Gabriella Colarusso

Per convincere Gazprom, il colosso petrolifero russo, a chiudere l’affare sulla maxi-fornitura di petrolio che sarebbe dovuta servire a coprire un presunto finanziamento illecito alla Lega, c’era bisogno di un una referenza a prova di bomba. E il leghista Gianluca Savoini, ex portavoce di Matteo Salvini, riferimento per i rapporti del leader leghista con la Russia e protagonista della trattativa al Metropol di Mosca, l’aveva trovata in tempi record, grazie ai buoni uffici del suo consulente, l’avvocato Gianluca Meranda: la garanzia di affidabilità firmata da una società dell’Eni, la Eni Trading & Shipping. L’Espresso, nel numero in edicola da domani, rivela un nuovo pezzo dell’inchiesta sugli incontri riservati tra Savoini, i suoi consulenti italiani e gli emissari russi per far arrivare alla Lega alcune decine di milioni, utilizzando l’intermediazione di un maxi-contratto petrolifero con una società statale di Mosca. L’affare del Metropol era stato rivelato da Giovanni Tizian e Stefano Vergine de l’Espresso il 24 febbraio del 2019, a luglio – poco dopo la pubblicazione dell’audio dell’incontro sul sito BuzzFeed – la procura di Milano ha aperto un’inchiesta per corruzione internazionale. Il tribunale del Riesame, confermando il sequestro degli archivi informatici di Savoini a fine settembre, ha messo nero su bianco che l’accordo raggiunto a Mosca prevedeva di «finanziare la campagna elettorale della Lega per le Europee» dirottando al partito «il 4% del prezzo pagato dall’Eni» su una fornitura di gasolio: «250 mila tonnellate al mese, per tre anni». I documenti trovati dall’Espresso ora certificano che una società dell’Eni, nel 2017, ha accreditato come proprio «partner d’affari affidabile» la Euro-Ib, la piccola banca inglese rappresentata negli incontri a Mosca da Meranda. Il documento fu trasmesso da Meranda a Savoini, l’8 febbraio 2018: gli uffici interni di controllo di Gazprom chiedevano garanzie sul compratore finale. Meranda, a nome della banca, rispose che «Euro-Ib compra per vendere all’Eni», allegando a riprova la lettera di referenze del gruppo italiano. La missiva, «strettamente confidenziale», è firmata da un manager di una sede estera, in qualità di responsabile degli acquisti petroliferi del gruppo italiano, Alessandro Des Dorides. La stessa società dell’Eni, e Des Dorides, come racconta l’Espresso, sono al centro di un’altra inchiesta a Milano su presunte tangenti milionarie a indagati italiani. Le indagini devono ancora chiarire se la banca inglese avesse già siglato precedenti mediazioni con il gruppo Eni, direttamente o indirettamente, o se invece la lettera sia stata scritta solo per spianare la strada all’accordo con Gazprom. Eni si è dichiarata estranea alla trattativa russa, assicurando di non aver mai finanziato la Lega né altri partiti politici. “La lettera citata nell’articolo è una mera lettera di referenza generica, risalente a maggio 2017”, fa sapere la società, cioè “un anno e mezzo prima del periodo oggetto dell’inchiesta, e riflette una dichiarazione imputabile a chi l’ha sottoscritta (Alessandro Des Dorides), non trovando alcun reale riscontro nelle attività commerciali effettive di ETS. Non certifica in alcun modo la conclusione di operazioni commerciali con Euro-IB”. Des Dorides è stato licenziato a giugno di quest’anno.