Corrado Zunino

Ministro Fioramonti, lei è diventato il bersaglio di attacchi per il suo linguaggio radicale e le promesse nette. Partiamo da queste: avrà i tre miliardi di euro per la scuola e l’università che chiede da un’ora dopo il suo insediamento? «Li avrò». Come? Le sue proposte di tassazione delle bibite gassate sono state smontate dalla stessa maggioranza. «Alla fine ci arriveremo. La novità è l’ottimo rapporto che ho instaurato con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. La penso come lui sulla possibilità di restituire risorse al Paese attraverso la rimodulazione dell’Iva. Le faccio un esempio». Dica. «Perché la Coca Cola venduta nei distributori automatici deve avere un’Iva agevolata al 10 per cento? È una bevanda non certo salutare né di prima necessità. Ecco, rimodulando l’imposta sulle bibite che si vendono nelle macchinette, sul cosiddetto junk food e sul cibo di lusso si fa un’operazione di salute, si trovano risorse interessanti per l’istruzione, si possono detassare altri beni necessari e sani». La “tassa sul caviale”, sarà un nuovo tormentone. Lei, tra l’altro, è più vicino alle posizioni del Pd che dei Cinque Stelle. «A Napoli, ieri, anche Di Maio ha aperto sulle imposte green. Sui temi della salute pubblica in Italia siamo in ritardo di trent’anni e quello che altrove si è già affrontato da noi diventa un dibattito sbeffeggiante. Nelle macchinette presenti nelle scuole troviamo bevande gassate, non kiwi o lattuga, merendine ipercaloriche invece di panini con la mortadella. È un dovere intervenire». Dice cose di sinistra: è un uomo di sinistra? «Sono un progressista, ma non vedo perché un ministro che limita l’azione delle multinazionali e promuove i prodotti a chilometro zero non dovrebbe piacere alla destra sovranista». Lorenzo Fioramonti, 42 anni, già attivista dell’Italia dei Valori entrato in tempi recenti nel Movimento 5 Stelle, ex professore ordinario di Economia politica a Pretoria, martedì 3 ottobre ha trascorso la giornata più pesante da quando è uomo pubblico. Gli attacchi per gli insulti giovanili a Daniela Santanchè e il caso del figlio che non aveva affrontato l’esame di Italiano in una scuola privata di Roma lo avevano provato. Dopo dieci giorni è tornato a parlare. «Per gli insulti ho chiesto scusa, non ne vado fiero», dice. «La storia di mio figlio, invece, è una non notizia. Ha otto anni, ha vissuto quasi sempre all’estero, parla quattro lingue, ma non è ancora pronto in Italiano. Il test era facoltativo: gli hanno suggerito di non farlo. A me questa storia è sembrata una violazione della privacy e l’ho denunciato al Garante. Su un piano generale, non credo di aver fatto errori, continuerò a parlare come sono abituato a fare». Il primo mese del suo mandato da ministro si è chiuso con il Decreto salvaprecari: avete ripulito il testo dell’ex ministro Bussetti dai suoi aspetti di sanatoria e immesso tra 50 e 60 mila nuove cattedre. «Abbiamo fatto di più: il Salvaprecari è stato trasformato in un Salvascuola. Abbiamo avviato un concorso ordinario e uno straordinario per i docenti, semplificato le assunzioni dei dirigenti scolastici, regolarizzato il percorso di un esercito di amministrativi. Sul sostegno abbiamo trovato cinque milioni. Da settembre 2020 avremo una scuola meno precaria e in tempi brevi ridurremo i supplenti da 170 mila a 100 mila». Con la Legge di stabilità tirerete dentro altri precari? «La Legge di stabilità servirà, innanzitutto, per rinnovare il contratto degli insegnanti e aumentare i loro stipendi, i più bassi d’Europa, di almeno 100 euro lordi». Il precedente governo ha concesso ai neolaureati di partecipare ai concorsi per diventare maestri e professori senza alcuna formazione. «A marzo metteremo mano a tutta la questione abilitazione. Di certo non può bastare una laurea per diventare insegnanti: serve essere formati. Ma senza creare inutili complicazioni: non deve essere un percorso a ostacoli più complesso di quello universitario». È reduce da Didacta, la Fiera italiana dell’innovazione scolastica. La scuola italiana ha necessità di superare una didattica così statica? «Sì. Faremo sperimentazioni oculate, daremo la possibilità ad alcuni istituti di innovare e di sbagliare. Questa spinta in avanti, però, sarà possibile solo quando la scuola italiana troverà una sua normalità. Se sperimenti in un mondo che non ha carta igienica per i bagni e lavagne multimediali in classe non fai che aumentare le disuguaglianze». L’ambiente resta al centro del messaggio del suo ministero. «Entro il 2020 trasformeremo l’Educazione civica in Educazione ambientale. E pianteremo due alberi in ogni scuola d’Italia». Quando affronterà le due questioni che conosce direttamente: ricerca e università? «L’Agenzia nazionale per la ricerca deve nascere e avere la capacità di coordinare i finanziamenti. L’Università italiana, che è tra le più innovative ed eccellenti nel mondo, è sottofinanziata e sfinita dalla burocrazia. Dall’altra parte, dobbiamo chiedere al mondo accademico più trasparenza. Per l’arruolamento di ricercatori e docenti vorrei introdurre un sistema doppio: metà dei posti riservati a concorsi nazionali pubblici credibili e l’altra metà per chiamate dirette di cui gli atenei si assumeranno tutte le responsabilità per i successi o i fallimenti dei prescelti».