Enrico Franceschini

Come in ogni serial che si rispetti, e la telenovela della Brexit ormai batte House of cards, a un certo punto la trama esige un nuovo personaggio che scompigli le carte con un colpo di scena. La parte tocca adesso a Sir Oliver Letwin, 63enne ex deputato conservatore, ora nelle file degli indipendenti, uno dei venti ribelli filoeuropei espulsi dal partito il mese scorso: l’autore della mozione che ha messo il freno a Boris Johnson. Ufficialmente, come ha lui stesso affermato nell’aula dei Comuni subito dopo il voto, per garantire che il no deal, l’uscita dall’Ue senza accordi, non sarà fatta rientrare dalla finestra con qualche trucco, dopo che il parlamento l’aveva già sbattuta fuori dalla porta: «Garantito questo, sarò pronto a sostenere l’accordo raggiunto dal primo ministro con la Ue», assicura. Nel palazzo di Westminster circola tuttavia un’altra teoria: che sia un piano per fare deragliare in extremis la Brexit, costringendo Downing Street a chiedere un rinvio e dando tempo ai deputati di attaccare condizioni capestro all’accordo, prima fra tutte un referendum popolare per ratificarlo, e restare in Europa come scelta alternativa. Perciò l’iniziativa è stata accolta con giubilo dai dimostranti europeisti che marciavano per le vie di Londra. Ma a favore della risoluzione hanno votato anche i nordirlandesi del Dup, convinti che allungare i tempi offra pure la possibilità di far deragliare l’accordo, con l’obiettivo opposto, quello di riaprire l’ipotesi no deal. Come sul suo emendamento, anche su Letwin esistono pareri contrastanti. Per gli estimatori è the fixer, l’abile faccendiere di David Cameron, di cui fu vicepremier. Per i nemici, in primo luogo gli ultra-brexitiani, è «l’opposto di re Mida», secondo il Daily Telegraph: uno che trasforma in caos tutto ciò che tocca. Di sicuro non è uno stupido: nipote di ebrei fuggiti in America dall’Ucraina sovietica e di genitori poi emigrati da Chicago all’Inghilterra, entrambi docenti universitari, il padre alla London School of Economics, è uscito da Eton (la scuola dei re, oltre che di Johnson e Cameron) e Cambridge, l’università sorella di Oxford, dove ha ottenuto laurea e dottorato in filosofia, con una tesi intitolata “Emozione ed emozioni”. Ne ha create non poche con l’intervento di ieri. Assicurando altre puntate alla telenovela Brexit.