari, il senatore Pd Dario Stefano, ha parlato apertamente di un incontro che si sarebbe svolto ieri tra Patuanelli e i vertici dell’azienda, notizia subito smentita dal ministero sebbene secondo alcune fonti resti probabile che una prima interlocuzione con l’impresa ci sia già stata anche se non necessariamente de visu. Proprio il giudizio di ArcelorMittal sull’improvvisa modifica normativa e sulla sorprendente virata politica è l’elemento decisivo che manca per fare chiarezza sul futuro di Taranto. L’odg impegna il governo «a garantire, in tempi rapidi e mediante ogni azione opportuna a tali fini, la permanenza dell’attività produttiva» dell’ex Ilva e la salvaguardia dei posti diretti e dell’indotto, «nel quadro generale anche comunitario di ristrutturazione dei processi industriali, di modalità produttive orientate ad una progressiva decarbonizzazione dell’impianto». Si fa riferimento alla completa realizzazione del Piano di risanamento ambientale per «fornire piena tutela sanitaria ed ambientale» a lavoratori e popolazione e a «ulteriori risorse» per la riqualificazione dell’area di crisi industriale complessa di Taranto e dei comuni circostanti. Punto centrale è il riferimento alla «decarbonizzazione», perché evoca il ricorso alla tecnologia del forno elettrico da sempre sostenuta da Michele Emiliano, esponente Pd e presidente della Regione Puglia, e proposta all’epoca da dalla cordata alternativa ad ArcelorMittal, quell’AcciaItalia per la cui guida era stata scelta proprio Lucia Morselli. Ma non solo. Il mantra della decarbonizzazione – sebbene con un giro più largo, rifacendosi all’Europa, parlando di «futuro sostenibile» e prospettando un percorso «progressivo» – sembra sposarsi anche con la proposta 5 Stelle, contenuta in un ulteriore emendamento non approvato, per la chiusura dell’area a caldo e la riconversione mediante un accordo di programma. Il decreto “salva imprese”, privo dell’articolo 14 sull’“immunità”, era fino alla tarda serata di ieri all’esame delle commissioni per l’approvazione complessiva. Oggi, come detto, è atteso in Aula. Passerà poi al Senato, dove è probabile un’ulteriore fiducia. Tra le altre misure approvate ieri c’è anche la nuova normativa sui ciclofattorini, i cosiddetti rider, e l’emendamento sull’«end of waste» che affida sostanzialmente alle Regioni, nelle more dell’adozione di criteri specifici, il compito di rilasciare o rinnovare le autorizzazione per il recupero dei rifiuti.