Qualche giorno fa, in visita a Roma, Emmanuel Macron ha fatto conoscere la sua opinione su un argomento attorno al quale non era tenuto a pronunciarsi. Il presidente francese lo ha fatto comunque: a suo avviso, ha osservato, l’ultimo pacchetto di misure espansive della Banca centrale europea voluto dal presidente uscente Mario Draghi è corretto. Non era scontato che Macron appoggiasse Draghi. Non da quando i suoi connazionali in seno alla Bce vi si erano opposti, facendo conoscere all’esterno il loro dissenso. Sia il governatore della Banque de France François Villeroy de Galhau che Benoît Cœuré, il brillante economista da otto anni nel comitato esecutivo di Francoforte, stavolta si erano schierati contro il nuovo ciclo di «quantitative easing» (acquisto di titoli) e al fianco delle banche centrali di Germania e Olanda. Supporto Il sostegno offerto da Macron alle scelte della Bce assume dunque un significato particolare, soprattutto per ciò che aspetta la banca centrale: da novembre un’altra francese, Christine Lagarde, prenderà il posto di Draghi; e nessuna rassicurazione sull’indipendenza dell’istituto di Francoforte può cancellare il curriculumdella futurapresidente edel suovicepresidente. Tanto Lagarde che il numero due spagnolo Luis de Guindos, entrambimolto apprezzati,nonsononé economisti né banchieri centrali; devono entrambi la loro posizione auna carrierapoliticaprecedente:tutti edue conunpassato daministri delle Finanze; entrambi con l’onere di aver dovuto gestire deficit pubblici fra i più altidell’area euro, sottoposti aunaproceduraper violazione delle regole. Evoluzioni Già solo il fatto che i capi di Stato e di governo dell’Unione europea abbiano affidato la Bce a Lagarde e De Guindos suggerisce che i tempi sono cambiati. Il paradigma del governo economico dell’euro sta evolvendo in qualcosa di diverso. Quando fu nominato l’olandese Wim Duisenberg come primo presidente della Bce nel 1998, quando gli subentrò il francese Jean-Claude Trichet cinque anni dopo e in fondo anche quando toccò a Draghi nel 2011, una simile squadra a Francoforte era semplicemente inconcepibile. L’esperienza di Lagarde come direttore generale del Fondo monetario internazionale se fa semmai una figura ancora più politica. Non è questo il solo paradigma che sta cambiando. Come osserva Ángel Ubide, un economista vicino al Peterson Institute di Washington, quando furono nominati alla Bce Duisenberg o Trichet «i tassi d’interesse negativi erano una curiosità teorica, l’inflazione elevata era un rischio da combattere, l’indipendenza delle banche centrali era sacrosanta e si credeva che i governi avrebbero fatto più deficit se le stesse banche centrali avessero comprato i loro titoli di Stato». Invece, continua Ubide, «il mondo del 2019 è irriconoscibile».Unterzodelleobbligazioni suimercatimondiali rendono meno di zero; la Bce ha già comprato titoli di Stato e privati per 2.500 miliardi eppure l’inflazione è scomparsa, mentreideficit pubblici sono scesi. In Giappone itassi zerostannoentrandonelterzodecennio, negli Stati Uniti la Federal Reserve ha ripreso ad allargare il bilancio e tagliare i tassi a livelli bassissimi mentre l’economia è ancora in espansione. Prospettive Se in questi dieci anni è accaduto tanto che prima si riteneva impossibile,nonresta cheunadomanda: cosa puòaccadereneiprossimidieci?Una recente risposta è in un paper peril BlackRock Investment Istitute co-firmato da due vere e proprie star del mondo delle banche centrali: l’ex vicepresidente della Fed Stanley Fischer e l’ex presidente della Banca nazionale svizzera Philipp Hildebrand. Per la prima volta, i due liberano daltabùl’ideadi quello cheBenBernanke -unexpresidentedella Fed-ha chiamato«helicoptermoney»:una banca centrale che crea denaro e lo passa ai cittadini, come se lo gettasse da un elicottero. Fischer e Hildebrand, due pensatori da sempre ortodossi, osservano che le banche centrali non hanno quasi più margini per rispondere a una caduta «significativa, o magari drammatica» dell’economia. I tassi d’interesse non possono scendere molto più sotto zero perincoraggiare i consumi e gli investimenti. E un’espansione di bilancio da sola, con politiche dei governi in deficit, rischia semmai di far salire i tassi di mercato. Per questo Fischer e Hildebrand propongono di accettare l’idea di «andare diretti», se necessario: un finanziamento monetario esplicitoepermanente di un’espansione del bilancio pubblico, magari per investire in tecnologie verdi,ricerca, educazione, infrastrutture o altri posti di lavoro. I due citano lo «helicopter money» ed è emblematico che Vítor Constâncio, vicepresidente della Bce negli anni di Draghi, abbia rilanciato sui social network la loro proposta senza prenderne le distanze. Dunque la Bce potrebbe avanzare come un rompighiaccio in acque nuove, nei prossimi anni. Resta da capire cosa deve succedere perché ciò accada. Resta soprattutto da capire se lo stesso «quantitative easing» e i tassi zero l’hanno portata in una trappola da cui non è possibile tornare alla normalità di prima: si può solo procedere sulla stessa strada. Due fattori potrebbero spingere Lagarde verso qualche forma, camuffata, di «helicopter money». Il primo lo cita un analista critico dell’euro come Russel Napier: i tassi d’interesse sotto zero, scrive, «stanno distruggendo la stabilità del sistema finanziario europeo» che non trova più rendimenti da titoli sicuri. Le banche soffrono; le assicurazioni vita e ifondi pensione a benefici definiti, diffusi in Germania e in Olanda,rischianodinonpoterfarfronte alle promesse verso i sottoscrittori. Poi c’è il secondo ingrediente che potrebbe spingere auna svoltadellebanche centrali: Stati e aziende molto indebitati, dalla Spagna all’Italia alla Francia,rischiano di non avereimezzi oggi per gestire un’eventuale recessione. Siamo in terra inesplorata e non è una buona notizia. Ma non è neanche una ragione per negare l’evidenza.