Fiorenza Sarzanini

Il calendario è deciso, mercoledì prossimo il premier Giuseppe Conte sarà ascoltato dal Copasir sul Russiagate. Dopo di lui toccherà al direttore del Dis Gennaro Vecchione, ma anche i ministri competenti dovranno rispondere alle domande dei membri del comitato parlamentare. Dopo l’insediamento del presidente leghista Raffaele Volpi(il Copasir deve essere guidato da un membro dell’opposizione) la procedura prevede che vengano ascoltati i titolari del dicasteri che fanno parte del Comitato interministeriale per la Sicurezza. E dunque saranno proprio i responsabili di Interno, Giustizia, Economia, Esteri, Difesa e Sviluppo Economico a dover chiarire se fossero stati informati che il premier aveva autorizzato l’incontro tra i capi dell’intelligence e il ministro della giustizia americano William Barr avvenuto il 27 settembre scorso nella sede del Dis per sapere se i Servizi italiani avessero notizie del professore della Link Campus Joseph Mifsud e se abbiano mai avuto contatti con lui. Al momento risulta che quella riunione — così come il colloquio tra Vecchione e Barr avvenutoaferragosto, quindi quando c’era una diversa maggioranza — fosse stato tenuto segreto anche ai componenti del governo gialloverde e di questo dovrà essere proprio il premier a fornire chiarimenti. Secondo quanto Conte ha fatto filtrare finora — specificando che dopo l’audizione al Copasir parlerà ampiamente per informare l’opinione pubblica — «rispetto a quei contatti non c’era nulla da riferire, perché erano normali rapporti internazionali». In realtà Barr è un esponente politico dell’amministrazione Trump e dunque la richiesta di notizie ai capi degli 007 sarebbe dovuta passare peril ministro della Giustizia Alfonso Bonafede con una rogatoria. Il premier dovrà dunque svelare che tipo di notizie siano state consegnate agli Stati Uniti, tenendo conto che Barr avrebbe scritto un «report» proprio per dare conto dei risultati ottenuti e non si sa con chi abbia deciso di condividerlo una volta tornato a Washington. È stata invece accantonata l’ipotesi di indagare sull’incontro all’hotel Metropol di Mosca nell’ottobre 2018 tra Gianluca Savoini, il collaboratore di Matteo Salvini, altri due italiani e tre russi per discutere del finanziamento da 65 milioni di euro alla Lega. Nonostante le richieste dei parlamentari della maggioranza, è stato ritenuto che «non ci sono elementi».