Corinna De Cesare google

Lo aveva detto il Commissario europeo alla Concorrenza Margrethe Vestager, mesi fa, ma ora la stessa accusa arriva dagli Stati Uniti. «Il gruppo californiano ha cementato la propria predominanza nelle pubblicità nei motori di ricerca, proteggendosi dalla concorrenza, imponendo clausole contrattuali restrittive ai siti Web di terze parti. Un comportamento improprio — ha sottolineato più volte Vestager — che è durato per oltre un decennio e ha precluso ad altre imprese la possibilità di competere ». Accuse che si affiancano ora a quelle di casa propria, gli Usa, dove 50 procuratori generali di 48 Stati (e del District of Columbia, dove si trova Washington, e del territorio di Porto Rico) hanno lanciato l’indagine. L’accusa, sempre la stessa: abuso di posizione dominante contro la libera concorrenza e a danno della tutela dei consumatori. Gli unici due Stati americani che non hanno partecipato all’iniziativa sono la California, dove l’azienda ha la sua sede centrale, e l’Alabama. «Molti consumatori credono che Internet sia gratuito, ma noi abbiamo imparato che non lo è. Google è un’azienda che domina tutti gli aspetti della pubblicità» ha spiegato ieri il procuratore generale del Texas Ken Paxton, un repubblicano che dirige la coalizione dei pubblici ministeri bipartisan che ha avviato l’indagine. Mountain View in Europa è stata già multata per violazione delle norme Antitrust con 9 miliardi di dollari negli ultimi tre anni e di recente ha ricevuto una multa da 170 milioni di dollari dall’autorità federale Usa per violazione della privacy dei minori attraverso la sua controllata YouTube. Ma non è l’unica multinazionale della Silicon Valley nel mirino. Basti pensare all’indagine lanciata contro Facebook da un altro gruppo di otto Stati americani con Mark Zuckerberg reduce dalla stangata da 5 miliardi per la violazione dei dati personali nello scandalo Cambridge Analytica.