Francesca Paci

A sorpresa, nel silenzio d’un fine settimana ottobrino, la Provincia di Bolzano varca il Rubicone e, a coronamento di una lunga storia irredentista capitanata dai duri del movimento Süd-Tiroler Freiheit e dai bersaglieri Schützen, cancella per legge le definizioni “Alto Adige” e “altoatesino”: l’unica dicitura italiana per indicare la punta più settentrionale della penisola sarà, per l’appunto, provincia di Bolzano, mentre resta invariata quella tedesca di Südtirol. Ed è proprio qui, sulla disparità di trattamento tra il patrimonio genetico nostrano e quello germanico, eterno dover essere dell’ambizione autonomista bolzanina, che la polemica si accende fino all’incandescenza. Sì, perché sebbene il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher getti acqua sul fuoco spiegando che «la denominazione Alto Adige non è stata abolita, non sarebbe neanche possibile giacché è sancita dalla Costituzione», la decisione del suo Consiglio provinciale, passata con 24 sì più un no e 5 astenuti (tra cui Pd, Verdi e Lega), scatena le reazioni da Roma come un grido di battaglia. “Si rispetti la Costituzione” «Continua l’ignobile guerra di aggressione della Svp e dei secessionisti sudtirolesi all’italianità dell’Alto Adige» tuona Giorgia Meloni, al cui partito (Alto Adige nel cuore-Fratelli d’Italia) fa riferimento l’unico no espresso dall’assemblea di Bolzano. Critici Forza Italia e +Europa, che si rivolge all’Esecutivo chiedendo di rispondere a «questo inaccettabile affronto che calpesta la nostra storia». Maria Elena Boschi parla per Italia Viva: «Un grave errore. Sarebbe imperdonabile buttare via il lavoro che per anni la popolazione di lingua italiana, tedesca e ladina hanno fatto per rispettarsi reciprocamente e crescere insieme». Effettivamente, per quanto Kompatscher insista che trattasi di cancellazione e non di abolizione, il disegno di legge «Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Provincia autonoma di Bolzano derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Ue» appare una sfida all’articolo 115 della Costituzione. La replica di Palazzo Chigi arriva in serata con il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia: «È necessario rendere i testi italiani e tedeschi perfettamente identici e rispettosi della Costituzione. Se così non dovesse essere la legge sarà impugnata dopo la sua pubblicazione». Boccia ne ha già parlato con Kompatscher e conta di farlo ancora: à la guerre comme à la guerre. Questione di principio, ma non solo. E i giuristi di ambo le parti affilano le armi. Precedente pericoloso Il problema è che la decisione di Bolzano rischia di creare un precedente in un contesto nazionale in cui le ambizioni indipendentiste non hanno magari la veemenza catalana ma esistono eccome. Anche perché la recente modifica del Titolo V della Costituzione che riconosce maggiore autonomia alle regioni ha di fatto ridotto in qualche modo la peculiarità di quelle a Statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia) risvegliandone le antiche pulsioni isolazioniste. «Il termine Alto-Adige viene soppresso, quello Sud Tirolo no. Cose da pazzi. È così che si fa l’Europa?», attacca il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Unicatt, Carlo Cottarelli. L’Europa, già. Se non fosse che il referendum catalano di due anni fa ha acceso i riflettori sulla Scozia risvegliata dalla Brexit, l’indomito irredentismo corso, i pugnaci fiamminghi del N-Va nel piccolo Belgio, le tante potenziali rivendicazioni analoghe a quelle della Generalitat di Barcellona nel cuore di un’Unione in cui l’egemonia culturale è passata da tempo nelle mani del fronte nazional-sovranista.