Francesco Pierantozzi

Ieri c’è stata la prova generale, ed è stata un successo: dieci linee di metro chiuse a Parigi, autobus e treni regionali col contagocce, praticamente impossibile arrivare agli aeroporti con i mezzi pubblici, biciclette e monopattini a noleggio presi d’assalto, quasi 400 chilometri di ingorghi dentro e intorno alla capitale. Chi ha potuto, non è andato al lavoro.

L’autunno caldo di Emmanuel Macron è cominciato: con i Gilets Jaunes (ancora) a riposo, si arma la rivolta contro la riforma delle pensioni. Ieri, alla sede della Ratp, l’ente dei Trasporti pubblici di Parigi e Ile de France, in mezzo ai fumogeni e alla soddisfazione per il tasso di partecipazione allo sciopero (in alcuni settori ha sfiorato il 99 per cento), gridavano tutti la parola d’ordine: se il governo non cede, a dicembre sarà sciopero illimitato. EMacron ha già fatto sapere che non cederà. Quella delle pensioni è la più importante delle riforme del suo mandato: allungare (nei fatti) l’età pensionabile e la durata dei contributi, e soprattutto arrivare a un sistema unico uguale per tutti, annullando le eccezioni (alcuni dicono privilegi) di alcune pensioni di categoria, in particolare dei conducenti dei mezzi pubblici parigini, dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato Sncf, dei dipendenti dell’ente elettrico Edf. Finora, nessuno è riuscito a far saltare il sistema. Jacques Chirac ci provò nel 1995 e dovette ritirare tutto al termine del più lungo sciopero dal ’68: dal 25 novembre al 15 dicembre, il paese si paralizzò. Nel 2007 toccò a Nicolas Sarkozy fare un passo indietro, dopo più di un mese di scioperi. Macron ci riprova. «Per cambiare le cose, a volte bisogna cambiare le abitudini» ha detto il presidente nella sua prima conferenza stampa alla fine delle vacanze. Si rivolgeva ai suoi concittadini, ma anche a sé stesso. Da luglio, il presidente ha cominciato a ricevere regolarmente i sindacati – snobbati durante la prima parte del mandato.

Fino a dicembre ha previsto una fase di “negoziato” e di “consultazioni cittadine” sulle pensioni, con l’obiettivo di portare la riforma all’Assemblée Nationale entro l’estate. Il calendario rischia di essere difficile. Sul piede di guerra ci sono già gli ospedalieri, che hanno manifestato mercoledì scorso e continueranno. Le misure annunciate dalla ministra della Sanità hanno avuto come unico effetto di far aderire alla protesta anche i medici. Lunedi in sciopero e per la strada gli avvocati, i piloti, le hostess e gli steward per protestare contro la riforma che toccherà anche i fondi autonomi, mentre giovedì tocca ai dipendenti di Edf. Sabato prossimo è il sindacato Force Ouvrière a chiamare a raccolta tutti per le pensioni, mentre il 24 settembre a organizzare la protesta è la Cgt. Il 2 ottobre sono i poliziotti (fatto abbastanza raro) ad aver previsto una “marcia della rabbia”, come “primo avvertimento” all’Eliseo. I pompieri, da parte loro, sono già in stato di agitazione da giugno e preparano una grande manifestazione nazionale per fine ottobre. Senza contare i Gilets Jaunes, che potrebbero tornare numerosi in qualsiasi sabato a venire.

L’Alto Commissario alle Pensioni Jean-Paul Delevoye, autore del progetto di riforma, continua a spiegare: «A lavoro uguale, pensione uguale. Come possiamo giustificare in una società come la nostra che chiede più equità, che un conducente di autobus a Bordeaux non abbia la stessa pensione di un conducente di autobus a Parigi?» Secondo le linee del progetto, la riforma riguarderà i nati dopo il 1963. L’età pensionabile resta formalmente ferma a 62 anni, ma per avere il massimo si dovrà arrivare ai 64. Chi deciderà di continuare, avrà diritto a un supplemento. Altra possibilità: l’allungamento della durata dei contributi fino a un minimo di 43 anni. Cambia anche il sistema, che dovrebbe diventare a punti, prendendo in considerazione tutti gli anni lavorati e non solo i migliori.