Federico Rampini Medioevo California

«Tutte le foglie sono marroni e i cieli sono grigi». Improvvisamente la citazione è di moda in una California sprofondata nel Medioevo pre-elettrico. Neanche grigi, i cieli sono proprio neri, buio pesto da blackout. Alle foglie marroni e ai cieli grigi era dedicato il primo verso di una canzone-simbolo, California Dreamin’ dei The Mamas and The Papas. Erano gli anni Sessanta, quando lo Stato Dorato della West Coast conquistò un posto centrale nell’immaginario collettivo di intere generazioni, americane e non. La California come nuova frontiera, culla di tutte le rivoluzioni culturali valoriali e di costume, poi laboratorio della modernità fino alle varie ondate di innovazioni tecnologiche. E naturalmente bastione della sinistra americana. Perciò c’è un sottile godimento della destra nell’osservarla alle prese con una crisi assurda, inspiegabile: due milioni di utenze senza luce elettrica, o affette da interruzioni a singhiozzo. Al quarto giorno della crisi dei blackout, nello Stato più ricco d’America, il sarcasmo dei conservatori è alle stelle. The Wall Street Journal apre un editoriale sul “Medioevo della California” osservando che gli abitanti della Silicon Valley e dintorni “stanno imparando a vivere come gli Amish”, quella comunità religiosa che rifiuta il progresso e pratica uno stile di vita settecentesco. La California non è al suo primo impatto con una crisi energetica, anche se può sembrare stupefacente che i dipendenti di Apple Google e Facebook siano soggetti agli stessi disservizi che associamo con i contadini dell’India. Nelle estati del 2000 e 2001 già ci furono blackout a ripetizione. La colpa anche allora era delle utility private, in un’era di speculazione sui derivati dell’energia che culminò col crack finanziario della Enron. (Il malcontento per quei disastri portò al potere Arnold Schwarzenegger). Anche oggi sul banco degli imputati c’è un colosso privato, la utility Pacific Gas & Electricity (PG&E), ma le cause della crisi sono diverse: gli incendi. L’anno scorso l’incendio che ebbe epicentro nella cittadina di Paradise uccise 85 persone e distrusse 14.000 case. In quello e in altri disastri le indagini hanno inchiodato PG&E: i suoi cavi elettrici sospesi sono stati spesso all’origine di scintille in mezzo alle foreste. PG&E è stata condannata dalla giustizia e dovrà pagare indennizzi fino a 30 miliardi di dollari. A gennaio è finita nella procedura di bancarotta che si chiama Chapter 11. In amministrazione controllata, dove comandano gli avvocati e i finanzieri che rappresentano gli azionisti, PG&E non ne vuole sapere d’investire per mettere in sicurezza i cavi sospesi. Ha scelto la soluzione meno costosa: quando parte l’allarme per il rischio incendi, toglie la corrente. Incredibile ma vero, in uno Stato così opulento che se fosse indipendente starebbe nel G7, e ha un Pil superiore a Francia, Inghilterra, Italia, i capricci di una utility inefficiente rendono aleatoria la corrente in 34 contee. I disagi sono enormi, i pericoli anche: in particolare per chi abita in case isolate e anziani con apparecchiature mediche salvavita. Per la destra questo disastro è l’occasione di un processo all’ambientalismo californiano. I repubblicani prendono per buona la versione della PG&E secondo cui i costi per mettere in sicurezza tutte le linee sospese raggiungono 150 miliardi di dollari; anche solo per “ispezionarle” la spesa è tale che le tariffe elettriche dovrebbero salire del 400%. E la California ha già l’elettricità più cara d’America, a causa delle leggi ambientaliste che impongono alte quote di fonti rinnovabili. La sinistra respinge la versione della utility privata. Il governatore della California, il democratico Gavin Newsom, punta il dito contro PG&E: «Sono in bancarotta a causa di un management disastroso che dura da decenni. E non tiriamo in ballo il solito cambiamento climatico: questa è una storia di avidità e negligenza. È ora che PG&E ci dia un sistema elettrico degno del XXI secolo». C’è il sospetto che l’azienda stia prendendo in ostaggio due milioni di utenze per esercitare un ricatto proprio sul governatore e la politica locale: vorrebbe ottenere leggi meno cogenti sulle fonti rinnovabili, e soprattutto sulla sua responsabilità civile e penale in caso di disastri. Mentre la popolazione segue con angoscia il bollettino dei black-out per sapere quanti servizi saranno sospesi nuovamente (lunedì potrebbero esserci ancora scuole chiuse, trasporti pubblici a singhiozzo, reti stradali senza semafori), tra il capitalismo elettrico e la politica locale è una battaglia senza esclusione di colpi. A sinistra si torna a parlare di ri-nazionalizzare il servizio. Ma i democratici hanno lasciato che questo disastro maturasse sotto il loro governo, in un contesto di decadenza generale di tutte le infrastrutture.