Corrado Zunino

Ministro Lorenzo Fioramonti, le sue tesi sono tornate in minoranza: i fondi per la ricerca, l’università e ovviamente la scuola, comparti che lei amministra, non si vedono. Le tasse sulle bevande gassate e gli alimenti industriali non porteranno risorse al mondo della conoscenza. «Non possiamo continuare ad amministrare un Paese con la paura di perdere consenso, alla fine tutto questo si trasforma in paura del futuro. Stiamo vivendo un momento storico e abbiamo un’occasione irripetibile: un governo progressista può e deve sincronizzare l’Italia sull’orologio delle nazioni più progredite, che da anni hanno già fatto quello che io provo a proporre. A partire da un finanziamento importante, continuo e puntuale a ricerca, università e scuola». Che distanza c’è tra i tre miliardi di euro che chiede e le risorse oggi sul tavolo? «Larga. Dopo una serie di esecutivi che hanno tagliato sull’istruzione, non mi posso accontentare di un governo che smette di prelevare soldi dal Miur. Bisogna investire e con forza». Nella bozza della Finanziaria , articolo 29, si fa il contrario. Le spese per il personale degli enti di ricerca vengono vincolate al 70 % delle spese generali. Un limite più stringente di quello esistente per le università e che non consentirebbe, per esempio, di assumere i ricercatori del Cnr che la legge Madia ha già previsto. «Quei limiti vanno rivisti, sono stati inseriti dalle manine burocratiche di cui ho parlato nei giorni scorsi. Bisogna mettere soldi sulla ricerca, non nuovi vincoli. E non è certo bello scoprire su Internet l’esistenza di norme che riguardano il mio settore senza che nessuno mi abbia mai coinvolto». L’articolo 28 della Legge di bilancio, quello che fa nascere l’Agenzia nazionale per la ricerca, è già contestato dal mondo scientifico. Sei membri su nove sono di nomina politica. «L’Agenzia per la ricerca, che, va detto, in una bozza preliminare saltava a pie’ pari il ministero che guido io, dovrà essere fondata su un profondo confronto con il mondo della scienza e della ricerca. E dovrà essere guidata da una personalità scelta attraverso una selezione scientifica, su parametri scientifici, uno scienziato con una profonda conoscenza della ricerca in Italia e all’estero». La sua battaglia per un’industria meno inquinante, un cibo meno industriale e il sapere al centro della politica fin qui non è vincente. «Le industrie plastiche se non cambiano modo di produrre tra due anni chiuderanno. L’obesità è un male e un costo per il Paese. La conoscenza, poi, guida tutte le nazioni che in queste stagioni vedono crescere il loro Pil. Mettere piccole tasse di scopo che invoglino le aziende a migliorarsi e spingano le famiglie a rivedere abitudini sbagliate sono un piccolo prezzo da pagare oggi per avere minori costi, in salute per esempio, domani. E se tutto questo serve per girare risorse alla questione più importante di una comunità – la conoscenza, la futura conoscenza dei giovani – dobbiamo convincere il nostro Paese che siamo nella direzione giusta». Innanzitutto deve convincere il ministro dell’Economia. Gualtieri ha fatto in fretta a togliere dall’agenda l’Iva sui prodotti non salutari né di prima necessità. È bastata la sconfitta dell’alleanza di governo in Umbria. «Questo governo con questa Finanziaria deve fare tante cose, e io apprezzo lo sforzo: non far aumentare l’Iva, ridurre il cuneo fiscale, intervenire sulla sanità. Ma quella che io propongo è una questione centrale: ricerca, università, scuola. E il dibattito fin qui è stato insufficiente. Giorno e notte lo riproporrò e seguirò i lavori parlamentari, so che una Legge di bilancio ha un cammino lungo». Rischia di passare per il bastian contrario del governo. «In cima ai miei pensieri non c’è il consenso, so di che cosa ha bisogno il mio Paese e lo perseguo con convinzione. Poi, magari, scopro che la tanto sbeffeggiata tassa sulle bollicine è gradita al 70-80 % dei cittadini, che un’intera generazione di giovani vuole un mondo più pulito. Di fronte a tutto questo, Salvini chi è?». La promessa si avvicina: “O tre miliardi a scuola e università o mi dimetto”. «So che cosa ho detto e so che sono un uomo di parola.