Giampaolo Visetti

«Ho fallito un’altra volta, sono sempre un perdente». Stephan Balliet si dispera. Non per l’attacco armato di mercoledì alla sinagoga di Halle, o per i due passanti uccisi a caso. Il terrorista tedesco, europeo bianco, fai da te e della porta accanto, non si dà pace «per non essere riuscito a farla, la strage di ebrei». Il suo delirio «neonazista, antisemita e xenofobo» continua davanti ai giudici della corte federale. Dimesso dall’ospedale per le ferite al collo durante l’arresto, viene trasferito a Karlsruhe in elicottero. «Ripete come un autonoma “sono un fallito” — dice uno degli agenti che lo sorvegliano a vista — ed è sconvolto dall’idea di essere deriso dagli estremisti di destra che hanno seguito in diretta social il suo fallimento». Una confessione fiume: cinque ore di «dichiarazioni lucide» per ammettere l’intenzione di «schiacciare il numero più alto di scarafaggi stranieri, possibilmente ebrei». Le prove dell’orrore emergono dalla casa-bunker di Benndorf. Stephan si era sepolto vivo qui assieme alla madre Claudia Pleyer, maestra elementare di 52 anni. Nella cantina blindata, la polizia scientifica sequestra una stampante 3D. Il folle 27enne, mutato in mostro grazie al network dell’estrema destra e alle piattaforme che trasmettono videogame in streaming, l’ha usata per costruirsi parte delle armi servite nell’attacco. In un disco rigido del computer, trovato accanto al letto della madre, Stephan aveva salvato le istruzioni date via internet agli amici virtuali. Spiega «come si fabbrica un arsenale, dalla pistola al mitragliatore». «Su un caricatore e sopra una busta di esplosivo — rivela chi indaga — aveva dipinto una svastica. Un foglio spiega che “ammazzare ebrei è più educativo che uccidere musulmani, perché tanto di questi in Europa ne arrivano a centinaia ogni giorno”». Sequestrato a Benndorf anche quello che il mostro aveva intitolato «Il Piano». È il manifesto, ideologico e operativo, dell’attacco. Risulta stampato «prima di fine maggio». Il procuratore Peter Frank non ha dubbi: «Balliet preparava la strage da oltre quattro mesi e nei minimi dettagli». Dall’interrogatorio trapela anche l’incubo di un particolare. «Dopo aver crivellato invano di proiettili la porta chiusa che per caso ha salvato gli ebrei barricati nella sinagoga — dice il capo dell’anti-terrorismo che l’ha bloccato — si è reso conto di non riuscire a fare un massacro. A quel punto ha detto che voleva uccidere chiunque, lasciare a terra più morti possibile per “mostrarmi comunque un eroe spietato e implacabile” a chi stava seguendo l’attacco in diretta smartphone». I vicini di casa confermano. «Da mesi — dice Christa Mildner — era fuori di sé. Sembrava drogato: era chiaro che aveva bisogno di essere curato». Invece nessuno, né la madre né il patrigno Roland, ha fatto qualcosa per fermarlo. La polizia è concentrata anche su di loro. La caccia punta però due obiettivi: chi ha fornito pezzi di armi ed esplosivo all’assassino, chi lo seguiva sulla Rete e dialogava con lui virtualmente giorno e notte. In Germania i militanti dell’estrema destra, motore di xenofobia e razzismo, sono oltre 24mila. Almeno metà, secondo gli inquirenti, «sul web si dice pronta a emulare azioni mutuate dai videogiochi di guerra». Halle come Utoya e Christchurch: il popolo suprematista dei «giovani-luna», auto-espulsi su Twitch dal mondo reale, fa scattare l’allarme. Preoccupato anche il sindaco di Benndorf, Mario Zanirato. Il padre era arrivato qui da Rovigo durante la seconda guerra mondiale. Vive a pochi metri dalla casa di Balliet. «In 13 anni l’ho incontrato una decina di volte. Non usciva quasi mai all’aperto: una volta ha montato il condizionare sul balcone. Per il resto camminava lungo i muri a testa bassa, assente, come un automa, senza salutare. È incredibile che chi gli era vicino non si sia reso conto del pericolo». Zanirato spiega così il boom dell’AfD, partito dell’ultradestra xenofoba, nelle regioni dell’Est. «Prima che razzista, la gente è arrabbiata. Io sono figlio di un italiano, eppure mi hanno eletto. Al crollo di Muro e Ddr però non sono seguiti soldi e libertà, ma crisi ed emarginazione. A Benndorf restano i vecchi, non c’è lavoro, i giovani emigrano. Chi rimane si sente fallito. Violenza e odio contro chi non è tedesco risorgono in questo senso di tradimento. Non è un caso se Balliet è esploso qui». Nella notte su un muro del quartiere è comparsa una scritta: «Danke Stephan, eine andere Welt ist moeglich» (Grazie Stephan, un altro mondo è possibile) firmata dalla sigla di una formazione neonazista. Prima di mezzogiorno viene cancellata. Il brivido resta.