Ieri mattina Francesco celebrava la messa per canonizzare cinque nuovi santi e lui stava come sempre al suo posto, in completo scuro accanto al Papa, la mano posata sull’autoegli occhi a percorrere piazza San Pietro durante il saluto ai fedeli. Eppure, si dice in Vaticano, la decisione è presa, già questa mattina la sostituzione di Domenico Giani alla guida della Gendarmeria vaticana potrebbe essere ufficiale e quella di ieri l’ultima immagine da «angelo custode» del pontefice, dopo vent’anni di servizio. Agli amici aveva confidato che non sarebbe mai rimasto dove non è voluto. Il comandante ha parlato ieri con Francesco e poi riunito i gendarmi per informarli che il suo mandato è ormai terminato. Molti di loro sono già stati interrogati dal promotore di giustizia Roberto Zannotti, titolare dell’indagine sulla fuga di notizie che ha fatto infuriare il Papa, tanto da convincerlo a parlare di «peccato mortale»: la «soffiata» che ha consentito la pubblicazione della «disposizione di servizio» con nomi e foto dei cinque dipendenti della Santa Sede coinvolti nell’inchiesta sugli investimenti immobiliari da centinaia di milioni di euro. Il saluto ai gendarmi, si racconta, è stato fatto ieri dopo la messa. Giani ha chiesto a tutti di mantenere il silenzio fino all’annuncio ufficiale e poi ha ribadito la propria «amarezza» ed «estraneità». La «disposizione» che vietava l’ingresso in Vaticano ai cinque indagati — il direttore dell’Antiriciclaggio, Tommaso Di Ruzza; il capo ufficio della Segreteria di Stato, monsignor Mauro Carlino; due impiegati della Terza Loggia, Vincenzo Mauriello e Fabrizio Tirabassi,el’addetta di amministrazione Caterina Sansone — era stata affissa al comando, ma doveva restare riservata. Invece qualcuno l’ha divulgata, probabilmente all’interno della Gendarmeria, e la responsabilità è ricaduta su Giani sia per omesso controllo sia per non essere riuscito a individuare la «talpa». Le voci che filtrano Oltretevere accreditano la possibilità che questa vicenda sia soltanto l’ultimo di una serie di episodi che avevano ormai deteriorato il rapporto tra il comandante dei gendarmi e alcuni superiori: in particolare il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato. Del resto, l’aver condotto indagini e perquisizioni, in questi anni, ha procurato a Giani molti nemici. Ora si tratta di vedere se—com’era stato concordato—Giani sarà destinato ad altro incaricoose invece attenderà una nuova destinazione. In queste ore si è parlato di un impegno al Viminale o in qualche organizzazione che svolge attività all’estero. L’indagine del «pm» vaticano è stata avviata il 2 ottobre, subito dopo la pubblicazione della «disposizione» con nomi e foto su L’Espresso. Sono stati ascoltati i gendarmi e si è ricostruito quanto accaduto. È stato spiegato che il bollettino, come avviene sempre, era stato affisso nella bacheca del comando e trasmesso alle guardie svizzere che sorvegliano gli ingressi. Qualcuno sospetta sia stato divulgato proprio per danneggiare Giani o comunque avvelenare l’inchiesta sulle operazioni immobiliari e finanziarie. Il fascicolo nei prossimi giorni potrebbe riservare nuove sorprese, visto che alcuni atti per l’autorizzazione alla compravendita risultano firmati dal cardinale Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato fino a giugno 2018 e da settembre prefetto della Congregazione per le cause dei santi. «Non sappiamo chi abbia diffuso il documento, ma mi rammarico che all’interno del Vaticano stia venendo meno il senso di appartenenza e lealtà, di fedeltà alle istituzioni per le quali abbiamo giurato», ha detto Becciu a Tgcom24. Il cardinale, com’è ovvio, ieri era alla messa: «Come vedete sono qui e sto bene. Il Papa è stato molto gentile, mi ha ringraziato per la cerimonia che abbiamo fatto per le canonizzazioni e poi mi ha detto che ha sempre grande fiducia in me e di restare sereno. Mi ha detto di reagire da sardo. È stato un incoraggiamento, bisogna camminare malgrado tutto».