Eugenio Scalfari
Spesso ci si domanda quando e come nacque l’Europa moderna. L’aggettivo fa data a partire dai primi anni Cinquanta, quando la guerra era da tempo terminata mentre le trattative di pace erano ancora per certi aspetti incompiute. Il Manifesto di Ventotene, gli autori del quale furono Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, rimane il primo documento moderno che vuole un’Europa democratica e profondamente unita. Questo fu l’inizio che emise il primo atto concreto con la formazione della Comunità del carbone e dell’acciaio che fu battezzata a Parigi nel 1951. Il primo passo verso l’Europa fu quella Comunità che poi ebbe come seguito il Trattato di Roma del 1957: l’Europa era nata e la sede fu collocata a Strasburgo, nel cuore d’una Europa che avrebbe dovuto diventare in breve tempo un continente unificato, con leggi proprie e proprie strutture politiche, economiche e sociali. Nei primi anni questi passi avanti verso l’unità progredirono abbastanza sotto la spinta dei maggiori Paesi: la Francia, la Germania, l’Austria, l’Italia. Ma poi cominciarono ad affiorare alcune divergenze che man mano crebbero, annullando il terreno che fino a quel momento aveva proceduto verso una graduale ma comunque importante unione. Il cammino inverso fu più veloce, anche se il processo di unificazione continuò a progredire. Due furono gli avanzamenti maggiori: la moneta unica e l’organizzazione militare che non comprendeva soltanto i paesi europei ma anche gli Stati Uniti d’America, cioè la Nato. Dunque l’Europa era soggetta a due contrastanti tensioni: l’unità e il nazionalismo. In Italia le personalità politiche che furono di volta in volta nominate presidenti della Repubblica furono quasi tutte di marca europeista e tuttavia le forze politiche europeiste diventarono molto più rare: il nazionalismo aveva la meglio anche se l’europeismo non era scomparso. Praticamente ridotto, sì; teoricamente scomparso, no. Chi puntava sull’uno e chi sull’altro: la struttura funzionale della Comunità europea era favorevole all’unità; le opinioni pubbliche dei singoli Paesi avevano invece regredito notevolmente verso la nazione in quanto tale: autonoma e idealmente prevalente. Per comprendere questi sentimenti contrastanti torniamo indietro a quando ci fu la Prima Guerra Mondiale che cominciò nel 1914 e terminò nel 1918: quattro anni di sangue tremendo. Da una parte la Francia, l’Inghilterra, l’Italia, la Russia e nel 1917 anche gli Stati Uniti d’America. Nella parte opposta c’erano la Germania e l’Austria-Ungheria. I morti furono molti milioni e i post-combattenti rappresentarono una delle forze maggiori dal punto di vista politico-sociale che invocavano lavoro e assistenza economica. Come uscì l’Europa da quella guerra? Certamente più unita tra le nazioni vittoriose ma con tracce di risentimento tra quelle sconfitte, che posero in qualche modo i motivi che poi determinarono la Seconda Guerra Mondiale. Passarono infatti vent’anni e arrivò il peggio. *** La Seconda Guerra Mondiale ebbe inizio nel 1939 con una apparente alleanza politica (patto Molotov-Ribbentrop) tra la Russia e la Germania. Durò poco: la Germania invase la Polonia, la Russia diventò un nemico. I nazisti erano al potere dal 1933 ed erano una vera e propria dittatura politica, militare e ideologica. L’Italia e la Spagna, entrambe guidate da destre autoritarie, si schierarono con i nazisti. Mussolini, che guidava l’Italia dal 1922 era intimo di Hitler il quale, a quanto sembra, aveva la massima stima per il leader del fascismo. Francisco Franco restò neutrale, ma politicamente vicino alla Germania. Gli Stati Uniti entrarono anche loro in campo e questa volta ben di più di quanto non era avvenuto nella Prima Guerra Mondiale. Ma la mondialità era ancora più estesa: coinvolgeva, tra gli altri, la Turchia (con i nazisti), il Giappone e una parte dell’Africa. *** Questo passato non è molto remoto come anni ma remotissimo come economie, socialità, valori e insomma la vita nel suo complesso è molto cambiata. Quanto all’Europa il cambiamento è totale: di fatto l’Europa non esiste più. Nella realtà vive soltanto per ciò che riguarda le cariche dell’Unione: i parlamentari, il presidente della Commissione, i commissari addetti alle varie funzioni burocratiche: tutti nomi, tutte parole, tutti apparentemente dotati di potere, in realtà l’unico e solo potere nei limiti dei suoi valori è l’esistenza di una moneta unica, l’euro, alla quale appartengono 19 sui 28 paesi (che ormai sono diventati 27 perché l’Inghilterra ha deciso di essere tutta sola). Esiste una possibilità che l’Europa faccia qualche passo avanti verso un’unione federata o almeno fortemente confederata? In realtà no, non esiste. L’Europa non è mai stata così priva di unità quanto da vent’anni in qua. Lo sconvolgimento deriva da mille ragioni ma soprattutto ha come data l’arrivo della crisi economica americana verificatasi nel 2007 e arrivata in Europa, a cominciare dall’Italia, nel 2008. Da allora sono già passati più di dieci anni e l’Europa non esiste più. Basta vedere ciò che accade di fronte all’offensiva della Turchia in Siria. L’influenza di Trump e di Putin, oltre che della Cina, si fa pesantemente sentire. Non parliamo di ciò che accade in Italia. In Europa è sovranista, cioè pensa soltanto a se stessa, la quale a sua volta si compone di una quantità di forze politiche molto disperse. Sono piccoli partiti che contano poco o niente ma che danno disturbo agli altri e formazioni più cospicue che contano soprattutto su movimenti frazionati e privi di una visione politica: giuggiolette, noccioline, mafie che sono alla terza o quarta generazione, disseminate in Italia e anche in Europa. I personaggi ci sono: Salvini, Zingaretti, Di Maio, il nonno Grillo, l’ancor giovane Renzi, e poi una moltitudine di sindaci, governatori di Regione e sindacalisti: ognuno ha il suo gioco, le sue prebende ma non un vero potere. In realtà il potere non c’è, l’amore per gli altri non c’è, i valori del Paese non ci sono. C’è l’egoismo, quello sì e c’è, ovviamente diffuso, il malaffare. Il malaffare cresce e pure il cattivo affare cresce. Quello che diminuisce è il senso concreto dello Stato, del Paese, delle Istituzioni, del Bene comune. Tutto questo è passato, in Europa e in Italia. Insomma il mondo è in un gran subbuglio e se dovessimo trovare un lembo di paradiso terrestre dovremmo pensare soltanto a persone come papa Francesco. Io credente non sono, ma lui è un uomo che viene ascoltato da popolazioni assai diverse l’una dall’altra. Ha un potere di comunicazione che da secoli non esisteva più. Il guaio è che non si vive soltanto con chi parla con Dio: ciascuno parla anzitutto con sé e spesso non è affatto contento.