Dario Di Vico

Per l’inaugurazione del nuovo Palazzo Italia è stato invitato il presidente Giuseppe Conte e a Human Technopole confidano nella sua presenza in una data di inizio ottobre, ma intanto la campagna acquisti di scienziati ha dato già i suoi frutti. E parte di un gruppo più numeroso, tre leader della ricerca come il genetista Piero Carninci, la biologa Gaia Pigino e il biochimico Alessandro Vannini, hanno accettato di mettereadisposizione la loro esperienza. Human Technopole, il progetto natoaRho sull’eredità di Expo, comincia a macinare le prime concrete novità che ci proiettano verso l’affermazione di Milano come «città della scienza». Un ruolo che tra le grandi città europee può forse vantare soltanto Londra, anche perché Francia, Svizzera e Germania hanno un sistema della ricerca distribuito nel territorio. Per il terziario milanese si tratta comunque di una piccola rivoluzione: tradizionalmente viveva sul commercio e la finanza, è diventato nel tempo moda e design, ha aggiunto l’immobiliareeora, grazie alle sue università, i centri di ricerca e poi Human Technopole, invade il terreno della conoscenza. Un passaggio tutt’altro che scontato che ci aiuta a capire di più delle trasformazioni di questi anni, del mutamento delle classiguida e del peso delle reti internazionali. Per stare con i piedi perterra vale la pena ripartire da Palazzo Italia, il cuore di Expo a pochi passi dall’Albero della vita, sede nel 2015 di una visitatissima mostra sulla cultura italiana, oggi quartier generale di una cittadella delle scienze della vita. L’edificio ospiterà inizialmente i vertici di Human Technopole, gli amministrativi e 150 data scientist. Poi via via attorno a Palazzo Italia nascerà un gemello per il quale si aspettano i risultati del concorso internazionale di architettura, arriveranno l’ospedale Galeazzi e le facoltà scientifiche dell’università Statale con annesso campus. Le date: il palazzo-fratello sarà aperto nel 2024, il Galeazzi nel dicembre 2021 e il primo anno accademico della Statale in versione Rho sarà il 2024-25. E ancora, se all’ospedale sono previsti seimila pazienti al giorno il campus della Statale dovrebbe ospitare ventimila studenti. I profili degli scienziati Ma torniamo ai tre leader della ricerca che stanno collaborando da subito, con altri in procinto di aggiungersi, alla costituzione del nuovo polo. Carninci lavora da vent’anni in Giappone presso il Riken Institute, ha inventato e sviluppato diverse nuove tecnologie per il sequenziamentoel’estrazione del Dna eaHt si occuperà di avviare e sviluppare il centro di genomica. Gaia Pigino è attualmente responsabile di un gruppo di ricerca al Max Planck Institute di Dresda, è senese, si è occupata della microscopia cryo-EM per comprendere l’assemblaggio del ciglio nelle cellule ed eventuali difetti che possono causare problemi a reni, fegatoesistema nervoso centrale. A Rho collaborerà con il centro di biologia strutturale, diretto da Alessandro Vannini che arriva da Londra dove negli ultimi otto anni è stato vice direttore di divisione dell’Institute of Cancer Research. Affiancherà il direttore di Human Technopole, lo scozzese Iain Mattaj, per acquisire una conoscenza precisa della struttura delle macromolecole e la loro organizzazione all’interno delle cellule, con l’obiettivo di comprenderne il funzionamento. Anche dall’esame dei curriculum dei tre scienziati si arriva a capire l’identità del nuovo insediamento, «come un hub di scienza e trasferimento tecnologico impegnato a produrre una medicina personalizzata accessibile a tutti; una infrastruttura scientifica aperta, a disposizione della ricerca e dell’industria italiana» sintetizza il presidente Marco Simoni. La sanità e l’industria Milano scientifica comincia quindi riportando in Italia tre professionalità cresciute e maturate all’estero e ciò è possibile per la legge sul rientro dei cervelli; perla reputazione internazionale di cui gode ora Milano e, non ultimo, per il combinato disposto di livello dei servizi e qualità della vita che può offrire a uno scienziato. E qui arriviamo a un punto-chiave di questa riflessione sulle nuove mete del terziario milanese. La città può candidarsi a un ruolo significativo nell’Europa della ricerca perché alle spalle ha i risultati del modello lombardo di sanità, quell’esperimento di collaborazione pubblico-privato che ha permesso che nell’area milanese nascessero alcune tra le più avanzate realtà mediche capaci di competerealivello continentale. Poi che attorno a questi centri si siano intensificati gli insediamenti industriali della grande e media farmaceutica va quasi da sé e va a rafforzare il retroterra dell’operazione Human Technopole, con la quale si conferisce una vocazione precisa a tutta l’area dove si tenne l’Expo e che infatti è stata battezzata Milano Innovation District (Mind). Non è un caso che Farmindustria tenga a Rho ai primi di ottobre la sua riunione di giunta e che nel Consiglio di Sorveglianza di Ht ci sia anche il direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci. La governance duale Ht è una fondazione di diritto privato, finanziata con 140 milioni l’anno dal ministero dell’Economia, presieduta per l’appunto da Simoni e che ha adottato uno schema di governance duale per separare gli interessi degli azionisti — e dunque della politica — dalla gestione e garantire così l’autonomia della ricerca. È un triangolo, dunque, quello tra ricerca, industria e politica che a Rho pensano di aver messo in ordine costruendo anche legalmente le giuste distanze. Quando poi si andrà avanti e l’area Expo diventerà una vera città frequentata da 60 mila persone al giorno e con 15 mila residenti si confida che si siano insediati nell’area anche Bosch, Eni, Enel, Leonardo e Mapei.