Fiorenza Sarzanini

«La crisi siriana può essere affrontata soltanto con una risposta forte dell’Unione Europea che favorisca la stabilizzazione politica di quei territori». Parla per la prima volta la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, e lo fa nel momento di massima allerta internazionale dopo la minaccia del presidente turco Erdogan di mandare oltre confine milioni di profughi. Per questo avverte: «L’intensificazione dei flussi migratori che stanno mettendo in crisi i Paesi della frontiera orientale richiede un approccio europeo solidale: non possono essere lasciati soli gli Stati più esposti». Lei ha già partecipato ai vertici di Malta e Lussemburgo. Crede davvero che in Europa stia cambiando qualcosa? «Ho registrato un rinnovato clima di solidarietà, necessario per una effettiva condivisione del problema. Finora l’impegno del nostro Paese su questo fronte è stato eccezionale. Adesso solo una risposta coordinata e condivisa a livello europeo può consentire però una strategia efficace che coniughi il necessario rigore contro lo sfruttamento dei migranti e i trafficanti di esseri umani con il rispetto dei diritti fondamentali e dei principi di solidarietà che sono alla base della costruzione e dell’integrazione europea». La bozza di Malta ha questo valore politico? «L’idea condivisa è che un nuovo patto di solidarietà europeo deve nascere dalla consapevolezza che l’Italia e Malta rappresentano i porti di primo approdo per poi raggiungere altri Paesi europei. La bozza di accordo può rappresentare il cambio di passo. È un inizio in direzione di un sistema di gestione più equo e bilanciato; un percorso complesso, ne sono consapevole, che auspico possa vedere progressivamente coinvolti il maggior numero possibile di partner europei». Qual è secondo lei il punto chiave? «Il superamento degli attuali squilibri nella ripartizione degli oneri tra gli Stati membri. L’introduzione di un meccanismo di redistribuzione dei migranti basato su procedure di ricollocazione automatiche, veloci ed efficaci, fa sì che non vi siano incertezze in merito alla gestione dell’accoglienza al momento dello sbarco e allo Stato membro che se ne debba fare carico. Questi elementi potrebbero rappresentare una svolta decisiva soprattutto nella prospettiva di una riforma del Regolamento di Dublino». Però poi ci sono gli sbarchi autonomi. «Il fenomeno non è assolutamente nuovo. Nel 2018 le persone arrivate con piccole imbarcazioni sono state 5.999, mentre fino ad oggi sono state 6.409. A settembre si è registrato un aumento, ma stiamo risentendo del particolare momento politico che sta attraversando la Tunisia». Rimane il problema dei rimpatri. «Una politica migratoria e di asilo efficace richiede una strategia di rimpatri a livello europeo per coloro che non hanno diritto a rimanere, nel rispetto dei diritti umani e del principio di non respingimento. È necessario sottoscrivere nuovi accordi di riammissione e potenziare quelli esistenti. Tutto ciò senza escludere, anzi favorendo, i corridoi umanitari verso l’Europa perle persone più vulnerabili che finora ci hanno consentito di accogliere solo dalla Libia oltre 850 richiedenti asilo». Che cos’altro si deve fare? «È fondamentale proseguire nell’azione di sostegno alla stabilizzazione della Libia, impegnarsi per la realizzazione di un piano umanitario europeo oltre che per il rafforzamento della capacità di tutte le guardie di frontiera dei nostri partner africani ai fini di una gestione dei flussi dei migranti sicura e rispettosa dei diritti delle persone. Dobbiamo agire con decisione perché non si ripetano tragedie del mare come quelle dello scorso 7 ottobre, vicino a Lampedusa. Sul piano nazionale, invece, è indispensabile uno sforzo ulteriore in direzione direali politiche di integrazione, precondizione per la tenuta della coesione sociale del Paese, il cui livello di democrazia passa per la garanzia dei diritti civili e sociali e quindi per la capacità di rispondere ai bisogni di sicurezza dei cittadini. Vorrei avviare un confronto con le Ong impegnate in operazioni di soccorso in mare, partendo dal codice di condotta già sottoscritto al Viminale». Al di là dell’immigrazione, quali problemi mette in cima alla lista delle priorità? «Di fronteascenari di minaccia in continua evoluzione come il terrorismo, alla necessità di contrastare senza tregua la criminalità organizzata, a segnali di criticità emergenti che sono terreno di incubazione di fenomeni di criminalità comune, la forza di una democrazia si misura sulla capacità di dare risposte adeguate. Sono assolutamente convinta, anche in ragione della mia esperienza di prefetto sul territorio, che l’azione a presidio della legalità sia una partita che si gioca su diversi fronti e che per vincerla occorra partire dalla conoscenza del territorio e interpretarne correttamenteisegnali. Per questo continuerò a incontrare, tra gli altri, i sindaci, destinatari dei bisogni, delle richiesteedelle proposte che provengono dalle comunità locali. È la prospettiva dalla quale bisogna confrontarsi con le sfide del nostro tempo, in una concezione ispirata mai dal potere ma solo dal servizio». Poche ore dopo la sparatoria in questura lei è andata a Trieste… «Ho voluto essere presente per manifestare la vicinanza alle famiglie e ai colleghi dei due agenti uccisi ed esprimere un ringraziamento alle donne e agli uomini della polizia di Stato per l’impegno straordinario, offerto quotidianamente, fino al sacrificio della vita, a tutela della sicurezza di tutti». Le forze dell’ordine lamentano mancanza di risorse, carenze negli equipaggiamenti. «Ho avviato, insieme ai colleghi di governo, una serie di iniziative volteasostenere, anche finanziariamente, le richieste degli operatori di sicurezza e abbiamo esercitato la delega peril comparto Difesa e Sicurezza, individuando ulteriori risorse necessarie a completare il riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle forze di polizia e delle forze armate. Stiamo mettendo in campo tutte le iniziative necessarie ma so bene che c’è ancora tanto da fare nella consapevolezza che dietro quelle divise ci sono madri, padri, fratelli, figli, famiglie, che si sacrificano per consentire alle nostre forze di polizia di vegliare, notte e giorno, sulla nostra sicurezza ed incolumità, e verso i quali mi permetta di esprimere la mia profonda gratitudine. Il loro lavoro, come quello dei vigili del fuoco, rappresenta una missione che ognuno di loro ha nel cuore, nella mente, nell’anima». Lei è tornata al Viminale da poco più di un mese. Quale sensazione ha provato? «Per 40 anni sono stata un funzionario di questa amministrazione, un servitore dello Stato. Una carriera che mi ha altamente gratificato e che ho vissuto con un convinto senso del bene comune cercando di agire quotidianamente con lealtà, equilibrio e coerenza. Sono tornata con la consapevolezza di essere al vertice di un’amministrazione correttamente considerata per le sue funzioni “il cuore della Repubblica”, ed è evidente che ciò è per me motivo di orgoglio ma anche di grande responsabilità. Conosco le sfide che mi attendono. Il mio unico obiettivoèrendere, anche in questo nuovo ruolo, un buon servizio al mio Paese».