Fabio Martini

Quando il segretario generale della Cgil Maurizio Landini è entrato nel Teatro Apollo di Lecce, platealmente e perfettamente affiancato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in modo da “chiamare” l’applauso dei suoi quadri, si è capito che la regia puntava a consolidare il disgelo in atto da alcuni giorni tra il nuovo governo e il più rappresentativo sindacato italiano. Poi, tra gli applausi della platea della kermesse estiva della Cgil, i due – pur dialogando a rispettosa distanza («Presidente Conte, la ringrazio», «Landini, la ringrazio») – si sono scambiati ripetuti messaggi d’intesa. Il leader della Cgil: «A noi gli uomini soli al comando non sono mai piaciuti», «è la prima volta che un presidente del Consiglio accetta il nostro invito…». Un assist alla Platini per Conte, che non si è lasciato pregare, anzi: «Come può un decisore politico prendere decisioni senza maturarle nel confronto? Per me sarebbe impossibile. Con il confronto mi aiutate: stare chiuso nel palazzo è una iattura». Il disgelo rispetto al recente passato è spettacolare, ma per un accordo nel segno della concertazione, da siglare davanti alle telecamere, la strada da fare è ancora tanta. Certo, si parte da una novità di sostanza: ormai da 5 anni, con l’approdo di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, ma poi anche col Conte-1, i sindacati confederali non toccavano palla e ora invece Landini può scommettere sull’ambizione di Conte e sul suo atteggiamento dialogante. Nel clima idilliaco di Lecce non c’è spazio per i distinguo, ma la trattativa è già cominciata, ben sapendo – in Cgil – che Conte ora aprirà un dialogo serrato anche con Confindustria e con le altre parti sociali. Ma nella trattativa con i sindacati il primo messaggio lo ha mandato, per vie informali, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: se puntiamo ad un intervento corposo sul cuneo fiscale e siamo d’accordo su questo, sugli altri dossier bisognerà ridurre le aspettative. Ovvero, stabiliamo una scala di priorità, perché le risorse sono poche. È quello che ha ripetuto dal palco Conte: «Dobbiamo alleggerire la pressione fiscale. Sul cuneo a favore dei lavoratori, faremo un passaggio significativo, ma avremo due o tre anni per lavorare al disegno di ridefinizione del fisco». Come dire: anche la riduzione del cuneo si può modulare e incrementare nel tempo. Ma la trattativa sarà proprio su questo. Lo ha fatto capire Landini: «Siamo favorevoli al taglio del cuneo fiscale perché noi rappresentiamo chi le tasse le paga facendo il proprio dovere di cittadini. Ma siamo anche favorevoli a che si torni a un criterio di progressività per il quale chi più prende, chi più possiede deve pagare di più». Certo, un cuneo che favorisca salari medio-bassi ma la Cgil punta a portare a casa misure che non sono ancora esplicitamente sul tavolo: ritocchi sulla scala mobile per pensionati e redditi bassi, contratti del pubblico, defiscalizzazione dei contratti nazionali. Conte ha lasciato Lecce gratificato dagli applausi, ma consapevole che i problemi cominceranno quando si tratterà di mettere nero su bianco la legge di Bilancio. Le schermaglie delle ultime ore sulle merendine, con il plateale smarcamento di Luigi Di Maio da una proposta di un ministro cinquestelle, hanno fatto capire al premier un rischio che in passato ha logorato alcuni governi: l’affastellarsi di effetti-annuncio in contraddizione tra loro. E d’altra parte ottobre sarà per il governo il mese della verità. Il 9 ottobre si riuniranno ad Assago i delegati di Cgil, Cisl e Uil per un giudizio sullo schema di Finanziaria quasi ultimato, che dovrà essere presentato in Parlamento entro il 15 ottobre. Quattro giorni dopo, Matteo Salvini chiamerà a raccolta il suo popolo. Nella spianata che per tanti anni è stata monopolio della sinistra: piazza San Giovanni a Roma.