Fulvio Bufi
Alla fine ha deciso Lino. Ha detto: «Tagliamole queste benedette treccine perché a me interessa solo andare a scuola e non avere problemi». È tornato a casa, e siccome ieri era lunedì eibarbieri erano chiusi, ha preso un paio di forbici e alla mamma ha detto: «Fai tu». Per la verità non è venuto un gran lavoro, un passaggio dal barbiere bisognerà farlo comunque, ma le treccine non ci sono più, e di Lino, studente della scuola media «Alpi-Levi» di Scampia, ci si potrà dimenticare in fretta e lasciarlo in pace alla sua vita di tredicenne che per il compleanno, una decina di giorni fa, aveva chiesto in regalo le extension e le aveva volute blu. E proprio non immaginava che quella sua acconciatura, certo inusuale, ma comunque innocente, a scuola lo avrebbe fatto diventare un caso. E non soltanto a scuola, anche sugli immancabili social e di conseguenza sui media. La «Alpi-Levi» non è una scuola qualsiasi, è un laboratorio di avanguardia non soltanto in un quartiere difficile come Scampia, ma nell’intera città. Perché la dirigente, Rosalba Rotondo, è un vulcano di iniziative. Dal programma Master Class che permette a chi è stato bocciato di recuperare l’anno perso nel primo semestre di quello succ e ssivo , ai corsi di musica professionali che hanno consentito di formare un’orchestra di giovanissimi della quale fa parte anche Lino, che pare sia un ottimo pianista, fino all’ultimo progetto che ha portato una delegazione di studenti all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Tutto questo andando spesso a raccogliereiragazzi in strada, presentandosi dai genitori per convincerli a fare l’iscrizione. Nei campi rom che stanno alla periferia di Scampia — ed è facile immaginare che cosa sia la periferia di una periferia come quella delle Vele e della tragedia dello spaccio — la conoscono benissimo, per quante volte c’è andata e per quanti ragazzini ha portato in classe. Però c’è una cosa sulla quale la dirigente Rotondo non transige: le regole, che lei vuole siano rigorose come nelle scuole dei quartieri bene perché «dal rispetto delle regole si impara a rispettare il prossimo, a non essere bulli». Così ha stilato un decalogo che fa sottoscrivere al momento dell’iscrizione, in cui sono elencate una serie di norme da osservare assolutamente. Norme di comportamento, ma anche di look. E le treccine blu, pure se non espressamente citate, alla Alpi Levi non sono ammesse. Quindi Lino, con quell’acconciatura, non è potuto entrare in classe. Ieri la stessa sorte è toccata a due ragazzini che avevano i jeans stracciati e hanno dovuto aspettare l’orario di uscita senza far niente in sala professori. Ma il divieto alle treccine è finito sulla pagina Facebook dei genitori del tredicenne, e si è scatenata la polemica. Fino a ieri, quando la giornata è iniziata con un accesissimo diverbio tra la dirigenteela madre di Lino, che quell’imposizione non l’ha accettata sin dal primo momento. A scuola è arrivata perfino la polizia, chiamata dalla Rotondo per mettere fine alle proteste, e dalla donna per chiedere che venisse tutelato il diritto allo studio di suo figlio. Quando poi gli adulti hanno finito di litigare, quando la dirigente è tornata nel suo ufficio e la mamma di Lino è andata via, è entrato in scena lui. Ha bussato alla porta della presidenza e le ha chiesto di parlare. «Io alla scuola ci tengo. Le treccine le taglio e chiudiamola qui». E lei si è commossa: «È stato uno dei momenti più belli della mia vita professionale. Anzi, della mia vita e basta».