Enrico Marro e Lorenzo Salvia

«Quota 100» sulle pensioni sarà confermata fino alla scadenza di fine 2021, come previsto dalla legge, ma chi utilizzerà questo canale perlasciare prima il lavoro (bastano 62 anni d’età e 38 di contributi) dovrà aspettare tre mesi in più prima di cominciare a prendere la pensione. È una delle ipotesi sulle quali lavorano i tecnici del governo in vista della prossima manovra di Bilancio. Oggi le cosiddette «finestre» d’attesa tra la maturazione del diritto e la decorrenza della prestazione sono di tre mesi per i lavoratori del settore privatoedi sei mesi per i dipendenti pubblici. Con tre mesi in più le finestre diventerebbero rispettivamente di sei e nove mesi. Col risultato di risparmiare almeno 600 milioni nel 2020 e circa un miliardo a regime. Risparmi che, dopo il 2021, potrebbero essere impiegati per sostituire «quota 100» con un sistema flessibile sul modello dell’Ape sociale. Anche l’Anticipo pensionistico (almeno 63 anni d’età e 30 anni di contributi, in alcuni casi 36) è una misura temporanea, destinata a scadere alla fine di quest’anno, che potrebbe intanto essere prorogata e poi resa strutturale, ma sempre riservata a particolari categorie di lavoratori disagiati, sul modello della proposta di legge di Tommaso Nannicini (Pd); con l’idea insomma di evitare un salto brusco tra i vari canali di prepensionamento attuali e il nulla. I sindacati sono però contrari all’allungamento delle finestre. Piuttosto, dice Ignazio Ganga (Cisl), bisognerebbe abbassare a 36 anni il requisito contributivo per le donne che vogliano uscire con «quota 100». Nell’incontro di ieri mattina con la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo (che anche lei non sarebbe affatto convinta di intervenire sulle «finestre») i sindacati hanno spostato l’attenzione sulle misure per rafforzare gli assegni medio-bassi. Proposte sulle quali, avverte Roberto Ghiselli (Cgil), «chiediamo risposte concrete a breve». Cgil, Cisl e Uil propongono, tra l’altro, di estendere la platea dei beneficiari della quattordicesima. Oggi la ricevono più di 3,1 milioni di pensionati con un assegno non superioreamille euro. Cgil, Cisl e Uil vogliono alzare il tetto a 1.500 euro. Ma difficilmente questa richiesta potrà essere accolta dal governo che, piuttosto, ha il problema di dove trovare i 3,5 miliardi di euro di coperture che ancora mancano perla manovra. Per questo anche le altre proposte dei sindacati, dal rafforzamento dell’indicizzazione delle pensioni al rifinanziamento dei fondi perla non autosufficienza, dalla detassazione dei premi di produttività (che potrebbe essere accolta) ai fondi per il rinnovo dei contratti pubblici, saranno valutate alla luce degli equilibri di bilancio, hanno spiegato viceministri e sottosegretari. Nel pomeriggio, il confronto si è spostato dal ministero del Lavoroaquello dell’Economia, per parlare del taglio del cuneo fiscale sul lavoro. Il governo mette a disposizione 2,7 miliardi per il 2020, quando il taglio delle tasse sui lavoratori dipendenti partirebbe a luglio, e 5,4 miliardi per il 2021. L’ipotesi prevalente è di alleggerire il cuneo sui redditi fino a 35 mila euro (cioè oltre i 26 mila euro del bonus Renzi). In subordine, dare un credito d’imposta agli incapienti (sotto gli 8 mila euro di reddito) esclusi dal bonus di 80 euro.