Francesco Battistini

Demolire la vecchia Tunisia per costruire un utopico Paese dei gelsominirifioriti e delle riforme avviate: Kais «RoboCop» Saied a 61 anni ce la fa, secondo gli exit poll stravince le presidenziali col 72,53% e come nel film che gli ha dato il soprannome, ora, gli toccano sfide da supereroe. Non ha un partito e parla un arabo classico che molti non capiscono, è un po’rigido come il robot del film, ma presiede un popolo di giovani che l’ha sostenuto pur di non vedere al potere «il partito degli affari» fondato dal rivale, il magnate tv (e amico-socio di Berlusconi) Nabil Karoui. Vince il populismo, e questo si sapeva perché entrambi i candidati si sono presentati come anti-sistema. Ma vince un populismo anomalo: a spingere l’ultraconservatore Saied, è stato l’appoggio last minute giunto dalla fratellanza musulmana di Ennahda. Saied è un costituzionalista spuntato quasi dal nulla: è favorevole alla pena di morte e a leggi contro l’omosessualità, è dubbioso sull’uguaglianza di genere, si proclama liberale e non condizionabile dai musulmani estremisti. «Sono sempre stato un indipendente — ama ripetere — e lo resterò fino alla fine della mia vita». Propone anche cose inquietanti, come ilridimensionamento del Parlamento. Ma secondo la regola d’ogni demagogo 2.0, a convincere non è stato quel che proponeva, ma come. Di sicuro l’ha aiutato una campagna porta a porta e su Facebook, con poche apparizioni tv. Il presidente della Tunisia ha più poteri in politica estera che interna: il Professore sogna d’essere un attore di pace nella vicina Libia, da dove s’è riversato mezzo milione di profughi, coi rischi d’un terrorismo che i tunisini hanno già provato. La guerra al jihadismo è ancora da vincere. Ma la battaglia imminente, anche per evitare che i fondamentalisti tornino ad avere voce, è a una disoccupazione ai massimi storici. Molte aziende europee hanno smesso di delocalizzare, i barconi ricominciano a partire da Cap Bon. «RoboCop» promette di fare pulizia nelle istituzioni e di smontare la «piramide di potere» che tutto accentra. I festeggiamenti notturni di Tunisi non ingannino. Quel che Saied si trova a guidare è un Paese che ribolle di scontento. E un esempio è la rabbia che erutta dal mondo femminile. #EnaZeda, che sta per «anch’io» ed è la traduzione locale del #MeToo, in queste ore è un top trend su Twitter: testimonia la protesta delle tunisine contro un certo machismo, non più tollerato, e in particolare per il video che mostra un deputato legato a Karoui mentre molesta una liceale davanti a scuola. L’onorevole è stato convocato dai giudici, il partito promette sanzioni, ma l’indignazione via social è spinta dalla blogger Lina Ben Mhenni e non s’arresta: «Non penso ci sia una sola donna in Tunisia — dice Lina — che non abbia subìto una molestia sessuale. Ci siamo passate tutte». Ecco, se Saied promette di voltare pagina, può cominciare da qui.