Dino Martirano

È netto il giudizio del costituzionalista Massimo Luciani sulla riforma che taglia di un terzo il numero dei parlamentari, il cui passaggio definitivo inizia oggi alla Camera con voto finale previsto per domani: «Da studioso non entro nel merito nella decisione politica, ma sul metodo seguito devo dire di essere davvero sconfortato…». Professore, eppureisostenitori del «taglio», a partire dal M5S, assicurano che porterà un «notevole risparmio» rendendo per altro «le Camere più efficienti». «Sono molto addolorato perché la prima cosa che colpisceèl’assenza di qualsivoglia analisi di impatto di questa riforma. Il risparmio mi sembra risibile rispetto alla posta in gioco. Mentre l’annunciata maggiore efficienza delle Camere non poggia su alcun elemento probatorio: perché 400 deputati e, per esempio, non 580? Perché 200 senatori e non 290? È vero che negli Usa si eleggono solo 100 senatori ma in quel sistema gli eletti alla fine sono satrapi: siamo sicuri di volere questo? Forse, questa riforma, nata con finalità antielitarie, in realtà finirà per rafforzare una rappresentanza parlamentare ancor più appannaggio di una élite…». Sono davvero troppi i parlamentari italiani? «Con le Camere ridotte il rapporto tra popolazione ed eletti sarebbe più basso rispetto alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Germania. Con il voto ai sedicenni di cui sorprendentemente si parla, poi, si ridurrebbe ancora». La maggioranza sta predisponendo i correttivi per bilanciare il «taglio» che, però, verranno approvati in seconda battuta. «Se, come conseguenza di questa riforma, occorre mettere mano alla Costituzione, alla legge elettorale e ai regolamenti parlamentari, io mi domando: perché correre con il taglio dei seggi? Non ho ragione di augurarmi il fallimento di questa maggioranza, ma, se per caso il governo dovesse cadere, esiste il rischio concreto di rimanere appesi a una riforma che, per ammissione dei suoi stessi sostenitori, sarebbe malfunzionante senza i correttivi. Per evitare sorprese, il “pacchetto” di riforme andrebbe varato in un’unica soluzione». All’Italia serve una legge elettorale proporzionale? «Il sistema elettorale è tanto meno proporzionale quanto minori sono i seggi in palio: per questo servirebbe un correttivo. Però il proporzionale ha molte variabili: ci sarà uno sbarramento? E un premio di maggioranza? E come saranno le candidature di genere? Sono da sempre favorevole al proporzionale con correttivi, ma finora si è discusso ben poco di queste variabili, che non sono secondarie». Si propone pure la fiducia chiesta al Parlamento in seduta comune: quali effetti avrebbe sul bicameralismo? «È un meccanismo che non avrebbe alcuna possibilità di funzionare. Certo, un governo con una maggioranza molto limitata in una delle due Camere potrebbe evitare, con la fiducia, di cadere in caso di imboscate. Ma poi dovrebbe pur sempre convivere con la Camera in cui è debole. Sicché o dovrebbe ricorrere sempreaquella grave forzatura che è la questione di fiducia o dovrebbe correre gravi rischi. E si può star certi che, alla prima occasione, quella Camera gliela farebbe pagare cara. Una vera eterogenesi dei fini: si vuole la stabilità, ma in realtà o si indebolisce il governo o si mortifica ulteriormente il Parlamento».