Daniele Mastrogiacomo

Erano almeno vent’anni che non si vedeva qualcosa di simile. Una protesta massiccia, con decine di migliaia di persone che scendono in piazza, invadono le vie del centro, si allargano nei quartieri limitrofi, imboccano le entrate della metro, saltano i tornelli e appiccano il fuoco un po’ ovunque, concentrandosi sui simboli di un malessere diffuso, violento, selvaggio, quasi indiscriminato. Da “isola felice” del Continente sudamericano come veniva solo pochi giorni fa definita dal presidente di destra Sebastián Piñera, il Cile si scopre Paese sull’orlo di una crisi che cova da tempo. Giovedì e poi ancora venerdì la capitale Santiago ha vissuto momenti di grandissima tensione. Folti gruppi di anarchici, black-block e antagonisti si sono accaniti contro tutto quello che trovavano lungo il loro cammino che con il passare delle ore si è trasformato in un ciclone di assalti, saccheggi, incendi. Tutto è partito da una protesta per l’aumento del prezzo dei biglietti dei trasporti, ma poi è diventato uno sfogo da teppisti. Stazioni della metropolitana, monumenti, banche, supermercati, la sede dell’università sono stati dati alle fiamme. Una guerriglia che nessuno è riuscita a contenere. Persino la sede centrale della società elettrica Enel, nel cuore della capitale, è stata centrata decine di molotov. Il palazzo è bruciato. Il governo ha decretato lo stato di emergenza e ha ceduto la capitale ai militari. Vietate ogni forma di manifestazione, di riunione e di movimento. Limitate le libertà personali. Il presidente ha nominato un capo della Difesa Nazionale dell’Esercito a cui ha delegato l’ordine pubblico. Le violenze si sono concentrate soprattutto sulla rete della metropolitana, fiore all’occhiello del Paese per efficienza e modernità. L’irruzione nelle stazioni della metro senza pagare era iniziata due giorni fa. Una forma di protesta, lanciata con l’hashtag #EvasionMasivaTodoElDía, che aveva creato una perdita per il gestore della compagnia di 700mila dollari. Usata da 2,8 milioni di utenti, la rete della sotterranea aveva subito già una ventina di rincari: da 420 pesos (0,59 dollari), il biglietto era passato a 800 (1,13 dollari) e tre giorni fa era arrivato a 830 (1,17 dollari). E’ stata la scintilla che ha scatenato la protesta . Esperti e commentatori, al di là delle condanne per le violenze, confermano che si tratta di un malessere diffuso che il governo non è in grado di cogliere. Il costo della vita è aumentato, il valore delle case è schizzato alle stelle, i salari restano bassi. Giovani e giovanissimi i protagonisti di questa protesta. Rifiutano di seguire i sacrifici dei loro genitori costretti a una vita di stenti con salari che non ti fanno arrivare a fine mese. La presunta “oasi”, di colpo, si è trovata a fare i conti con una realtà che il governo Piñera ha volutamente ignorato.