Ferruccio Sansa

Il nuovo ad di Autostrade, Roberto Tomasi, era stato informato che i suoi dirigenti “nel corso della perquisizione hanno volontariamente omesso di consegnare” alla Finanza “la documentazione di collaudo e i certificati dei ma te ri al i”. È scritto nell’an notazione di 78 pagine predisposta dalle Fiamme Gialle che i pm genovesi Walter Cotugno e Massimo Terrile hanno consegnato al Tribunale del Riesame. A PAGINA 8 si legge: “Alle 7:35 del 31 gennaio 2019 il nuovo ad di Autostrade, Tomasi Roberto, chiama Marrone”. Parliamo di Gianni Marrone, indagato nell’inchiesta sui falsi report, una costola di quella sul Morandi. Marrone a settembre è finito agli arresti domiciliari che sono stati revocati la settimana scorsa. Nelle carte dei pm si parla, appunto, di documentazione non consegnata agli investigatori, ma anche di studi sulla sicurezza dei viadotti (in particolare il Paolillo, in Puglia) che sarebbero stati ritoccati. Aggiunge la Finanza: “Marrone, in ordine al Paolillo e all’attività di indagine effettuata dalla Finanza gli dice che l’armatura rinvenuta in sede di indagine sulla trave è difforme rispetto alla contabilità di progetto del ’74 (l’anno di costruzione)”. Insomma, sostengono gli investigatori, già a gennaio – la sua designazione risale al 18 – Tomasi era a conoscenza che il Paolillo non era stato realizzato secondo il progetto originario. Ma c’è di più: Marrone dice a Tomasi “che non hanno fornito dei documenti a Placido Migliorino (l’ispettore del ministero delle Infrastrutture, nd r ) nel corso delle ispezioni del Ministero dove emergeva che le armature riscontrate erano diverse dal disegno di contabilità ma che l’opera poi collaudata è quella con la trave riscontrata in sito”. Ma il passaggio più scomodo, come ha raccontato l’A nsa , è l’ultimo: Marrone racconta a Tomasi “che nel corso della perquisizione hanno volontariamente omesso di consegnare la documentazione di collaudo ed i certificati dei materiali”. La Finanza riporta l’intercettazione: “Avevano fatto la valutazione dell’armatura – esordisce Marrone – e, giustamente, aveva scritto affianco… dice: guarda è difforme però rispetto alla contabilità di progetto del ’74, cioè l’armatura della trave era difforme alla contabilità di progetto”. Marrone è contrariato con Migliorino, definisce i suoi discorsi “pippardonici”. Aggiunge: “Mi – gliorino ha fatto un disastro, c’ha portato in Prefettura, in Procura”. Marrone si difende: “È solo il disegno di contabilità sbagliato, l’opera che trovate sul viadotto è quella collaudata”. Il dirigente di Autostrade pare non gradire il modo di procedere della Gdf: “Sono venuti in 14, manco fossimo Riina”. Aggiunge: “Vieni tacciato di falso quando una lettura asettica è fatta da chi veramente vende formaggi fino a ieri”. Ed ecco i passaggi che hanno attirato l’atten – zione degli investigatori: “L’uni – ca cosa che loro non hanno, perchè noi non gliel’abbiamo data ieri, perchè, sai, tu non puoi scoprire tutto e dargli tutto a spiegà a gente che già lì viene col presupposto che tu sei un delinquente, scusa se te lo dico… il verbale di collaudo, i certificati dei materiali all’epoca dei fatti dei collaudi… questi qua, i verbali di collaudo almeno noi non glieli abbiamo dati”. Tomasi all’inizio oppone brevi frasi, silenzi. Alla fine, però, dice: “Noi non possiamo rimanere nella condizione di non confrontarci con la magistratura”. E Marrone conclude: “Non possiamo passare come quelli che hanno fatto il falso per nascondere un’opera che era in condizioni disastrose… io sono disposto ad andare a Genova tra un quarto d’ora”. È LA LINEA di difesa di Marrone che dopo essere stato sentito dai giudici, aveva dichiarato: “L’opera corrisponde a quella collaudata. È sicura, lo dicono studi terzi di professori universitari”. Le parole di Tomasi, secondo i pm, non hanno rilevanza penale. L’ad non è indagato. Da Autostrade arriva un commento: “Nel colloquio veniva espressamente chiesto a Marrone di chiarire la propria posizione direttamente alla magistratura, in modo da consentire una puntuale ricostruzione dei fatti”. L’in – chiesta partita dalla tragedia del Morandi segue diversi filoni. Anche se Gabriele Bordoni, avvocato di Marrone, commenta: “La competenza sui falsi spetta a Bologna dove è stato commesso il reato portante”. Insomma, la battaglia legale sarà dura. Intanto, però, emerge che altri cinque viadotti sarebbero sotto la lente di ingrandimento della Procura, soprattutto sulla trafficata A26 che collega la Liguria al Piemonte: Carlo Alberto, Baudassina e Ferrato nell’Alessandrino e Gorsexio e Stura III tra i caselli di Voltri e Masone.