Ferruccio de Bortoli
L’ impegno a ridurre l’evasione fiscale, non solo a parole, è un segno di discontinuità da apprezzare. Se solo si mettesse fine alla lunga teoria di condoni, concordati, scudi, saldi e stralci – che ha rappresentato negli anni una gigantesca lezione di diseducazione civica – si realizzerebbe una piccola rivoluzione. Un serio cambio di paradigma civico. Basterebbe, dunque, riporre definitivamente in soffitta la stagione del perdonismo fiscale. Un’attitudine italiana, certo,ma ancheun’inclinazione furbastra della politica. Ovvero la necessità di reperire fondi «pochi, maledetti e subito», unita alla tentazione di guadagnare o non perdere voti. Ma anche nella lotta all’evasione fiscale il meglio (apparente) può essere nemico del bene (reale). In due modi. Primo: lasciarsi prendere da quell’istinto rivendicativo e giustizialista che si annida a sinistra e nutre molte delle pulsioni grilline. Condensato, per esempio, nell’enfasi con la quale si parla delle cosiddette «manette agli evasori». Uno slogan populista più che una seria promozione della cosiddetta compliance. Non si risolve tutto scatenando i controlli della Guardia di Finanza – ammesso che si possano estendere a tappeto – e nemmeno sventolando il deterrente del carcere che già in passato ha dimostrato di essere inefficace. Quanto sarebbe credibile uno Stato occhiuto e arcigno dopo anni di lassismo e complicità con diverse categorie? E come potrebbe conciliarsi questo ipotetico sussulto di severità – che alla fine sarebbe di pura facciata – con la necessità di accompagnare il contribuente, comprendendone le difficoltà, strappandolo dal «nero»? In sintesi, mostrando il volto di quel Fisco «amico» di cui si parla da anni? Il secondo modo riguarda l’impiego dei proventi della lotta all’evasione. Se non dovessero andare, ancora una volta, ad alleggerire il peso fiscale dei contribuenti onesti e regolari, cioè di coloro che pagano più del dovuto (in particolare dipendenti e pensionati) si perderebbe un’altra occasione di equità sociale. E non si premierebbero – passaggio fondamentale affinché la compliance fiscale diventi un risvolto ineludibile della cittadinanza – quegli italiani che hanno fatto sempre fino in fondo,regolarmente, anche attraverso sacrifici personali, il loro dovere di contribuenti. Le nuove statistiche In attesa di conoscere oggi la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef)- che molto dirà sugli orientamenti di politica economica del governo giallorosso – è utile dare uno sguardo a un paper di Prometeia in via di pubblicazione. L’associazione di studi economici bolognese confronta l’evasione fiscale italiana con quella di altri Paesi. Lo studio segnala innanzitutto la difficoltà di stimare il fenomeno. Secondo i dati ufficiali (che verranno aggiornati dal Nadef) il tax gap, ovvero la differenza tra le tasse dovute e quelle pagate, è di109 miliardi l’anno, in media nel periodo, il 6,4 per cento del Pil, il Prodotto interno lordo. Circa il doppio dell’ammontare di interessi pagati ogni anno sul debito pubblico. Ma per altre ricerche, la nostra evasione – che cipone alprimoposto tra i Paesi europei – è ancora maggiore. Prometeia cita una rapporto del Parlamento europeo che stima un ammontare di evasione delle tasse domestiche, nell’intera Unione, oscillante tra i 750 e i 900 miliardi di euro all’anno. In media si evaderebbe il 5,5 per cento del Pil comunitario. In questo caso, per una diversa valutazione della nostra economia sommersa, il tax gap italiano salirebbe addirittura al 12 per cento del Pil. L’Iva è la tassa più evasa. Secondo la Commissione europea (dati relativi al 2017), gli Stati membri avrebbero perso 137 miliardi di gettito Iva, di cui 33 miliardi in Italia, 25 in Germania, 12 in Francia. Sostanzialmente un quarto dell’Iva italiana sarebbe regolarmente elusa. Questo fenomeno avrebbe, secondo Prometeia, una stretta relazione con l’evasione da redditi di lavoro autonomo e piccole imprese che in Italia – particolare da non sottovalutare per non fare di ogni erba un fascio – è molto più sviluppato che negli altri Paesi. Coinvolge il 23,8 per cento degli occupati contro il 14,9 nella media europea. Per questiredditi il tax gap, è cresciuto dal 64,2 per cento del 2011 al 67,8 del 2016 mentre, nel corrispondente periodo, il tasso di evasione dell’Iva si è seppur di poco contratto, dal 27,5 al 26,4 per cento. Come se ci fossero due vasi comunicanti: riduco il livello di evasione da una parte, si accresce dall’altra. «Il grosso dell’evasione sta qui – commenta Lorenzo Forni, segretario generale di Prometeia – e dunque una seria lotta alneropassadall’Iva, anchedauna eventuale rimodulazione delle aliquote e soprattutto da strumenti che incentivino la tracciabilità delle transazioni, come la fatturazione elettronica – che secondo le stime dà un gettito di 2 miliardi superiore alle attese – e dai pagamenti digitali. Ma non mi aspetterei miracoli. L’ipotesi di un credito di imposta sui pagamenti con carte, lo stesso scontrino fiscale, in vigore dall’inizio del prossimo anno, compresa la lotteria come in Portogallo, comportano non poche complicazioni. I pagamenti vanno certificati, devono essere nominativi, con l’indicazione forse del codice fiscale. E poi ci sono dei rischi: da una parte che si finisca paradossalmente per incentivare il nero (ad esempio per chi non vuole lasciare traccia ditutte le sue spese perché magari non coerenti con le entrate che dichiara), dall’altra che gli scontrini diventino una sorta di moneta parallela». Le proposte Ma la strada non può essere che questa. Forni ha dei dubbi anche sulla tassazione del contante. «Potrebbe aumentare la liquidità tenuta a casa o fuori dal sistema bancario». Ma il prelievo del contante in Italia, seppur di poco, sta diminuendo. Nel circuito Bancomat (34 milioni di carte in circolazione) nei primi otto mesi del 2019 ci sono state 131 milioni di operazioni per un corrispettivo di 18 miliardi. Nel corrispondente periodo dell’anno scorso le transazioni avevano superato i132milioni per18,3miliardi. «Ilnostro è uncircuito deltutto italiano – spiega il presidente di Bancomat FrancoDalla Sega – e paghiamo le tasse in Italia a differenza di alcuni concorrenti. Anche per Bancomat si sta diffondendo sempre di più la tecnologia contactless e sarà possibile acquistare biglietti di treni e fare la spesa online con dispositivi mobili. Bisogna agire sul rapporto tra consumatore ed esercente consentendo anche a quest’ultimo di avereunincentivoall’accettazionedeipagamentidigitali (nei primi otto mesi del 2019 le transazioni sul circuito Pagobancomat hanno superato i 793milioni per più di 45miliardi). Un esempio: accertamenti fiscali semplificati se si usa la carta. Un vantaggio tangibile, una novità concreta».