Dino Martirano

A Sembrava «un’autostrada a sei corsie» che, invece, curva dopo curva, si sta rivelando una provinciale sulla quale procedere con estrema cautela. La metafora sulla nuova legge elettorale proporzionale — che la maggioranza giallo-rossa si appresta a mettere in cantiere anche per mettere in difficoltà la Lega di Matteo Salvini —èdel capogruppo di Leu, Federico Fornaro, che essendo uno studioso accanito della materia ha subito individuato le criticità di un percorso assai complicato. Al punto che i partiti di governo (M5S, Pd e Leu) hanno già preso tempo, rinviando all’autunno il voto sul taglio dei parlamentari che, secondo gli accordi, dovrebbe accompagnarsi alla correzione proporzionale del «Rosatellum», la legge in vigore che prevede un 37% di maggioritario (232 collegi uninominali alla Camera e 116 al Senato). Il primo ostacolo è apparso in casa del Pd. Da un lato ci sono i renziani che, non escludendo una scissione, fanno il tifo per un proporzionale con sbarramento basso (3-4%) e quasi tutte le altre anime del partito che remano in questa direzione per non fare saltare l’accordo con il M5S proprio sul terreno più scivoloso. Ma nel partito nato nel 2007 con una forte vocazione maggioritaria, perl’alternanza delle coalizioni al governo, sta montando la voce forte e chiara dei padri fondatori. Quella del professor Romano Prodi, innanzitutto: «Io dico che il Paese si regge sulla continuità che può dare il maggioritario. L’Italia ha bisogno del maggioritario per dare continuità di governo». E anche le parole spese da Walter Veltroni non possono essere fraintese: «Se noi tornassimo al proporzionale sarebbe il festival della frammentazione. Il Paese ha bisogno di governabilità». E anche sul taglio dei parlamentari voluto dai grillini, Veltroni lancia un avvertimento: «Deve essere visto in un contesto altrimenti ha dentro di sé dei rischi». Invece il capogruppo dem al Senato, il renziano Andrea Marcucci, è convinto che si «va verso una legge proporzionale con il taglio del numero dei parlamentari». Così, davanti a questa diversità di opinioni, il segretario Nicola Zingaretti ha dovuto evocare la necessità di un passaggio del pacchetto riforme nella direzione del partito: «Sulla legge elettorale non c’è alcuna decisione maèsaggio che di fronte a un taglio importante come quello chiesto sul numero dei parlamentari si apra una riflessione». Ma ora in campo ci sono anche le opposizioni, con l’esclusione di Forza Italia, che condivide in pieno la formula proporzionale. La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, parla di «scempio» e si rivolge direttamente al presidente della Repubblica, chiedendogli di «farsi garante della volontà degli italiani»: «Il ritorno al proporzionale sarebbe gravissimo e andrebbe contro la volontà che gli italiani hanno espresso nel 1993 con il referendum popolare». Matteo Salvini, poi, ha già pensato a una raccolta delle firme contro la legge elettorale proporzionale che punta a ridimensionare la Lega.