Fabio Martini
E’ l’uomo del momento, lui lo sa e fa di tutto per mettersi a favore di vento: sono le sette della sera, tra gli edifici diroccati e polverosi del vecchio Mattatoio di Testaccio, i compagni di Articolo Uno, il partitino di D’Alema e Bersani, sospingono il loro ospite Giuseppe Conte verso le braci: «Presidente, presidente, loro hanno cucinato le salsicce!». E lui, il presidente del Consiglio dei ministri, non si limita ad un sorriso d’ordinanza: fa uno scatto, lascia letteralmente sul posto gli uomini della scorta e raggiunge i volontari impegnati con le braci ardenti, si mette in posa, in mezzo a loro, per la felicità di cameraman e fotografi. Immagine perfetta: Conte col suo completo scuro da cerimonia che si “mischia” ai volontari col grembiulone e con gli spiedi in mano. Lì intorno i militanti del movimento più di sinistra del governo, gongolano: «Bravo!», «Presidente me lo regala un selfie?». Lui, che un anno e mezzo fa aveva rivendicato di essere «populista», annuisce con tutti. E completa il tour degli stand tra bandiere rosse e boccali di birra. Risultato? Il presidente del Consiglio era arrivato alle 18,15, salutato da un applauso di cortesia (non più di quindici persone), ma un’ora dopo quando l’intervista di Enrico Mentana è finita, con Conte che ha dato diverse risposte di “sinistra”, il pubblico lo ha salutato con un applauso corale. E Roberto Speranza confida: «Stava a casa…». Un pomeriggio che racconta bene lo spirito del tempo, la sostanziale indifferenza della “gente” ai cambi di schieramento, ma che racconta anche la tenuta del presidente del Consiglio, che durante l’intervista ha dato diverse risposte in sintonia con i compagni in platea («La mia formazione è di sinistra, cattolicesimo democratico…») ma quando sono arrivate le domande più insidiose, ne è uscito con risposte non sempre scontate. A Mentana che gli chiedeva se si fosse troppo esposto sulla vicenda Diciotti, difendendo Salvini dal processo, Conte ha risposto: «No, sono il presidente del Consiglio, mi assumo le responsabilità dei miei ministri». E quando si è parlato di migranti, Conte non si è limitato a vellicare il pubblico, con battute hard («Porti chiusi? Una formula riduttiva, mai accettata»), ma ha anche fatto capire di non essere pronto ad una totale sconfessione della politica precedente: «Dobbiamo controllare i nostri confini, non dobbiamo permettere che si alimenti il traffico di vite umane». E ha spiegato cosa sia cambiato nel rapporto con gli altri Paesi europei: «Prima trascorrevo i fine settimana a chiedere cortesie personali mentre l’Italia chiedeva solo per se’, oggi c’è un approccio sistemico, piu’ coerente». E con Salvini, chiede Mentana, è finita per sempre? «Il mio “no” a Salvini vale all’infinito. Lo vede quell’orizzonte?». Domanda: mai più sentito? Risposta secca, col sorriso «No». Ma poi aggiunge: «Sentire l’opposizione non è una necessità». Ad Alessandro Di Battista che, dopo giorni di silenzio, ha avvertito il M5S ( «il Pd è ipocrita, non vi fidate») Conte risponde soft: «Io mi fido del Pd perché è una forza che responsabilmente ha deciso di sostenere quest’esperienza di governo». Infastidito dalla mossa di Renzi? «Avessi saputo della sua decisione, avrei preteso di parlare direttamente con il nuovo gruppo. Ma non è venuta meno la sostenibilità del progetto di governo. Mi hanno sorpreso i tempi, poteva esserci un’interlocuzione diretta, anche nel loro interesse». In platea anche un ex presidente del Consiglio come Massimo D’Alema che, con stile di altri tempi, non toglie i riflettori all’attuale inquilino di palazzo Chigi. Ma prima di stringere la mano a Conte davanti ai flash. D’Alema fa sapere: «Mi fido di lui». Domani Conte sarà ad Atreju, la festa di Giorgia Meloni. Paura di contestazioni? «Ma questo è il tempo del dialogo, bisogna anche saper prendere i fischi, nel caso».