Conchita Sannino

Era il bagno di folla più insidioso dopo il cambio di governo, «e la notizia bella è che è finita», si sciolgono dallo staff di Di Maio, mentre Luigi lascia tra molti applausi, un bel po’ di sollievo e resistenti mal di pancia sommersi, la Festa Italia a 5 Stelle, lanciando dal palco la promessa che è progetto, avvertimento e forse anche assicurazione sul proprio, di futuro. In due parole: siamo indispensabili. «Dopo questo compleanno tondo, ripartiamo da Napoli per altri dieci anni, e saranno tutti al governo: perché guardate che è difficile tornare indietro», assicura il capo dei pentastellati e ministro degli Esteri. «Noi saremo sempre l’ago della bilancia di ogni governo: il Movimento sarà al centro e deciderà la linea politica. Perché abbiamo la forza di essere post-ideologici. Se volete perdere tempo con i concetti di destra o sinistra, fate. Noi vogliamo fare le cose». Poi annuncia la nuova cabina di regia: «A dicembre avremo la squadra nazionale, che avrà la responsabilità di portare avanti gli obiettivi del Movimento». Fino al 12 novembre a Di Maio arriveranno le candidature per l’organigramma: 6 membri di un comitato più ristretto (comunicazione o organizzazione) i più vicini al capo politico; 12 facilitatori (parlamentari, soprattutto); 80 referenti regionali. A dicembre si vota, su Rousseau. L’arena affollatissima approva, giardini, viali della Mostra gremiti. Solo nella diretta Fb fiocca un po’ di sofferenza: «Sei una delusione», «Non ti credo più», «Sei Pinocchio come Renzi». Resta la distanza con Grillo. Beppe difatto ieri gira sulla golf-car, gioca e distrae la folla, ma poco prima, al tavolo dell’hotel di Fuorigrotta dove li ha chiamati a pranzo, ancora impartisce la direzione. Insiste: è quella la strada, l’alleanza coi dem. Stesso concetto espresso dall”Elevato” già sabato, a tavola, «la gente capirà, questo accordo con il Pd serve al bene del Paese». Così ieri : bisogna trasmetterlo alla base, spiega, questo camminare insieme è il futuro. Niente di nuovo, chioserà a ridosso dei viali, Nicola Morra, presidente commissione antimafia che oggi viene omaggiato dai militanti per aver duellato col fu vicepremier Salvini. «Grillo è coerente, ha visione, sa mettere il Movimento in sicurezza — osserva Morra — Giusta la sua indicazione, ricordo che Beppe ad agosto 2009 voleva la tessera Pd per correre alle primarie, sciaguratamente lo sbeffeggiarono. Ha vinto con la sua caparbietà di genovese, testa dura come me», sorride. Di Maio ridisegna l’agenda. Vuole le riforme, anche sulla Carta. «Dopo il taglio dei parlamentari, possiamo eliminare enti inutili, troppe Province, comuni piccolissimi, dobbiamo mettere mano al titolo Quinto della Costituzione». E ci sono le regionali: «Ma non chiamatele alleanze, sono patti civici — frena ancora il capo 5S — In Campania, con De Luca? Neanche per sogno». Anche Roberto Fico riconosce: «Non siamo quelli dei meet-up, abbiamo potere, esempio: se non si fa Bagnoli la colpa è nostra ora, non degli altri». Il finale di Di Maio è affettuoso per Di Battista, perfido per gli altri assenti. «Una sola persona non era con noi, grande abbraccio ad Alessandro», chiude l’ecumenico. Che ha appena aperto il secondo decennio.